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Stratocaster del '54 contro '64: l'evoluzione secondo Leo Fender
Stratocaster del '54 contro '64: l'evoluzione secondo Leo Fender
di [user #4093] - pubblicato il

A dieci anni dalla sua nascita, la Stratocaster è cambiata sotto molti aspetti, non solo per quanto riguarda il sound. Avere a portata di mano una Fender originale del 1954 e una del 1964 è l'opportunità per verificare sul campo come è cambiata la solid body più famosa di sempre.

Durante i miei articoli su Accordo ho provato diverse formule per farvi ascoltare la voce di alcuni splendidi strumenti vintage. Vi ho raccontato le storie dietro ad alcuni pezzi rari, li ho messi a paragone con le repliche più blasonate e ne ho anche provati due dello stesso anno (con la stessa finitura), separati da soli sei mesi dall’uscita dalla linea di produzione. Tutto questo perché credo sempre che, dietro a uno strumento vintage, non ci sia solo la ricerca dell’autenticità, ma un risvolto legato all’uso pratico.
Ho sempre sostenuto che uno strumento degli anni '50, seppur costruito in maniera così eccelsa da renderlo fruibile in diversi tipi di contesti musicali, dia il meglio sé utilizzato all’interno di un repertorio che ricordi l’anno di nascita (o almeno il decennio di riferimento), giusto per poterne assaporare il gusto inconfondibile.
Io, come tantissimi chitarristi, ho un rispetto che sfocia in venerazione per il lavoro di Leo Fender. Ho sempre pensato che tra lui e altri geni del '900 non ci fosse questa grande differenza, anzi. Quindi, vista l’enorme stima che ho verso di lui, in questo articolo voglio analizzare, provando a immaginare cosa passasse per la mente di Leo, le differenze sonore dello stesso strumento a dieci anni di differenza.

Sappiamo tutti che la Stratocaster può tranquillamente essere considerata la migliore opera di Leo Fender. Attenzione, non sto sminuendo la Telecaster (di cui sono un discepolo devoto) o le altre creazioni di Leo, ma dobbiamo ammettere che la Stratocaster, per l'ottica del signor Fender, era lo strumento che risolveva i problemi della Telecaster e proiettava l’azienda in una visione decisamente più globale.
Leo aggiunse un pickup al progetto Telecaster per ampliare i suoni, mise il vibrato (maledettamente funzionale se paragonato agli ingombranti e inaffidabili sistemi di altre case) per accaparrarsi i chitarristi che non sapevano fare a meno dei famosissimi Bigsby, smussò le forme del body per far sì che i chitarristi potessero indossare le chitarre senza sgualcire le eleganti camicie di rayon o di seta decorate con complicati ricami (non scordiamoci che le chitarre di Leo erano principalmente rivolte ai chitarristi country e western swing dell’epoca, blues e rock blues vennero parecchio dopo), aggiunse un corno alla singola spalla mancante della Telecaster e arrotondò le due estremità per ricordare le corna dei tori da rodeo.
Il successo è davanti a tutti. Sicuramente la Stratocaster è stato lo strumento che più ha influenzato i produttori degli anni a venire. Ma cosa è cambiato da quando lo strumento uscì dalla fabbrica, ossia nel 1954, fino a quando Leo stava per lasciare Fender in mano a CBS, nel 1964?

 

 

Stratocaster del '54 contro '64: l'evoluzione secondo Leo Fender


La forma di base rimane la stessa, ma una serie incredibile di piccoli e grandi cambiamenti ha decisamente influito sul risultato finale.
Grazie a Francesco Balossino di C'èsco's Corner, ho avuto la possibilità di testare due Stratocaster interamente originali, una del del ’54 e una più giovane di dieci anni, del 1964 quindi. Il mio intento, fin dall’inizio, è stato quello di potervi far sentire la differente voce tra i due strumenti, utilizzando lo stesso ampli (un Fender Blues Junior con una cassa aggiuntiva RL Technologies, regolato tutto in flat con una punta di reverbero), lo stesso pezzo (uno dei miei strumentali preferiti, ossia "The Stumble" di Freddie King) suonato (per quanto possibile) nella stessa maniera in entrambi i casi, insieme al mio contrabbassista di fiducia, Luca Guizzo Chiappara. Il suono generale è stato ripreso con un microfono a condensatore piazzato là dove l’orecchio apprezzerebbe meglio il risultato finale.

Le due chitarre sono veramente diverse, costruttivamente parlando.
La '54 ha il corpo in frassino (verniciato con un elegantissimo sunburst a due toni), il manico leggermente più consistente dell’altra e la tastiera in acero. Ovviamente manico e tastiera sono in unico pezzo di acero, il trussrod veniva inserito da dietro e la cavità successivamente coperta da una striscia di legno marrone, noce. I pickup hanno un suono brillante e maledettamente vintage.
La '64 è l’evoluzione della prima. Il body è in ontano, il sunburst a tre toni, la tastiera è di un palissandro di rara bellezza e compattezza e il manico, come detto prima, è leggermente più sottile. I pickup, so che stenterete a crederci, sono dei killer, potenti e perfettamente bilanciati, da far sembrare la chitarra appena uscita dalla fabbrica per affrontare qualsiasi genere, pur mantenendo un tono e un sapore vintage come si deve.
I particolari estetici (ok, lo so che col suono c’entrano poco, ma mi piace parlarne) sono i due tipi diversi di battipenna (in plastica, probabilmente ABS, bianca monostrato quello della '54, in tre strati di cellulosa, con la parte a vista tartarugata, quello della '64) e la verniciatura (due e tre toni del sunburst), insieme a tanti piccoli dettagli, come il materiale che ricopre i pickup nella '54, bachelite bianca.

 

 

 

 


I suoni sono chiaramente molto diversi. La '54 ha quella peculiarità tipica degli strumenti anni '50, ne ho parlato spesso nei miei articoli, ossia quel suono sulle basse che sembra fare "tump" quando percosse con vigore, mentre la '64 fa "tang" (credetemi, di meglio non mi veniva per spiegare le sonorità), comunque tutte e due hanno tanto "twang" (e questo, in inglese, con l’uso è diventato verbo).
I dieci anni di correzioni e aggiustamenti si vedono tutti. La seconda è la chiara evoluzione dell’altra, proiettata per un uso più ampio, un suono più rotondo e potente. Ma il carattere della prima è veramente irreplicabile, è la definizione del "sound vintage", quello a cui spesso tutti si ispirano ma che in pochi saprebbero apprezzare in toto.

Come al solito non c’è una chitarra più bella dell’altra, non c’è una vincitrice, c’è solo da capire a cosa serve questo famigerato pezzo di legno tra le nostre mani. Per il resto vi invito veramente a provare uno strumento con una storia, senza pregiudizi o remore. In ogni modo rimarrete stupiti dalle caratteristiche di questi piccoli pezzi di storia.

 

 

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