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La sottile inesistenza del vintage
La sottile inesistenza del vintage
di [user #52413] - pubblicato il

E se le chitarre che idolatriamo dai tempi che furono si rivelassero semplicemente "vecchie"? Un'analisi sul concetto di vintage stimola riflessioni interessanti se applicato al mondo della chitarra elettrica.
Dare una definizione del concetto di vintage è un'impresa complicata perché si pone a ridosso di un confine che, lungi dall'essere netto, è invece "liquido", plasmabile a seconda delle mode del momento e delle dinamiche del mercato.
Il termine, inizialmente attribuito quale denominazione generica per i vini d’annata di pregio, è divenuto di uso comune, per estensione, anche a prodotti diversi dal vino e, in particolare, è utilizzato per connotare oggetti d’epoca o di gusto sorpassato e démodé, che evocano periodi remoti o testimoniano lo stile di un certo periodo. Motivo per cui "vecchio" e "vintage" non sono sinonimi: tuttavia potrei azzardare a definire vintage un oggetto datato (e dotato) di particolare pregio, rispettando in tal modo la consonanza con l'etimologia del termine.
In fatto di vino, però, è abbastanza semplice stabilire dalle condizioni climatiche se una particolare annata debba considerarsi di pregio, mentre per le chitarre elettriche è evidente la mancanza di parametri oggettivi in ragione dei quali possa classificarsi come effettivamente vintage uno strumento. Allora so già che quello che sto per dire farà saltare in piedi i puristi, i tutori del Sacro Graal e gli specialisti del settore: se considerato nell'accezione più autentica della sua etimologia, il vintage per le chitarre elettriche non esiste.

La sottile inesistenza del vintage

Questa mia opinione muove dalla primaria considerazione che le chitarre elettriche più iconiche che hanno rivoluzionato la storia della musica moderna mainstream sono state principalmente Fender e Gibson. Entrambi i marchi hanno ancora oggi in catalogo modelli con lo stesso shape di settanta anni fa e dunque è ovvio che il concetto di vintage non possa riferirsi al loro design inconfondibile e unico. Il concetto di vintage più oggettivo possibile, allora, potrebbe riferirsi esclusivamente a qualcosa di estraneo rispetto allo strumento e cioè l’anno di produzione; ma in tal caso, dato che si è detto che stabilire in che modo un anno è diverso e migliore da un altro è oggettivamente impossibile, si creeranno inevitabilmente valutazioni soggettive del concetto stesso, pertanto inattendibili.

Pensiamo che la prima chitarra elettrica prodotta in serie da Fender (la Esquire, poi Broadcaster, poi Nocaster e definitivamente Telecaster) è stata immessa sul mercato nel 1950, successivamente la Fender Stratocaster è stata presentata nel 1954 e la Gibson Les Paul è in produzione dal 1952.
Al giorno d'oggi, uno strumento di quegli anni avrebbe circa 70 anni e tutti non avrebbero la benché minima esitazione a definirlo vintage. Ammesso che se ne trovi ancora qualcuno in vendita, il prezzo che attualmente si dovrebbe pagare per l'acquisto suggerirebbe di tenerlo successivamente in un caveau e di portarlo in sala prove o ai live avvalendosi dei servizi della Mondialpol.
Se fossimo nel 1971, invece, una Telecaster del 1959 avrebbe solo 12 anni. Parimenti, se fossimo nel 1975, una Fender Stratocaster del 1955 avrebbe 20 anni e, guarda caso, una Gibson Les Paul del 1959, se fosse il 1976, avrebbe 17 anni. Non ho inserito date a caso: la storia suggerisce che nel 1971 l'assolo di "Stairway To Heaven" fu registrato con una Telecaster del 1959, che il riff più inflazionato nei negozi di musica ("Whole Lotta Love") fu registrato nel 1976 con una Les Paul del 1959 e che la storica Fender Stratocaster Blackie di Eric Clapton, fu assemblata nel 1973 adoperando i pezzi di tre diverse Stratocaster di sedici anni prima (pagate ciascuna 100,00 dollari). Se non bastasse, aggiungo che in casa Gretsch Duane Eddy adoperò una G6120 del 1957 per registrare l'anno successivo, nel 1958, il brano "Rebel-'Rouser" e il mitico Carlos Santana, al concerto di Woodstock del 1969, utilizzò una Gibson SG il cui primo anno di produzione fu il 1961. Per non parlare, infine, di Jimi Hendrix, che ha reso iconica la Stratocaster dandole fuoco nel corso di un concerto nel 1967, che era il tredicesimo anno dalla introduzione del modello sul mercato.

