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Intervista a Cristian Milani
Intervista a Cristian Milani
di [user #16140] - pubblicato il

Producer, Studio Engineer, Creative Director, Music/Web Consultant, Remixer, Art Director, Live sound engineer FOH, PA man, Stage Engineer e musicista. Questa non è la lista delle competenze di un intero team, ma di una sola persona: Cristian Milani. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per approfondire la sua conoscenza.
Producer, Studio Engineer, Creative Director, Music/Web Consultant, Remixer, Art Director, Live sound engineer FOH, PA man, Stage Engineer e musicista. Questa non è la lista delle competenze di un intero team, ma di una sola persona: Cristian Milani. Gli abbiamo rivolto qualche domanda per approfondire la sua conoscenza.

Tra le sue tantissime collaborazioni spiccano i nomi di Dolcenera, Francesco Sarcina, Ron, Max Pezzali, Mario Venuti, Mauro Ermanno Giovanardi, Raf, Enrico Ruggeri, Carmen Consoli e tantissimi altri.

Gabriele Bianco: Solitamente chi ha una lista di competenze e collaborazioni affollata come la tua, ha (probabilmente) almeno una decina di anni in più. Quando e come è iniziato il tuo percorso di Producer, Art Director e Sound Engineer e come si è evoluto?

Cristian Milani: Quando avevo 16 anni ebbi la fortuna di conoscere e diventare amico degli Estasia, una band che in quel periodo stava iniziando un vero percorso discografico e che era entrata far parte della grande famiglia del Consorzio Suonatori Indipendenti.
Quel nuovo mondo per me era tutto affascinante: assistevo nel loro studio alle innumerevoli ore di pre produzione ed è stato lì che ho sentito parlare per la prima volta della figura del produttore artistico. Tornati dalla loro prima produzione gli Estasia avevano un entusiasmo e una professionalità diversa. Mi raccontavano del loro produttore, un tipo di talento di nome Roberto Vernetti, e aneddoti di un mondo musicale autentico, che sembrava lontanissimo visto con gli occhi di un sedicenne da un piccolo paese in provincia di Venezia a metà degli anni novanta.

Da quel momento inizio ad ascoltare la musica in maniera diversa, convinco mio padre a comperarmi un pc con una Soundblaster “da paura” e mi impegno a suonare la chitarra tutti i giorni così, poco dopo, la scuola andava come la Soundblaster: da paura.
Decido di trasferirmi a Londra e mi si apre un mondo. Suono per strada, ma non sapendo l’inglese mi prodigo a suonare i grandi classici italiani. Quando arrivavo a metà del secondo ritornello e raggiunti 4 pound di offerte, fermavo la canzone e correvo a sbranare un Big Mac.

Volevo imparare di più, ma suonare per strada a Londra non mi permetteva di pagarmi gli studi, così inizio a fare l’assistente imbianchino di un polacco che non sa mezza parola d’inglese né tanto meno di italiano, ma grazie a lui entro per la prima volta in una casa discografica: la Parlophone, anche se come imbianchino.
Non male come inizio.

Qualche giorno dopo trovo i Radiohead che presentano il loro nuovo album negli uffici dell’etichetta  OkComputer. La loro musica andava tutto il giorno e mi sentivo fortunato a poter ascoltare tra i corridoi l’anteprima di un disco che di lì a poco sarebbe diventato un pilastro musicale dei tempi moderni.

Niente, a Londra non riesco a mantenermi gli studi, ma mi dicono che a Milano hanno appena inaugurato una scuola molto all’avanguardia: la Sae.
Mi iscrivo e alla fine del corso siamo in pochi a prendere il diploma.

Grazie al diploma mi contatta Francesco Virlinzi, titolare dell’etichetta Cyclope Records di Catania che aveva nel roaster artisti come Carmen Consoli, Mario Venuti, Moltheni e altri, e mi invita per un colloquio. Rimango a Catania quattro anni. Inizio come assistente di studio e poco dopo Francesco mi promuove Direttore Artistico dell’etichetta.

