di Jonathan Vitali [user #46516] - pubblicato il 30 maggio 2018 ore 16:30
Scopriamo e proviamo la nuova serie di Crash Masters della Paiste. Suonarli è stata una festa: regalano uno dei feel sulla bacchetta tra i più gradevoli mai provati; crasharli è un piacere, sono morbidi e il suono non è invadente. Una serie di piatti che rispondono subito e rimangono molto definito. Si prestano ad un drumming pulito e definito che va dal pop al rock fino al funk. E sono capaci capaci di fare un figurone anche Jazz.
Lo spessore dei piatti è la caratteristica più rilevante di questa serie Masters. Non bisogna però, farsi trarre in inganno dal loro grande diametro (18”,19”,20”) che evoca scenari molto rock: sono dei crash dalla elevata reattività di suono con un decadimento molto veloce e si prestano egregiamente in tante situazioni stilistiche, strizzando l’occhio a funk e jazz.
Il suono è l’elemento più originale visto che si apre su una rosa di tonalità principalmente scure. Questo per Paiste rappresenta quasi una novità. Da sempre, infatti, una caratteristica della casa produttrice svizzera è l’elevata brillantezza di suono della fattura dei loro piatti.
Suonarli è stata una festa: regalano uno dei feel sulla bacchetta tra i più gradevoli mai provati; crasharli è un piacere, sono morbidi e il suono non è invadente. Anzi, verrebbe da dire che il volume resta piacevolmente basso, controllato. Un piatto che risponde subito e rimane molto definito, che si presta ad un drumming pulito e definito che va dal pop rock, al funk alla “Tower of power” ma è capace di fare un figurone anche Jazz. Tanto che crediamo che chi si ritrova nelle esigenze e caratteristiche di suono appena descritte, troverà in questa serie di piatti un must imprescindibile.
Gli extra thins sono incomparabilmente morbidi e la loro risposta sensibile consente di crashare anche con la mano. Poi sono semplicemente meravigliosi nei crescendo suonati con i mallets.
Da ultimo, meritano assolutamente una prova anche come crash ride, affidandogli delle ritmiche un pò più dure e rock: garantiranno una sospensione incredibile. Veramente spettacolari.
Paiste Masters extra thin Crash 18”
E’ il piccolo della serie, pur avendo un diametro importante. Il suono è suono caldo, morbido . Il volume al crash è piu basso rispetto ad altri piatti, una caratteristica di tutta la serie. Ci pare tagliato per per lo studio di registrazione e la microfonazione. Il 18”, consigliato come primo crash, si comporta benissimo in tutti i generi musicali. Ha un decadimento istantaneo ma la sua reattività è unica
Paiste Masters extra thin Crash 19”
Anche il suo fratello più grande si presta ad essere posizionato nella vostra parte sinistra di strumento, come primo crash. Nonostante la sua dimensione la reattività con cui crasha è spettacolare. Un abbinamento potrebbe essere il 19” come primo crash e il 20” come secondo. Altra gran idea, sarebbe usarlo come secondo crash ed avere il 18” come primo crash. Rispetto al 18”, di cui mantiene lo stesso DNA, ha un suono leggermente piu scuro.
Paiste Masters extra thin Crash 20”
Il 20” da soddisfazione quando viene utilizzato come piatto d’accompagnamento su ritmiche solide. Regala dei magnifici colori, principalmente scuri, rimanendo comunque con un suono controllato. Nel rock è una bomba, perchè esalta il suono di cassa e rullante. Si può utilizzare come secondo crash (nelle situazioni piu spinte) ma va provato anche come ride con dinamiche più tenui. Ha un attacco immediato, definito e di sicuro farà innamorare molti batteristi.
Paiste Masters Dark Crash Ride 22”
Della serie è senza dubbio il piatto più complesso in assoluto. Difficile descriverlo: ma per dare un’idea si potrebbe dire che ha un tono quasi orientale. Al tocco è burroso e sembra di affondare la bacchetta nel piatto. La voce comunque è delicata e mantiene, come tutta la serie, quel carattere scuro caratteristico con una discreta definizione del colpo. Al crash è potente e con un buon volume, di sicuro quello più alto di tutta la serie.
Ci conquista il fatto che rimanga un piatto comunque misterioso, con diversi e complessi strati di suono.
Questo lo fa, di sicuro, il piatto più “Jazz Friendly” della linea. Quanto all’utilizzo, farà un ottimo lavoro dai piccoli jazz club ai grandi studi di registrazione. Da provare!