di Burats [user #51340] - pubblicato il 14 novembre 2020 ore 11:00
La rete, si sa, ricorda tutto e la condivisione compulsiva di foto può diventare un problema ma, qualche volta, può tornare utile come in questo caso. Rovistando tra le foto sul mio profilo Facebook son riuscito a ricostruire tutta l’evoluzione (o quasi) della mia pedaliera. Il risultato mi ha abbastanza sorpreso.
Tutti continuiamo a pubblicare foto su FB, chi più chi meno, dopo anni ci ritroviamo con una gallery di ricordi infinita e - tra una pizza presa ad Amalfi, una foto con Gruhn e qualche selfie da dimenticare - son riuscito a ritrovare, sparse qui e là, gran parte delle evoluzioni della mia pedaliera. Qualcosa sicuramente si sarà perso, ma i tratti salienti ci sono tutti.
Prima di raccontarvi come son passato da pedali sparsi a sistemi super complessi fino a una striminzita pedaliera da viaggio, vi invito a far la stessa cosa. Spulciate nelle vostre gallery e raccontateci le vostre pedaliere, creeremo una rubrica dedicata!
Il germe della GAS si è affacciato preso e il primo abbozzo di effettistica si è concretizzato in un Boss BD-2, il primo pedale che io abbia mai acquistato. Ma partirei nella “trattazione storica” dal momento in cui i pedali comiciano a essere inseriti e velcrati in un flight case.
La prima pedalboard aveva due punti cardine: chorus e phaser non potevano mancare! Suonavo blues principalmente, ma non potevo assolutamente accontentarmi di avere pulito, crunch e distorto. Volevo sperimentare, sentire suoni stravaganti e, possibilmente, sputtanare tutto alla bisogna. Ecco quindi un PH-3 della BOSS, un phaser che definire complicato, soprattutto per un neofita, è dir poco. Il chorus invece è un semplice Small Clone, pedale che custodisco ancora gelosamente. Basta accenderlo per essere di colpo negli anni ’80. Tra l’altro, di tutta la pedaliera, la cosa che rimpiango di più è il Morley Bad Horsie versione 1, un wah meraviglioso. Lo so, non è una pedaliera da bluesman, ma la passione per Hendrix si stava facendo largo e ancora non avevo capito quali effetti mi servissero per copiarne il sound. Ero giovane e inesperto!
Complice la mia iscrizione ad Accordo avvenuta intorno a quegli anni, la pedaliera ha cominciato a crescere e a diventare sempre più cattiva, tipo un gremlin nutrito dopo la mezzanotte. Crebbe a tal punto da non stare più all’interno del flight-case. Il wah e i momentari switch per amplificatore e tap tempo dovettero essere trasportati a parte. Una menata pazzesca. I pedali da sette, otto con l’accordatore, erano diventati quasi di botto tredici. Apprezzerete il fatto che il complicato PH-3 lascia il posto al più classico dei classici un Phase 90 e l’SD-1 al più versatile Fulltone Full-Drive, altro pedale che rimpiango di aver venduto! Ho sempre amato le cose complesse e quindi ecco l’elemento più bizzarro di tutto il rig: il tremolo Shape Shifter, il tremolo del diavolo! Mille controlli, mille shape, ma a me interessava una sola cosa: il tap tempo. Appresi dopo un paio d’anni che sul tremolo era praticamente inutile...
Le esigenze cambiano, comincio ad aver bisogno di cambiare più suoni contemporaneamente e al fantastico mondo degli effetti si somma il terrificante mondo dei looper. Sul mercato ce n’erano a bizzeffe, ma le finanze erano quello che erano e quindi ecco comparire in pedaliera una modesta GEC-9. Nulla di estremamente complicato da programmare, niente MIDI, ma un sacco di memorie richiamabili per un prezzo abbastanza accessibile. Le variazioni sono poche rispetto alla precedente versione, un cambio Phaser-Flanger, effetto che col tempo avevo cominciato ad apprezzare di più rispetto al più incasinato Phase 90. Scompare il delay Marshall che mi aveva accmpagnato fino a quel momento in favore del primo pedale costruitomi da Riccardo di Zed Venarossa, che da qui in poi vedrete citato spesso, maledetto lui e la sua passione per l’elettronica! Altro dettaglio: il riverbero. Fino a quel momento avevo sempre utilizzato quello presente sugli amplificatori, ma l’arrivo della Gigmaster 15 mi aveva costretto a utilizzare un riverbero a pedale. Non ho più avuto amplificatori con il riverbero integrato e, dalla Gig15, ne son passati almeno 5!
Qui, come in un qualsiasi viaggio nel tempo che si rispetti, c’è una deviazione della linea temporale. Un momentaneo passaggio al digitale con una Zoom G5 mi aveva fatto intuire la necessità di avere un setup più leggero e “da viaggio”, per le situazioni in cui non serviva portare tutto l’armamentario e dove i cambi di suono non erano così esagerati. La versione light della Buratsboard mantiene alcuni grandi classici del mio suono, un OD cattivello come il Plexitone e uno più dinamico, costruito sempre da Riccardo, accompagnati sta volta da un vero fuzz, una sonorità che ho cominciato ad apprezzare da quel momento e che non ho più abbandonato. L’Uni-Vibe invece è sparito dopo pochissimo, inutilizzabile!
Ancora un paio di release e il progetto arriva a un punto finale dopo essere stato in USA da Carter Vintage. Lo Swamp Thang e l’Archer prendono il posto di OD e distorsioni, assieme a un economicissimo DOD che però mi piaceva un sacco come boost. L’accordatore a pedale come vedete non mi ha mai abbandonato e in questo articolo vi spiego perché. Ma nonostante tutti i tentativi di riduzione delle dimensioni anche questa pedaliera alla fine si è dimostrata troppo grande.
Torniamo per un attimo alla Big-one, la pedaliera da parata, quella che ci spendi più tempo a raccontarla che a usarla. Nella sua ultima versione, che mi accompagna ancora oggi, vede un flight-case su misura fatto con le mie amorevoli manine, assieme a quelle di mio padre (vi prego non mettetevi a costruire flight-case, fateli fare a chi lo sa fare: è una faticaccia) che può finalmente ospitare tutti i pedali al suo interno. Probabilmente potrebbe ospitare anche una dozzina di casse di birra, viste le dimensioni, ma è zeppa di pedali, per la maggior parte creati sempre da Zed. La comodità di avere tutto in un’unica pedaliera è impagabile, non mi manca nulla se non la voglia di alzarla, metterla in auto e portarla in giro.
Ecco perché da almeno due anni la maggior parte delle date la faccio con una mini pedaliera da viaggio. Installati su una Pedaltrain Mini con tanto di alimentatore a batteria, trovano posto pochissimi pedali, per quello che è diventato il mio coltellino svizzero del tono. Anche qui, però, la GAS non si è arrestata e, se nella prima versione trovavano posto giusto giusto quattro pedali (boost, OD, tremolo e riverbero/delay), nella versione che ancora oggi temerariamente resiste trovano posto un magnifico Maccheroni Bros di Tefi un bel Fuzz Jam Pedals, boost JHS tremolo e riverbero-delay.
Insomma, come avete potuto vedere sono cintura nera di compravendita di pedali, ma oltre a venderli e comprarli li utilizzo anche eh!
Se anche voi siete pazzi come me avrete già notato la nuova label in cima alla homepage. Non vi dico altro: si chiama SHOP e ha già messo a rischio il mio portafogli. Enjoy!