Quando ho cominciato a suonare (inizio anni '90), chi si approcciava alla chitarra e - di conseguenza - all'amplificazione, aveva di fronte a sé un percorso a tappe obbligate.
Step 1: combo piccolo a transistor, quasi sempre una sottomarca. Io fui fortunato a ottenere un Roland Dac-10... e ho detto tutto.
Step 2: combo a transistor un po' più grosso, per avere più volume e presentarsi dignitosamente a un primissimo live.
Step 3: primo combo a valvole.
Step 4: testa e cassa (se eri romantico), sistema a rack (se eri fighetto e volevi darti arie da pro).
Ovvio, ho semplificato. Ovvio, alcuni step potevano essere anche all'indietro, figli di brutte esperienze, ripensamenti e pentimenti sulla via di Canossa. Ovvio, ho dimenticato (per esigenze di sintesi) i sistemi con pre valvolare e finale a transistor o viceversa. Ovvio, mi sto riferendo a chitarristi (e quindi strumenti pensati per il) rock, hard rock, heavy metal. Ovvio, ho omesso di citare coloro che si attaccavano con la chitarra elettrica allo stereo o ci avevano l'amplificatore fatto dal cuggino con una scatola di scarpe.
Certo che oggi le variabili sono molte più di quelle che ti si paravano davanti trent'anni fa e sembra non esistere più un percorso così obbligato né, soprattutto, così codificato. Perché nel frattempo sono successe un sacco di cose: il transistor è stato percepito sempre meno come tecnologico e versatile e sempre più come un cugino povero, limitante e non in grado di restituire all'orecchio le sfumature con le quali noi, grazie alle nostre eccelse capacità, siamo in grado di colorare il nostro sound (sono autoironico, prima che qualcuno se la prenda). Il wattaggio del valvolare ha smesso di essere valutato con lo stesso metro che si usa per i genitali di un pornoattore, quindi il Fender Twin e gli enormi testa+cassa Marshall (e non solo) hanno certamente anvora oggi degli estimatori ma sono diventati meno ambiti, non tanto perché pesanti e ingombranti, ma soprattutto perché il quantitativo satanico dei decibel che sono in grado di emettere non conferisce più quello status di credibilità e professionalità di un tempo. Questo ha portato a un progressivo (comunque rapido) downsizing, al tutto sommato condivisibile motto di "bisogna tirare il collo alle valvole finali". Se io alla fine degli anni '90 ambivo a dominare il mondo a cavallo di un Mesa Dual Rectifier, ecco che nel 2005 guardavo al Vox AC30 e che oggi mi ritengo soddisfatto del mio vecchio Fender Champ 12 (peraltro godendo molto quando lo collego alla mia 2x12" con coni Greenback).
Last ma tutt'altro che least, c'è il tema del digitale di ultima (ma facciamo anche penultima e forse pure terzultima) generazione, che consente di entrare direttamente in un impianto voce, oltre che ovviamente di chi si arrangia benissimo a casa sua senza necessitare d'altro che di una scheda audio da poche decine di euro e di un computer banalissimo. Sono pienamente consapevole della mia ignoranza riguardo a tutto ciò che è home studio, ma correva il 2011 quando vidi per la prima volta, in una sala prove che frequentavo all'epoca, un chitarrista che portava con sé solo la chitarra e un iPad con iRig (credo). Voglio dire, succedeva quasi dodici anni fa e in questo periodo è uscito di tutto, Kemper, Helix, Fractal, chi più ne ha più ne metta, tutto sempre più performante, sempre più credibile, e in qualsiasi fascia di prezzo... e quando dico qualsiasi intendo dire che esistono dispositivi che promettono meraviglia anche molto sotto i 100 euro.
Morale. Se ora dovesse arrivare da me un quattordicenne a dirmi "voglio cominciare a suonare la chitarra elettrica. Che amplificatore compro?", io rischierei di dare la più boomerosa delle risposte da boomer, roba da far impallidire i più buongiornissimi di tutti i kaffè. E voi, cari accordiani? Voi che risposta dareste? |