Con lui le cose andavano benissimo, mi sentivo parte integrante di un movimento Catanese che sul finire degli anni novanta stava dando grandi frutti sia dal punto di vista musicale che artistico. Catania in quel periodo era in fermento e lo si poteva respirare ovunque.
La Cyclope Record in quel periodo sforna grandi dischi tra cui Stato di Necessità di Carmen Consoli, Le Grandi Imprese di Mario Venuti e Natura in Replay di Moltheni.

Successivamente vado con Carmen a Parigi per la versione in francese del disco: la traduzione è curata da Henry Padovani (primissimo chitarrista dei Police, poi socio del Fratello di Copeland nella “Off Course We Can!” Management). Con lui diventiamo fin da subito grandi amici e più volte torno a Parigi a trovarlo e a lavorare al plusXXX, uno degli studi più belli che ricordo di aver visto.
Poi, da Catania una terribile notizia, Francesco non c’è più. Incasso il colpo, si smonta tutto e torno a casa.

Intervista a Cristian Milani

Dopo qualche mese nella provincia di Venezia inauguro il “NOShoes” con un grande amico, Stefano Pivato, con cui trascorro sei anni straordinari. Di giorno produciamo e registriamo tantissimi grandi progetti esordienti come Rumatera, Enjoint, LondonCafè, e la sera suonavo con il gruppo di amici di sempre, la mia band, i Yumiko.

Di lì a poco incontriamo Fabrizio Consoli della BlackCoffeRecords che decide di produrre il nostro primo disco e con Roberto Vernetti alla produzione artistica.

Fin da subito ho molto feeling con Roberto e alla fine della produzione mi trasferisco a Vercelli per inaugurare con lui il SOLO studio.
Negli ultimi cinque anni abbiamo lavorato insieme a tanti artisti come Max Pezzali, Dolcenera, Francesco Sarcina, Mauro Ermanno Giovanardi.
Da qualche mese mi sono trasferito a Milano per seguire i miei progetti più da vicino.

GB: Ci sono tanti modi di intendere l'arte dell'audio. Alcuni si schierano dalla parte dell'analogico, altri dalla parte del digitale. C'è poi chi preferisce non stare da nessuna parte per attingere a piene mani dal meglio delle due. Tu da che parte stai?
CM: Non voglio raccontarti la solita storia della musica che si ascolta dall’Ipod e tutta quella menata lì.
Mi capita spesso di confrontare la tecnica di registrazione audio con quella video.
Se fossi un regista, la scelta tra analogico e digitale dipenderebbe dal film che devo fare; se dovessi fare il nuovo “Into the Wild” sceglierei l’analogico; al contrario, se dovessi fare il nuovo capitolo di The Avengers, l’analogico sarebbe pressoché inutile.

Tradotto in ambito musicale: Non c’è budget, si fa in digitale.

GB: Usi qualche plug-in del quale non puoi fare a meno?
CM:
Si, ho due schede da otto processori UAD2 e sono il mio strumento principale per ogni produzione e mix. A mio parere son i migliori plug-ins che ci siano in commercio.
Riescono a emulare i timbri di ogni outboard reale in modo stupefacente. Più volte mi è capitato di confrontarli con le macchine vere. Per esempio, nel mio outboard analogico ho un vecchio Urei 1176 Rev E. Ogni volta che lo confronto con quello UAD2 su singola traccia in mono, da buon “anolog romantic” quale sono, ci resto male.

Intervista a Cristian Milani

GB: Qual'è il tuo approccio al recording?
CM:
In un primo momento ascolto l’artista. Cerco di capire il suo grado di conoscenze musicali e se la sua visione ha un filo logico. Se ho l’impressione che l’artista in questione abbia delle qualità importanti e una “luce” propria, mi impegno al massimo nel tradurre le sue intenzioni impostando un lavoro su un piano di cooperazione e intesa. In caso contrario, prendo le idee che ha e le rielaboro secondo quello che mi sembra essere il percorso più adatto al contesto di riferimento.

