Il canto misurato ma ammaliante e le chitarre dal tocco deciso di Kiwanuka, cullano l’ascoltatore in un viaggio che sa di intimità e scoperta. Ogni brano, curato nei dettagli e nei silenzi, sigilla la magia di un artista che continua a lasciare tracce profonde in chiunque lo ascolti.
Trovare la confidenza di essere me stesso. Un ragazzo inglese di origini ugandesi alle prese con una chitarra elettrica o con un’acustica, che suona canzoni indie, ma anche musica soul e brani ispirati agli anni Settanta o ai Pink Floyd, che dà vita a lunghe composizioni, che parla di Blackness, di amore, di speranza… senza alcun tipo di confine. Insomma, ci è voluto parecchio.
Michael Kiwanuka
Giunto alla boa del quarto album, Michael Kiwanuka - cittadinanza inglese, ma cuore e radici in Uganda - sembra non aver perso un grammo dell’ispirazione che ha contraddistinto il suo fulgido esordio discografico dell’ormai lontano 2012. è il titolo della sua ultima fatica discografica che, ancora una volta, sa come fermare le ore, rallentare il ritmo frenetico delle nostre vite e, attraverso le undici canzoni che lo compongono, farci viaggiare in universi sonori a cui è letteralmente impossibile resistere.
Piccoli cambiamenti, stessa grande formula. Vincente. Michael Kiwanuka non accenna a sbagliare un colpo. Dal suo debutto ad oggi, l’artista ha inciso con parsimonia (in media un’uscita ogni 3-4 anni) ma sta di fatto che ogni sua pubblicazione, in qualche modo, ha lasciato un segno profondo.
Small Changes, la sua prova più recente, conferma tale andamento senza tradire le aspettative dei tanti fan sparsi in tutto il mondo. Avere il dono di suonare in senso sia antico sia moderno non è da tutti, e Kiwanuka ha dimostrato di saper incantare con brani che sembrano esser stati “confezionati” nei Seventies, pur incorporando tinte e suggestioni figlie dei tempi attuali.
La voce del cantante, così misurata e comunque ammaliante, le acide rasoiate delle chitarre soliste che caratterizzano molti dei suoi pezzi più belli (da
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Small Changes o
Lowdown - part I), la cura per l’aspetto estetico dei suoi video, sempre emozionanti quanto raffinati: tutto fa rima con poesia e bellezza nella produzione dell’artista, nato a Londra il 3 maggio 1987.
È stata la prima canzone in studio che mi ha fatto pensare: bene, stiamo facendo un disco! Mi sentivo così eccitato per l’intero album. Ho sempre desiderato scrivere una canzone come quella. Penso sia davvero bella, non vedo l’ora che la gente la ascolti.
Michael Kiwanuka a proposito del brano “Small Changes”
Dal vivo, il cantante e chitarrista britannico - adesso in pista per promuovere il suo nuovo lavoro - sa incantare con la forza della semplicità, della sua voce unica e del potere di una manciata di canzoni che sembrano realmente galleggiare fuori dal tempo, si tratti della tracklist dell’ultima release o dei classici del passato. A livello chitarristico, il mondo di Kiwanuka è ricco, composito. Tra chitarre acustiche ed elettriche, il nostro sembra davvero non farsi mancare nulla: a partire dal meraviglioso esemplare di
Gibson SG Special con cui spesso lo si ammirare sul palco passando per
Martin D-18,
Gibson J-200,
Fender Stratocaster,
Fender Jaguar,
Gibson 12 corde Firebird fino a
Gibson Les Paul Studio e
Gibson J-50 Jumbo.
Interessante, per approfondire il personaggio, o anche solo per sbirciare un po’ più da vicino nella sua quotidianità, sono le pillole dedicate alla vita
on tour che vengono pubblicate a cadenza periodica su YouTube. È lì che si possono scoprire retroscena suggestivi che spaziano dai classici rituali di mani pre-show alle prove di arrangiamento degli archi, dalle passeggiate per le vie di Milano fino a qualche gustosa ravvicinata sequenza al chitarrista solista della band di Kiwanuka, il giovane e altrettanto meritevole Michael Jablonka, detto Jabo, il cui sound è ormai parte integrante (quanto inconfondibile) del nostro.