Live Nation, TicketOne e il segreto di Pulcinella dei finti sold out
di Francesco Sicheri [user #65794] - pubblicato il 20 giugno 2025 ore 19:00
Benvenuti nel fantastico mondo dei concerti italiani, dove tutto è sold out, ma le tribune sono vuote. Dove si canta davanti a migliaia di posti vuoti, ma si grida al miracolo mediatico. Un'inchiesta semiseria e documentata sulle pratiche più surreali (e pericolose) della musica live italiana.
Il retroscena
Una volta c'erano le locandine incollate con la colla ai pali della luce, i concerti nei centri sociali, la puzza di birra acida e le file al botteghino. Oggi, invece, ci sono i sold out su Instagram, i biglietti a 10 euro nascosti nei link riservati, e gli artisti che annullano tour per “scelte artistiche” più o meno credibili. In mezzo, una filiera che fa girare quasi un miliardo di euro l'anno, ma che comincia a scricchiolare sotto il peso di aspettative gonfiate, strategie di marketing aggressive e una realtà ben diversa da quella che ci raccontano i social.
In questo scenario, il ruolo di Selvaggia Lucarelli (e molti smetteranno di leggere da qui in poi, anche se non dovrebbero) è stato determinante. Con un'inchiesta pubblicata sulla sua newsletter personale, ha fatto da apripista nel denunciare pubblicamente la pratica dei finti sold out, portando esempi concreti e sollevando una discussione che è poi rimbalzata su diverse testate nazionali. La sua ricostruzione, documentata e pungente, ha costretto promoter e addetti ai lavori ad ammettere quello che nel settore era considerato il segreto di Pulcinella.
Arrivati a questo punto, il fenomeno dei finti sold out e dei tour annullati sta diventando una vera e propria emergenza industriale, oltre che culturale. E non si tratta più solo di un fastidio per il pubblico, ma di un nodo che rischia di soffocare gli artisti, minare la fiducia nei promoter e trasformare l'intero settore live in una fiera dell'inganno.
Capitolo 1: Quando il "sold out" non è un sold out
Nella criosfera dei concerti italiani il "sold out" è diventato una parola magica, ma come tutte le magie, ha bisogno di un trucco. L'inchiesta della Lucarelli ha fatto sì che i riflettori prendessero in pieno il segreto di Pulcinella. Non è niente di così assurdo, in realtà, se non l'ennesimo vaso di Pandora: biglietti venduti al ribasso per riempire stadi semivuoti, settori offerti in blocco a banche e sponsor, vendite riservate via link nascosti, e campagne stampa basate su numeri gonfiati.
Un po' come i posti per le masterclass negli eventi di settore, letteralmente regalati il giorno stesso tramite coupon così da riempire al meglio le location.
Nel caso di Elodie (ovvero la goccia che ha fatto traboccare il vaso per la Lucarelli) sono emersi biglietti per lo stadio Maradona di Napoli a 10 euro in settori che normalmente sarebbero costati almeno 50 euro. Stesso copione per Luchè, Gazzelle e - in barba a tutti quelli che hanno la pistola puntata contro il pop nostrano come rappresentazione del male supremo - persino per i Duran Duran. L'obiettivo? Vendere più biglietti, e salvare la faccia dell'artista e dell'agenzia.
Capitolo 2: Il meccanismo dell'apparenza
A fare rumore in questi giorni è stato Federico Zampaglione (Tiromancino), con un post diventato virale sui cosiddetti “finti sold out” dei concerti italiani. In sintesi: all’artista in questione, verosimilmente la stella del momento, viene proposto dalla grande agenzia di turno di organizzare un evento, magari in uno stadio; quando ci si accorge che i biglietti venduti non bastano, si tenta di salvare la faccia offrendo ingressi omaggio tramite sponsor, influencer e altri canali secondari. Risultato? L’immagine pubblica è salva, lo stadio sembra pieno, e il tour può essere presentato come un successo. Ma l’artista resta intrappolato nei debiti, e dovrà ripagare l’anticipo dell’agenzia suonando per cachet ridotti o addirittura gratuitamente.
Il problema però è più ampio. Molti artisti hanno annullato o ridimensionato i loro tour a causa delle scarse prevendite, preferendo venue più piccole e calendari più brevi. A questo si aggiunge un sistema gravemente viziato per quanto riguarda i rimborsi rivolti a chi si vede annullato uno show prenotato da mesi. Infine, l'artista, per salvare la faccia, si ritrova vincolato economicamente: se vuole perseguire il riempimento dello stadio, i biglietti scontati sono a suo carico, con percentuali di guadagno sempre più basse.