La sottile inesistenza del vintage

Certamente sarebbe meglio abbandonarsi al romanticismo evocativo della leggenda e del mito, però bisognerebbe anche guardare oltre e farsene una ragione: nell'arco di tempo tra il 1950 e il 1970 i grandi maestri del rock non possedevano strumenti vintage, ma strumenti di serie che erano stati prodotti solo alcuni anni prima. Prosaicamente, gli strumenti adoperati per registrare tutti quei brani che ancora oggi sono universalmente considerati immortali nella storia del rock, erano dunque relativamente recenti e presumo che all'epoca nessuno avrebbe mai osato definirli vintage.
Conseguentemente, la nascita del concetto di vintage in relazione alla chitarra elettrica deve per forza appartenere a un'epoca successiva. Presumo che abbia iniziato ad affermarsi, quanto alla sua accezione commerciale, in maniera direttamente proporzionale all'accrescersi della fama dei grandi precursori del rock, successivamente agli anni '70, che continuarono a utilizzare usati di decenni prima semplicemente perché il nuovo appariva loro non più qualitativamente all'altezza dei rispettivi marchi.
In effetti, fintanto che il mercato resistette alla pressione della concorrenza asiatica a basso costo, gli strumenti furono preservati dalle logiche della massiva produzione in serie. Questo soprattutto allorché Fender fu ceduta a CBS nel 1965 e Gibson smise di produrre la Les Paul nel 1960, per poi riprendere nel 1968. Dopo l'arrivo dei marchi asiatici concorrenti, in ambito Fender-CBS per esempio furono apportate modifiche alle linee produttive tali da garantire una produzione di esemplari giornaliera maggiore rispetto al periodo precedente. Ciò si tradusse in una progressiva sostituzione del lavoro manuale con il lavoro dei macchinari, da cui conseguì la necessità di ridurre e standardizzare tutti quei pezzi che avrebbero richiesto costi elevati o troppo tempo per essere prodotti in serie. La Stratocaster CBS, ad esempio, si caratterizza per il famoso "palettone", per le meccaniche autoprodotte (con il logo F), per il ponte costituito da un unico pezzo di lega metallica pressofusa su stampo, per le nuove sellette anch'esse a stampo e più economiche, per il diverso numero di avvolgimenti del filo di rame dei pickup e per i poli magnetici più grandi e tutti ad altezza parallela tra loro.
Addirittura, furono i rispettivi marchi a tentare di porre rimedio alla situazione, iniziando a proporre ai grandi chitarristi dell'epoca i primi endorsment, con lo scopo di convincerli a adoperare strumenti nuovi al posto dei loro vecchi usati.
A quel tempo non esisteva il concetto di signature come oggi concepito, ma già di per sé stesso il processo associativo artista/chitarra generava la grande visibilità che necessitava ai marchi. Fu probabilmente il processo identificativo tra rockstar e strumento il fondamentale passo successivo che consentì al grande pubblico di interessarsi sia all'artista, sia alla sua chitarra.

