Carl Verheyen: “Home studio e digitale? Non saranno mai un 10”
di redazione [user #116] - pubblicato il 15 maggio 2020 ore 15:00
“Gli home studio possono essere un 4 o un 5, ma non saranno mai un 10”. Lo spiega Carl Verheyen parlando di digitale e sale di ripresa.
In pochi anni, le tecnologie digitali hanno cambiato nel profondo il volto della produzione musicale. Solo qualche decennio fa, per registrare una demo vagamente ascoltabile, una giovane band di musicisti aveva bisogno di rivolgersi a uno studio professionale, spendere quattrini e metri di nastro per una take buona.
Quando i registratori digitali e le workstation moderne si sono diffuse anche nelle sale più piccole, la situazione è cambiata anche se non del tutto: è diventato possibile correggere le imprecisioni e rifare take virtualmente a costo zero grazie alle DAW, ma restava la necessità di una sala prove e di uno studio di missaggio adeguati.
Negli ultimi dieci anni, con risultati sempre più convincenti, anche quest’ultima grande barriera è andata indebolendosi. Oggi è possibile dare vita a registrazioni complete e apprezzabili affidandosi solo a dei computer e ai software di registrazione, amp modeling e strumenti virtuali con relativi controller MIDI per tastieristi e batteristi. D’un tratto, un paio di cuffie hanno potuto offrire un ripiego economico e decente a qualunque sala d’incisione e missaggio.
Dell’evoluzione tecnologica che oggi permette a ogni band di registrare le proprie demo o dischi completi nel salotto di casa, Dave Grohl diceva: “ha solo generato tanta musica brutta in più”.
È di un avviso simile anche Carl Verheyen, uno tra i session man più apprezzati in circolazione.
“Io ho un home studio a casa, ma gli home studio non saranno mai come una sala vera” ci ha spiegato in un’intervista.
Il digitale fa passi da gigante, dà soddisfazioni, apre la mente soprattutto ai meno esperti, ma qui Verheyen rincara la dose. Parlando delle moderne tecnologie nel campo dell’amplificazione virtuale confrontate ai classici della valvola, Verheyen confessa: “La gente dice che in un grosso concerto la differenza non si avverta ma, sai cosa? Io la noto”.
A oggi, Carl è una delle eminenze del sound, della tecnica chitarristica e della professione di musicista, in studio quanto sul palco. Il suo parere può contrapporsi alle scuole di pensiero sostenute dai musicisti maggiormente avvezzi al mondo dei bit e delle convoluzioni, ma non va preso alla leggera.
In definitiva, home studio e digitale: un bene per la musica o solo la causa di tanto rumore in più?