GB: Preferisci ottenere un buon sound già in fase di registrazione, o preferisci modellarlo a tuo piacere in fase di mixaggio?
CM:
Dipende tanto dal disco. Tendenzialmente, spendo molto tempo a cercare il giusto ambiente attraverso un buon posizionamento dei microfoni. In questo modo posso avere più possibilità per la fase di missaggio. A questo punto tendo ad avere una visione più globale del pezzo, senza focalizzarmi troppo sulle singole tracce, e il tempo impiegato è più volto al cercare il suono del brano più che a renderlo credibile.

GB: Chi fa il tuo mestiere si trova spessissimo a utilizzare strumentazione differente (per tipologia e qualità) e che in qualche caso deve imparare a utilizzare rapidamente. Tu hai però una tua lista di strumenti fidati che utilizzeresti in quasiasi situazione? (Daw, Pre, plug-in, interfacce...)
CM:
Una volta credevo che qualsiasi strumentazione migliore della mia potesse dare risultati migliori. Con il tempo ho capito che se si sta parlando di apparecchiature audio professionali è molto più importante conoscerle a fondo per poterle sfruttare al meglio piuttosto che averne di migliori o in maggiore quantità senza essere in grado di tirarne fuori il sangue. Ed è per questo che per ogni produzione anche se non la realizzo nel mio studio porto sempre con me la mia DAW (che non è un Mac ma un PC che abbaia), i miei pre amplificatori e i miei microfoni, implementandoli con la strumentazione che trovo in loco.

GB; Oltre al tuo lavoro in studio, in cui l'ambiente e il suono sono gestibili e controllabili, ti trovi spesso in situazioni ben lontane da queste condizioni (tournee, live e via dicendo). Qual'è il tuo approccio in questo caso? Usi qualche accorgimento particolare?
CM:
Il mondo del live è completamente diverso da quello in studio. Qui la qualità dei materiali fa la differenza: un buon impianto e un buon mixer FOH riesce a dare ottimi risultati con minor sforzo. Questo non toglie che l’80% del risultato dipende esclusivamente dalla bravura dei musicisti che sono sul palco. Un mio classico accorgimento è comprimere il master e comprimere i gruppi in modo tale da non avere sbavature nei picchi di dinamica e far lavorare al massimo l’impianto.

Intervista a Cristian Milani

GB: Hai lavorato con tantissimi artisti. Da chi di questi hai ricevuto di più e perché?
CM:
Non ne ho uno in particolare. Produrre un disco o affrontare una tournée significa trascorrere un periodo di tempo con un gruppo di persone a volte molto simili tra loro, altre volte molto diverse. In questi periodi è un continuo scambio tra dare e avere.
Quando finisce una produzione difficile o una tournée particolarmente densa di disagi, si tende comunque a conservare i ricordi e le sensazioni più belle.

GB: Oltre a quanto detto, ti occupi anche di remix. Di cosa ti occupi in particolare?
CM:
Da quasi tre anni ho formato con Michele Clivati i ChokoDiscoManiac, ma giuro che il nome non l’ho scelto io :).
Insieme a lui produco brani Dance, EDM e remix.
In questi anni abbiamo partecipato e vinto numerosi contest internazionali che ci hanno permesso di arrivare a realizzare e produrre brani per Rob Fusari, cantante dei CaryNokey ed ex produttore di Lady Gaga.

GB: C'è mai stata una situazione capace di metterti in difficoltà?
CM:
Più di una. Mi è capitato di dover co-produrre, registrare, missare e un disco in 20gg o di dover missare un album intero in una notte.
Situazioni che mettono a dura prova e che quando son finite ci metti una settimana a recuperare lo stress.
Tendenzialmente sempre per colpa di Sanremo.

GB: Hai in cantiere qualche progetto?
CM:
In questo periodo mi sto occupando di diverse produzioni. Inoltre, mi sto occupando della finalizzazione del disco di Dolcenera. A gennaio inizierò le riprese per un DVD di tributo a un grande artista recentemente scomparso che vedrà la partecipazione di numerosi artisti italiani.

Per ulteriori informazioni su Cristian e per tenersi aggiornati sulla sua produzione, potete visitare il suo sito Internet.
cristian milani interviste
Link utili
Cristian Milani Website
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