In sostanza, nel ventennio tra il 1950 ed il 1970 l'elettronica, gli effetti, gli amplificatori, erano ai primordi e proprio questo, proprio la "penuria" di soluzioni elettroniche rese molto facile per i chitarristi e gli addetti ai lavori perfezionare, smontare, costruire e plasmare il timbro caratteristico di ciascuno strumento. In un secondo tempo, dal 1970 e grossomodo fino al 1990, a quel primo nucleo di innovazioni tecniche ormai consolidato si aggiunse la rivoluzione portata dall'elettronica, con l'introduzione massiva del transistor e degli effetti analogici o vetero-digitali. Infine, l'età dell'oro si esaurì definitivamente al tramonto degli anni '80, allorché fu raggiunto il limite della sperimentazione. Tutto era perfezionabile, ma le vere innovazioni cessarono, perché si era ormai saturato lo spazio creativo attorno al suono della chitarra elettrica. In quarant'anni di chitarra elettrica, si era partiti da Buddy Holly e si era giunti a Eddie Van Halen: inevitabilmente, salvo rare eccezioni, ciò che sarebbe venuto dopo avrebbe perso ogni connotazione pioneristica e ogni originalità.

La sottile inesistenza del vintage

Dunque, credo che ciò che oggi viene definito vintage non abbia alcuna attinenza con le caratteristiche o con le annate di una chitarra elettrica, ma sia invece il riferimento, l'omaggio, la mitizzazione degli strumenti adoperati da coloro che furono gli ambasciatori del blues e del rock, coloro per primi ebbero il genio e l'estro di creare con tali strumenti impressioni timbriche immortali. Precisamente, ritengo che tali primi standard timbrici, divenuti immutabili nelle generazioni a seguire, abbiano appunto favorito, nell'affastellarsi dei decenni, la tendenza a mitizzare le annate di produzione di quegli stessi strumenti con i quali furono creati. Ciò che è vintage non è più la chitarra e, in fondo, non lo sarebbe mai stata: vintage è il mito di quell’inconfondibile, pionieristico, particolare suono.
Certamente gli strumenti sono stati modificati e perfezionati, i cataloghi si sono arricchiti con modelli per ogni gusto, sono nate le versioni signature, le edizioni limitate e le custom shop. Del pari, i macchinari sono diventati sempre più precisi nei tagli, nelle fresature e negli avvolgimenti delle bobine dei pickup. È nato il fenomeno dell'after market, della personalizzazione. Infine, il digitale è stata l'atomica che ha spazzato via generazioni di valvole, coni, pedalini, multieffetti analogici, rack, testate e casse.

Tuttavia, con il trascorrere dei decenni si è assistito a un processo di imitazione. Dopo il 1990 circa (complice anche l'esaurimento di ogni originalità creativa) e pur a seguito delle numerose innovazioni introdotte, non è mai scomparsa l'esigenza di codificare e modellare il suono dello strumento moderno imitando il suono dei corrispondenti strumenti di quell'epoca d’oro.
Fender e Gibson propongono strumenti moderni che adottano pickup assemblati secondo le specifiche tecniche di quelli degli anni '50 e '60 e va citato per Fender il fenomeno delle reissue (esattamente identiche agli strumenti originali del tempo, per esempio una Telecaster del 1952) e delle VOS (Vintage Original Specifications, ossia specifiche originali dell'epoca) per Gibson, solitamente repliche di Les Paul dal 1958 al 1960.