Ricorda niente?
Qualcuno ha detto recoup system?
Capitolo 3: La scoperta dell'acqua calda.
Quella che sembra una dichiarazione di esasperazione definitiva, solleva un problema ma non una notizia dell'ultimo momento. Prima d'oggi molte altre menti hanno dato voce al problema, una su tutte Steve Albini, che nel 1993 avanzava la sua denuncia in The Problem With Music, puntando il dito verso il "recoup system".
L'attenzione di Albini si concentrava sul mondo discografico, ma la questione è assolutamente traslabile su quella che oggi sta facendo parlare l'Italia con toni indignati.
Il recoup system è un modello di "anticipo e recupero" in cui:
L’artista prende un anticipo.
L’etichetta spende a suo nome.
Tutti i guadagni vanno prima all’etichetta.
Solo dopo il “pareggio” economico, l’artista guadagna.
Se il "pareggio" non arriva, l'artista paga con percentuali sulle royalties.
L’etichetta anticipa spese per studio, promozione, videoclip, tour, ecc., ma ogni centesimo dovrà essere “recuperato” dai guadagni dell’artista prima che quest’ultimo veda una singola royalty. Il problema? L’artista non ha voce in capitolo su come quei soldi vengono spesi. Se un disco costa 500.000 euro e lui/lei ne incassa 400.000, l’artista non solo non guadagna nulla, ma resta “in debito”.
Un meccanismo non così distante da ciò che sta accadendo in Italia con i concerti negli stadi: show annunciati come “sold out” ma in realtà pieni di biglietti omaggio, offerte lampo da 10 euro, sponsor che comprano lotti di ticket per poi distribuirli. Il pubblico ci crede, la stampa amplifica, ma spesso l’artista non incassa abbastanza nemmeno per coprire i costi.
In entrambi i casi l’artista è la pedina sacrificabile: nel primo, per far guadagnare l’etichetta; nel secondo, per sostenere una narrazione di grandezza utile a promoter, sponsor e social media. Due facce della stessa medaglia, sistemi costruiti per generare una percezione di successo, mentre l’artista, dietro le quinte, resta con ben poco.
Si vende un’immagine ma si paga in invisibili debiti, vincoli e frustrazione.
La musica, così, si conferma solo una scenografia, e il successo un prestito ad alto interesse.
Capitolo 4: Il ruolo del duopolio
A orchestrare questa sinfonia dell'apparenza ci sono due grandi direttori, Live Nation-Ticketmaster e CTS Eventim-TicketOne, che controllano, di fatto, l'intera filiera del live nel nostro paese: organizzazione, distribuzione, comunicazione. Offrono anticipi generosi agli artisti, ma a caro prezzo, perché nel momento in cui il tour non copre i costi, entrano in gioco i finti sold out per salvare la reputazione e giustificare l'investimento.
Ecco perché anche artisti con milioni di follower e numeri da capogiro su Spotify spesso non riescono a riempire neanche un palazzetto: il pubblico social non sempre si traduce in pubblico pagante. Ma nel frattempo l'artista è già incastrato in contratti pluriennali e ha perso ogni margine di manovra.
Secondo i dati, l'anno 2023-2024 è stato un anno da record per il settore live, con un giro d'affari di 967 milioni di euro, in crescita del 33% rispetto all'anno precedente. Ma questi numeri sono drogati dai grandi eventi internazionali e da pochi artisti italiani capaci di macinare davvero presenze. Nel mucchio, chi ci rimette davvero sono spesso gli artisti emergenti o in fase di consolidamento. Spinti a saltare tappe, accettano proposte di tour in venue troppo grandi, firmando contratti capestro che li legano mani e piedi ai promoter.
E se non funziona? Si annulla tutto, con la scusa delle "scelte artistiche".
Come fa uno dei tanti Rkomi di turno, riprogrammando le date nei teatri con una "narrativa più controllata."
In attesa di un cambio di rotta, si può continuare a giocare al gioco dei sold out: biglietti regalati, venue mezze vuote, e comunicati stampa trionfali che celebrano il nulla con entusiasmo da televendita. Il pubblico ormai lo sa, gli artisti cominciano a capirlo, e i promoter fanno finta di niente.
Insomma, avere successo non è mai stato così conveniente (per gli altri).