Un POD GO per due – Intervista ad Andrea Palazzo e Simone Gianlorenzi

Il loro video “POD GO | Guitar Duet Performance” ha ottenuto su facebook quasi centomila visualizzazioni e commenti molto positivi sui suoni usati.
In fondo all’articolo troverete il link dei suoni, programmati appositamente da Andrea e Simone. Potrete scaricarli gratuitamente e utilizzarli con il vostro POD GO o POD GO Wireless

Simone Gianlorenzi e Andrea Palazzo hanno fatto centro senza dover per forza “esibire i muscoli” per catturare l’attenzione del pubblico, che ha potuto apprezzare le doti di grande versatilità  e qualità del suono del POD GO proprio grazie all’approccio creativo che i due chitarristi hanno avuto nel realizzare il loro brillante video demo.

Simone e Andrea sono due professionisti impegnati in progetti nei quali l’affidabilità del setup è la priorità assoluta. Quando si è sul palco di un musical o sul set di una diretta televisiva, la compattezza e la flessibilità degli “attrezzi di lavoro” non devono togliere nulla alla qualità del suono. Line 6, dal canto suo, è sinonimo da sempre di tecnologia user friendly anche quando si tratta di prodotti al top. Ecco cosa i due chitarristi ci hanno raccontato del loro video, del loro rapporto con il marchio californiano entrato da qualche anno nella scuderia Yamaha e, più in generale, del loro rapporto con la tecnologia digitale.

Come è nata l’idea di questo video in coppia?

Simone Gianlorenzi: Andrea ed io ci conosciamo da molto tempo, ma in questo periodo di pandemia, non era facile muoverci lui da Napoli e io da Roma per realizzare insieme il video. Così, sorteggiando con la classica monetina, è toccato a me partire con l’idea per questo demo. Allora ho pensato a un unico brano che, in pochi minuti, potesse far ascoltare quanti più suoni per chitarra e stili musicali possibili, riuscissero a mostrare le potenzialità del POD GO nella creazione di suoni attraverso la simulazione di amplificatori ed effetti. Volevamo rappresentare sia l’aspetto ritmico che quello solista, perché spesso quando si fa una demo di prodotti per chitarra ci si sofferma soprattutto sui lead, mentre sappiamo benissimo quanto siano altrettanto importanti le ritmiche. Una volta imbastito lo scheletro del brano, Andrea ha aggiunto le sue parti e lo abbiamo girato a Massimo Morandi e Andrea Marinoni di Yamaha per avere i loro consigli.

Andrea: Il brano ha una durata limitata perché deve colpire subito l’ascoltatore andando subito al nocciolo della questione per poi tenere sempre alta l’attenzione: così ho ragionato in base allo stile di ogni frammento. Nella prima parte, dopo che Simone accennava un solo alla Van Halen io ho accennato un solo alla Lukather, restando cioè nello stesso mondo musicale. Poi sono andato avanti dando sempre dei punti di riferimento, come quando siamo entrati nel mondo della ritmica con citazioni dei Daft Punk e degli Earth, Wind And Fire, o nella parte rock in stile Rolling Stones o quella alla Pink Floyd, fino all’area più estrema in cui Simone è passato dai Muse ai Rage Against The Machine e io mi sono mosso più verso lo shred, ma senza virtuosismi eccessivi, perché “mostrare i muscoli” sul web è una cosa talmente scontata che se l’avessimo fatto anche noi sarebbe stata una goccia nell’oceano.

Simone: Però questo nostro modo di interagire stilisticamente, alternandoci e facendo il verso a chitarristi diversi, ci è venuto molto naturale.

Questo gioco al “botta e risposta” è proprio il bello del video, perché è divertente cercare di riconoscere i riferimenti chitarristici di ogni frammento. È interessante anche il cambio della chitarra in sync con il passaggio da un frammento all’altro, in coerenza con i timbri emulati…

Simone: Infatti, tutto parte da lì. Abbiamo utilizzato le chitarre più moderne per le parti più moderne e quelle vintage per quelle più classiche, come per esempio la semi-acustica Yamaha SA2200 per il frammento alla Rolling Stones. Lavorare con Line 6 e Yamaha insieme ha significato anche poter avere il setup chitarra e ampli/effetti giusto per ogni stile.

Andrea: Abbiamo approfittato di questa occasione anche per fare una panoramica degli strumenti Yamaha e Line 6. Perciò ho voluto usare anche la Variax James Tyler e la Variax Shuriken, che io chiamo la chitarra Avengers, una specie di super-chitarra…

A proposito, i prodotti Line 6 hanno da sempre un contenuto tecnologico molto avanzato, fin da quando si impose sul mercato con i suoi primi amplificatori ed effetti in Amp Modeling, ed è anche un gran divertimento suonarli.

Simone: Uso Line 6 da sempre e mi ricordo ancora i primi amplificatori Spider degli anni Novanta. Quando Yamaha ha acquisito il marchio per me è stato un piacere poter dire la mia su prodotti che conosco e uso da tanto tempo. Mettermi lì a programmare e a creare suoni per persone che, dopo averli apprezzati, decidono di acquistare un prodotto per me non ha prezzo ed è un divertimento assoluto. Per me Line 6 è diventato ormai un compagno di vita perché uso quotidianamente la serie Helix in tutte le sue versioni. Ultimamente lavoro molto in ambito televisivo e teatrale con i musical, situazioni in cui l’amplificatore è visto come il demonio perché il palco deve essere il più silenzioso possibile. Dai musical “Mamma Mia” o “We Will Rock You” con Anastacia alla recente diretta RAI per la trasmissione “Parlami d’Amore”, in cui ho fatto tutta la trasmissione con la chitarra dritta nell’impianto attraverso Helix, la scelta del digitale che ti premetta di andare in diretta con un suono che sembri autentico, al di là dello stile che stai per suonare, è fondamentale. E non c’è mai stato un caso in cui il fonico mi abbia detto che il suono fosse inadeguato, così come non c’è mai stato un momento in cui io abbia percepito di non suonare qualcosa di vero con le mie dita. La macchina deve essere credibile per le tue dita e per il suono che hai in mente, altrimenti diventa difficile lavorare.