Scattò allora la corsa all'acquisto dei modelli anteriori al 1965 o al 1968: solo che, nel frattempo, erano trascorsi decenni e gli strumenti di quegli anni ancora in circolazione erano sempre più rari. Per conseguenza, il tutto si tradusse in legge di mercato: tanta domanda, poca offerta e rialzo esponenziale dei prezzi di vendita. Infine, quando i modelli "storici" raggiunsero quotazioni impossibili e divennero riserva di caccia esclusiva di facoltosi collezionisti o di famosi professionisti, il semplice passare degli anni sulle successive generazioni di strumenti nuovi (che nel frattempo erano diventati a loro volta di venti o trenta anni prima) li trasformò in altrettanti pezzi rari, proposti in vendita con quotazioni talvolta ingiustificate, ma nuovamente accessibili anche ai semplici amatori.
Qualche esempio arriva dal web: a fine luglio 2021 a Bologna si proponeva in vendita una Gibson Les Paul Standard '54 del 1971 a 8.300 euro e una Fender Telecaster del 1969 a 6.900 euro; a Milano si proponeva in vendita una Gibson Les Paul Custom del 1985 a 3.190,00 euro e una Fender Stratocaster con finitura naturale del 1979 a 1.990 euro; nel febbraio 2021, in un negozio della provincia si proponeva in vendita un Stratocaster del 1975 a 4.200,00 euro. Per quanto riguarda la mia esperienza, la Stratocaster del 1983 che possedevo, meglio conosciuta anche come single knob Strat, nel 1993 la pagai usata, 750.000 lire, l'equivalente di 387,00 euro odierni. Nel 2022 una chitarra identica alla mia era proposta in vendita online al prezzo medio di 1.500,00 euro. All'epoca, cioè nel 1993, era un usato che aveva dieci anni, attualmente è un vintage che di oltre 39 anni. Poi, che la Stratocaster American Standard che acquistai nel 2011 fosse un altro pianeta rispetto a quella del 1983 con la quale la permutai o che la Stratocaster American Professional del 2016 e la Stratocaster 75th Anniversary del 2021 siano ancora migliori rispetto alla stessa mia del 1979 è irrilevante. Ecco il vintage.

La sottile inesistenza del vintage

Mi domando allora quali evidenze oggettive ci siano, se si esclude il semplice trascorrere del tempo, a conforto del fatto di qualificare vintage strumenti che apparentemente non possiedono un particolare pregio. Dato che a tale domanda non c'è risposta plausibile, è evidente che sono state le logiche di mercato, le leggi della domanda e dell'offerta, unitamente a miti e leggende sapientemente alimentati e tramandati da coloro che ne hanno interesse, ad avere creato un filone commerciale fiorente al quale è stata data l'etichetta di vintage (basti pensare alla grossa parte del fatturato che viene generato anche dai modelli custom shop, quali le chitarre signature o tribute, le versioni VOS e reiussue).
L'autoreferenzialità del mondo della chitarra, la riverenza delle generazioni successive di chitarristi nei confronti delle prime innovazioni e sperimentazioni con la chitarra elettrica, la tendenza a suonare sempre la stessa musica da 50 anni, i collezionisti, sono stati tutti elementi che hanno contribuito a creare il mito delle migliori annate degli strumenti e i loro relativi prezzi (stellari).
Il fenomeno del vintage non ha mai seriamente affrontato il problema di giustificare, attraverso argomenti persuasivi e dati oggettivi, il perché un dato strumento di un dato anno sia necessariamente migliore di quello di un altro anno o periodo. È diventato semplicemente marketing.
Così, l’unico modo che trovo per giustificare oggettivamente il concetto di vintage è quello di ritenere che si sarebbe affrancato dall'essere il metro identificativo del reale ed effettivo pregio tecnico di determinati strumenti nel corso degli anni e che si è trasformato in un immutabile tributo collettivo, o in un atto di riverenza collettiva, nei confronti degli strumenti di una ben precisa e identificabile epoca musicale: il trentennio 1950-1980, considerato il Valhalla del rock e della chitarra elettrica.

NdR: volentieri pubblichiamo questo articolo inviato da un lettore, ma sottolineiamo che i contenuti rispecchiano esclusivamente il pensiero dell'autore. 
chitarre elettriche gli articoli dei lettori vintage
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di Simo6891 [user #61984]
commento del 30/01/2023 ore 16:47:19
Evidenze oggettive? Ma dove!

