Qualche tempo fa, girando per un mercatino dell'usato, mi sono imbattuto in una vecchia console. Un must dell'arredamento anni '60/'70 che conserva, a distanza di più di mezzo secolo, il fascino delle buone cose di pessimo gusto di gozzaniana memoria. Quel ritrovamento ha seminato in me un'idea un po’ folle, che ha germogliato quando l’algoritmo di un noto social network mi ha proposto il rendering di un cabinet per chitarra dal design singolare. L’idea era chiara: coniugare l’utilità di una cabinet per chitarra con l’estetica vintage di un complemento d’arredo. Così, carta e matita alla mano mano, ho tracciato il progetto che, in un fortunato sabato mattina, ha trasformato per qualche ora la stanza degli ospiti in un’officina improvvisata. L’olio di gomito ha lubrificato la mia sega giapponese, un paio di morsetti, due seghe a tazza, un set di scalpelli, una raspa e una manciata di viti autoperforanti e il disegno ha preso forma.
Per la struttura principale ho scelto l’abete lamellare massello da 18 mm. Questa scelta potrà far storcere il naso agli amanti di materiali “neutri” acusticamente, come l’MDF o il classico compensato di betulla. Tuttavia, non trattandosi di un altoparlante hi-fi ma di una cassa pensata per amplificare un piccolo valvolare ispirato ai Fender dei primi anni ’60, il fatto che l'abete apporti una colorazione sonora non rappresenta necessariamente un difetto. Considerando il costo contenuto, la facile reperibilità, la rigidità e la leggerezza, ho ritenuto che l'abete fosse il compromesso perfetto tra qualità sonora ed economicità, mantenendo la lavorazione semplice senza penalizzare la solidità.
Per ottenere una struttura robusta ma di elementare realizzazione con i pochi strumenti a mia disposizione, ho assemblato il cabinet utilizzando butt joint incollati con colla vinilica D3 e rinforzati da viti nascoste. Il baffle, di forma quadrata e dal lato di 40cm, è stato realizzato in multistrato di pioppo e ha, come nei Fender a cui mi sono ispirato, uno spessore contenuto, attorno al centimetro. Il design del retro, semi-aperto con una fessura centrale di 12cm, è stato "accordato" a orecchio dopo alcuni tentativi, per favorire una ventilazione ottimale e una dispersione naturale delle basse frequenze.
Il vero cuore della cassa è il Jensen P10R che le dà voce. Un cono storico che incarna l'essenza del suono americano. Ho avuto la fortuna di trovarne uno poco usato, di recente produzione, a un prezzo d'occasione e non ho avuto dubbi. Caratterizzato da una potenza e da una sensibilità limitate, il P10R arricchisce il timbro della chitarra con una gradevole compressione fin dai bassi volumi, rivelandosi il perfetto complemento per una cassa "da salotto". La sua capacità di offrire una dinamica equilibrata, sommata al generoso volume interno della cassa e al suo design open-back, aggiunge carattere alla voce naturalmente aperta e brillante del P10R, rendendolo il compagno ideale per il mio amato VHT Special 6, un classico Champ "on steroid".
Sul versante estetico, volevo richiamare immediatamente l’aspetto delle console Hi-Fi vintage da cui ho tratto ispirazione. Per questo motivo ho optato per un grill cloth in juta naturale, un materiale economico quanto bello e capace di garantire una buona traspirabilità acustica. Montarlo sul baffle è un'esperienza che non consiglierei neanche al mio peggior nemico, ma mi pare che l'impresa sia riuscita tutto sommato bene. Il cabinet è, inoltre, rialzato su quattro piedini metallici da 15cm che conferiscono leggerezza all'insieme favorendo, al contempo, il disaccoppiamento della cassa dal pavimento, per la felicità della signora al piano di sotto. La medesima funzione la ha il tappeto finto-orientale su cui i piedini poggiano, che nasconde un foglio insonorizzante in EVA: fondamentale per l'utilizzo in condominio.
Ma perché spendere tempo e sudore per realizzare qualcosa che avrei potuto agevolmente acquistare, bella e fatta, per un prezzo non troppo superiore a quello della mia auto-costruzione? Deve esserci un elemento di unicità, un guizzo che giustifichi tanto lavoro. In questo caso, la singolarità non è tanto nella cassa in sé - che pure ha caratteristiche ricercate - quanto nel vano laterale. Pensato per alloggiare comodamente la chitarra e dotato di un supporto per il cavo, questo dettaglio originale trasforma la cassa in un vero e proprio hub funzionale per il chitarrista casalingo, un cabinet che si adatta perfettamente all’ambiente domestico senza però rinunciare alla qualità sonora.
In fin dei conti, in un lavoro come questo è spesso il tragitto a valere più della destinazione. Ci si attiva nel corpo e nell'ingegno, ci si sottrae per qualche ora a una vita spesso troppo sedentaria e si lascia spazio alle proprie capacità creative. In questo caso particolare, ritengo che anche la "meta" sia stata tutt'altro che una delusione: ogni volta che suono la mia Stratocaster attraverso la vecchia testata e la nuova cassa riscopro il piacere di una immediatezza e di una fisicità del suonare che, in anni di sistemi ibridi e silenziosi, avevo un po' dimenticato. E poi, così, anche la mia compagna è contenta di avere per casa, in bella vista, un amplificatore: vi pare poco!
         
PS. Resta aperta la questione della finitura: impregnante ad acqua e finitura a olio? Gommalacca? Cera? Ancora non so. Ho carteggiato il tutto dalla 80 alla 200, nel frattempo. Mi toccherà studiare perché è troppo facile rovinare un simpatico progetto con una cattiva finitura. Ogni consiglio è il benvenuto! |