Da un po’ di anni viene preferito proprio questo tipo di macchine, sia per esigenze di silenziosità sul palco sia per la velocità con cui si passa da un set di effetti all’altro a seconda del tipo di stile che devi suonare.

Andrea: La cosa più sensazionale è quello che accade durante il line check. Una volta, quando arrivava il turno dei chitarristi, i fonici si facevano il segno della croce. Ora invece, arrivo, inserisco il cavo e il line check finisce in pochi secondi perché è già tutto settato.

Simone: C’è anche da dire che sui palchi più importanti oggi gli amplificatori hanno poco senso. Usando gli in-ear monitor, li si chiude in un iso-box con il microfono davanti. Ora, se non hai la botta dell’amplificatore sul palco, allora non serve a molto e diventa persino di intralcio. Inoltre, nel mondo dei musical può accadere che si debba lasciare accesa la pedaliera per 10/12 ore di fila, considerando le prove e i doppi spettacoli. In questo caso, un amplificatore valvolare alla terza replica “muore”, mentre una macchina digitale è molto più affidabile e non ha nessuna degradazione del suono.

A proposito della possibilità di poter riprodurre gli stessi suoni, parliamo di questa bella iniziativa di Yamaha, che ha deciso di regalare i suoni che avete realizzato per il video ai chitarristi che ne faranno richiesta.

Andrea: Si tratta dei suoni lead e ritmici utilizzati da me e Simone in tutti i frammenti della song. Li regaliamo perché i chitarristi possano immedesimarsi nel nostro lavoro e comprendano anche la facilità e l’intuitività della programmazione su POD GO, che è una delle sue caratteristiche più interessanti.

Secondo voi, il tempo che si frappone tra l’idea creativa e la sua realizzazione è più lungo nella pedaliera digitale o nella catena degli effetti a pedale?

Simone: Il vantaggio del mondo digitale è che il suono presettato è già bello e “verosimile”. Ovviamente più si sperimenta e più si perde tempo nella creazione del suono, ma si hanno risultati ancora migliori. Un altro dei vantaggi del digitale è che mentre sei live o stai registrando in studio e hai bisogno di aggiungere un pedale particolare al volo, nel mondo analogico questo è un po’ complicato… anche perché non è detto che tu ti sia portato dietro il pedale da inserire nella catena effetti. Con una macchina come Helix, così come in POD GO invece, nel momento in cui lo pensi ce l’hai già in pedaliera virtuale. Basta che lo salvi ed è pronto per la volta successiva. Da questo punto di vista, il digitale non blocca la creatività e inoltre hai delle emulazioni di amplificatori ed effetti difficilmente reperibili fisicamente.

Mediamente, l’uso di un effetto a pedale fisico garantisce una certa personalità timbrica che solo quel pedale può darti…

Simone Questo riguarda il chitarrista che cerca quella sonorità, quel vibe e quel mood giusto e suona in un contesto come quello “indi” che glielo permette, ma quando suoni in una situazione in cui 20 minuti prima della diretta ti cambiano l’ordine delle canzoni, solo con il digitale puoi farlo al volo cambiando l’ordine dei preset con un click. E in ogni caso, se vuoi sperimentare, una macchina digitale ti permette di fare cose che nel mondo analogico non puoi fare. Io, per esempio, ho provato a far cose come mettere il distorsore dopo il cono dell’amplificatore, cosa che non puoi fare nel mondo reale, ottenendo dei suoni veramente particolari. Lo stesso Matt Bellamy dei Muse, per esempio, negli ultimi dischi usa dei suoni che sembrano sintetici, ma che in realtà sono dei distorsori che vanno in diretta nel mixer senza passare dall’amplificatore. Questa cosa dal vivo è complicatissima da ottenere con il suo setup misto, mentre  con Helix, per esempio, basta semplicemente non inserire il blocco degli amp. Per non parlare della possibilità di suonare, per esempio, una strofa con il suono pulito del Matchless, il ritornello con il distorsore del Marshall e lo special con un Vox AC30!

In Helix e in POD GO c’è tanto materiale per fare “mestiere” e altrettanto materiale per fare sperimentazione. E poi vogliamo parlare della possibilità di suonare con gli effetti in stereo? Abbiamo potuto farlo solo con l’avvento del digitale perché una cosa del genere in analogico se la potevano permettere pochissimi grandi chitarristi.

Nel dominio analogico, per avere la stereofonia dovevi avere due canali L+R separati dall’inizio alla fine. Quando è arrivato il primo digitale, le risorse a disposizione erano troppo ridotte per poter processare in stereo tutti gli effetti. Abbiamo dovuto aspettare che la tecnologia digitale disponesse di DSP e risorse più potenti per poter avere finalmente segnali totalmente stereofonici lungo tutto il percorso audio.

Simone: Ed è significativo però che tutti i modelli digitali vadano comunque a simulare gli analogici vintage, ove si pensa risieda il sacro graal dei suoni di chitarra, ma senza dover spendere i soldi per l’ampli fisico e, soprattutto, senza l’inaffidabilità di quell’originale analogico.

 

Scarica i suoni del POD GO che Andrea e Simone hanno usato nel video!

http://bit.ly/PODGOVideoSoundDOWNLOAD

 

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