Stiamo parlando di collezionismo, evidenze oggettive non esistono e non solo nel mondo degli strumenti vintage.
Rispondi
di wespaul [user #36426]
commento del 30/01/2023 ore 17:26:38
Vi leggo con piacere da tanti anni anche se non ho MAI commentato nulla; da chitarrista con , ahimè, troppi anni sulla groppa non posso che essere d'accordo al 100% con questo articolo, che per altro è scritto molto bene. In particolare il pensiero finale ["Il fenomeno del vintage non ha mai seriamente affrontato il problema di giustificare, attraverso argomenti persuasivi e dati oggettivi, il perché un dato strumento di un dato anno sia necessariamente migliore di quello di un altro anno o periodo. È diventato semplicemente marketing" ] riflette in pieno quello che penso. Grazie.
Rispondi
di Sykk [user #21196]
commento del 30/01/2023 ore 17:49:10
Siamo una platea di consumatori che se applicasse le stesse regole alle auto, vorrebbe nel nome dello storicamente corretto il piantone di sterzo (quello che ti trafigge se fai un frontale), quindi si, ci possono prendere per il naso come gli pare.
Rispondi
di spaccamaroni [user #7280]
commento del 30/01/2023 ore 17:50:06
Articolo intelligente e scritto molto bene.
Solo una precisazione: Whole Lotta Love è stata registrata nel 1969.
Rispondi
di Zoso1974 [user #42646]
commento del 30/01/2023 ore 18:06:45
Bah il discorso del vintage è complesso, e non sono molto d'accordo con parecchi punti esposti.
Comunque basti pensare all'automobilismo... perchè una Ferrari 250 del 67 viene venduta a oltre 27 Milioni di dollari?
Non è meglio un Ferrari moderna a 200.000 euro che va il doppio, ha pure l'ABS i finestrini elettrici e una serie di altri comfort?
E di esempi simili, sono sicuro, ci sono in tanti altri campi del "collezionismo".

Perchè anche per le chitarre, ormai, certi pezzi sono solo per i collezionisti.
Certo, negli anni 70 era ovvio cercare strumenti delle annate precedenti viste le tante ciofeche al risparmio che sfornavano Gibson e Fender (e molte di quelle sì non meriterebbero mai di rientrare nel vintage) ma al giorno d'oggi cosa ci fa bramare uno strumento degli anni 50/60?
Prima di parlarne bisognere averne preso in mano uno (qualche Gibson anni 60 mi è capitata) e sentire l'emozione che trasmette. Perchè la magia è tutta lì. Suona meglio? Suona peggio? Non importa ha un'aurea di magia che rende l'esperienza unica, e quella nessun strumento finto vintage lo può replicare.
Quanto vale questa magia?
Beh... lì è la solita questione di domanda/offerta, non ci sono altre logiche in ballo.
I "pezzi" sono pochi e sono ricercatissimi... va da se che costino quel che costano.
Rispondi
di talpa [user #1842]
commento del 31/01/2023 ore 06:59:07
La Ferrari del 67 ha un estetista molto diversa dalle Ferrari moderne , una strato del 70 è identica, a livello di stile, ad una strato moderna. Qui si perde la connotazione di "vintage" , perché a livello visivo le chitarra sono sempre le stesse .
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di Mm utente non più registrato
commento del 31/01/2023 ore 12:54:57
Le Ferrari moderne vanno bene per chi corre in pista e fa grana col proprio correre.....lamroba vecchia(perché di questo si tratta)va bene per collezionisti e speculatori che di correre non hanno voglia.....gente da salotto,chi fa musica sul serio compra strumenti moderni
Rispondi
di Zoso1974 [user #42646]
commento del 31/01/2023 ore 14:07:55
Bonamassa e Kirk Hammett hanno lasciato la chat...
Rispondi
di Mm utente non più registrato
commento del 31/01/2023 ore 14:53:10
I soldi l'inganno fatti con chitarre economiche....dopo si sono dati al lusso.....molto dopo.....
Rispondi
di Zoso1974 [user #42646]
commento del 31/01/2023 ore 15:32:31
Ma sì si scherza... comunque l'abbiamo detto tutti, il vintage è perlopiù per i collezionisti... ormai, per le persone "normali" le cifre non giustificherebbero neanche lontanamente una minimia resa migliore dello strumento che ci sia o meno.
Certo, chi ha fatto i soldi però lo sfizio se lo leva spesso... e non sarà un caso...
Anche uno come Slash ha nell'arsenale una bella riga di strumenti vintage...
vai al link
...e come lui penso moltissimi altri... penso a Clapton, Keith Richards, Gilmour etc... certo non sono strumenti per il professionista normale (che non se li può permettere) ma chi può li vuole e li usa eccome...
Rispondi
di Francescod [user #48583]
commento del 31/01/2023 ore 13:11:41
Condivido totalmente quello che hai scritto e mentre leggevo l'articolo pensavo proprio alla Ferrari 250 GTO (che oggi di milioni ne vale 50), che a guardarla bene ha diversi difetti, come ad esempio un esemplare in cui lo sportello di sinistra è più corto di quello di destra di alcuni centimetri. Semplicemente c'è chi può e chi non può. E chi non può ha diverse opzioni: polemizzare contro il vintage/ farsi una chitarra relic/ inventare di avere del vintage (tipo una Les Paul degli anni settanta...) e farci dei soldi a spese dei polli che non sanno qual è il vintage più ricercato.
Rispondi
di BBSlow [user #41324]
commento del 30/01/2023 ore 18:20:46
Considerazioni brillanti e fondatissime, che però non scalfiranno le convinzioni (a loro volta oggettivamente fondate) degli amanti del genere: la qualità e l'invecchiamento dei legni, la verniciatura, gli avvolgimenti, etc. etc.
Non la definirei una moda; piuttosto, un culto. Una chitarra costruita nel '60 (o giù di lì) e sopravvissuta a più di 50 anni di maltrattamenti (perché dai, mica ci sono in giro solo le chitarre di Hank Marvin... Quello strumento che secondo il venditore vale 8.000 euro è sicuramente passato anche per le impietose mani di strimpellatori indegni, ed è stato suonato con monete da dieci lire al posto del plettro) acquisisce, ai nostri occhi, un valore speciale; il fatto che qualcuno (e poco conta che sia l'indegno strimpellatore) abbia provato a suonarci Satisfaction due giorni dopo averla ascoltata alla radio per la prima volta la rende partecipe di una storia che amiamo, e averla tra le mani ci dona l'illusione di essere anche noi, sfigati che nel '60 manco eravamo nati o al massimo prendevamo il latte coi biscotti sciolti dentro, parte di quella storia.
E poi c'è il collezionismo: non importa cosa tu o chiunque altro, fosse pure Leo in persona, possiate dire: devo avere "quella" chitarra, e stop.
Ah, che sarà che sarà, quel che non ha ragione né mai ce l'avrà? Per un chitarrista un milione di cose, dal plettro di una determinata marca all'amplificatore saldato con un certo tipo di stagno, passando per centinaia di pedali e -ovviamente- da una chitarra, meglio se vintage...
Rispondi
di zabu [user #2321]
commento del 30/01/2023 ore 18:20:50
Secondo me la verità sta un po' nel mezzo. Il fenomeno Vintage è nato in sordina agli inizi degli anni '70, quando alcuni musicisti iniziarono a utilizzare più volentieri gli strumenti degli anni '50 e prima metà degli anni '60 perché si resero conto che erano oggettivamente costruiti meglio e che gli strumenti di produzioni anni '70 presentavano importanti modifiche nei progetti originali. Questi sono dati oggettivi: le Fender degli anni '70 (in particolare dalla metà del decennio in poi) utilizzavano corpi in frassino pesante, contro il frassino di palude utilizzato negli anni '50/'60, con conseguenza sul peso e anche sulla timbrica dello strumento. Negli anni '70, in varie fasi la Fender cambiò pure il design dei pickups, del truss rod, per non parlare delle verniciature sempre più spesse a base di poliestere. Stessa cosa avvenne con Gibson, con l'introduzione di varie modifiche, come i corpi a pancake per la Les Paul. Io credo che sia inoppugnabile che ci sia stata una fase in cui per le maggiori manifatture americane ci sia stato un calo qualitativo nella produzione di strumenti.

Le cose sono cambiate lentamente negli anni '80, momento in cui sia Fender che Gibson hanno preso la strada di tornare a produrre modelli più simili a quelli delle origini. Non è stato un percorso lineare però. Le prime repliche della Fender (la famosa serie American Vintage) non erano per nulla fedeli, erano giusto una reinterpretazione contemporanea dei modelli storici. Ugualmente Gibson ha impiegato vario tempo per produrre qualcosa di accurato con la riedizione dei proprio modelli. Con la creazione dei rispettivi dipartimenti Custom Shop per Fender e Gibson, tra fine anni '80 e primi anni '90 effettivamente si sono iniziati a vedere strumenti in grado di rivaleggiare come qualità con gli strumenti dell'epoca d'oro, ma si è creata anche una separazione netta tra due produzioni completamente diverse: da un lato gli strumenti di serie che (per quanto buoni) presenta le caratteristiche di una produzione di massa e dall'altro la produzione Custom più raffinata e curata nei dettagli e nei materiali.

La variabile secondo me impazzita del mercato del Vintage è stata la postuma rivalutazione degli strumenti anni '70, che erano stati proprio la causa della nascita del fenomeno vintage in prima istanza. E' ovvio che, in questo caso, conti molto il fatto che, da un lato, gli strumenti vintage veri costano ormai cifre irraggiungibili e comunque chi non può permettersi lo strumento degli anni '60 a iniziato a guardare a strumenti più abbordabili, dall'altro il fattore storico. Infatti comunque gli strumenti anni '70 furono ovviamente utilizzati in modo estensivo dai musicisti dell'epoca.

Riguardo alla superiorità degli strumenti vintage rispetto alla produzione moderna, secondo me c’è molta confusione su cosa questo significhi. Prendiamo il caso di una Strato. Molte strato moderne, incluse le Custom Shop, sono attualmente disegnate con in mente un utilizzo moderno. Molto spesso i pickups sono sopravvolti per un suono più carico, presentano un radius più piatto etc. Se i faccio un confronto A/B tra una riedizione di fascia alta con un originale, delle differenze (pur il timbro rimanendo sempre al 100% Strato) probabilmente le sentirò. Poi a ognuno le sue considerazioni: io un originale vintage, ad avere i fondi, lo acquisterei volentieri non fosse altro per il valore storico.
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di MTB70 [user #26791]
commento del 30/01/2023 ore 19:07:17
Che poi alcuni di questi dettagli dipendono anche dalla moda del momento; ad un certo punto negli anni Ottanta ad esempio il maggior peso di uno strumento era cercato da molti in quanto indicatore di maggiore sustain, adesso, forse complice l’invecchiamento della platea media di chitarristi, uno strumento leggero viene spinto adducendo ragioni legate al suono ma è indubbiamente preferito da molti per una questione di dolori alla schiena:-)
Magari tra dieci anni cambia tutto ancora.
Questo per dire che, a parte avere dei legni più invecchiati e una lavorazione fatta a mano (che magari è pure peggiore, ma è sicuramente più unica di quel che potrebbe uscire da una CNC), gli altri aspetti sono una questione di gusto. Ci sono differenze, eccome, a partire dai diversi materiali (Bakelite, anyone? Ma anche la lega dei tasti è cambiata nel tempo diventando sempre più dura, secondo alcuni a scapito del suono) fino alle lavorazioni (la nitro usata oggi nulla ha a che vedere con quella di 70 anni fa, e del resto anche la relativa tossicità è molto diversa), ma poi bisogna vedere se ci piacciono o meno. E se ci piacciono in quella esatta combinazione che è una chitarra d’epoca. Io ad esempio prediligo caratteristiche che stanno su strumenti di epoche diverse e questo mi frega un po’ col vintage, nel senso che nessuna annata è per me ideale. Poi naturalmente ci sarebbe l’emozione di tenere in mano uno strumento vissuto, e quella non si discute.
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di zabu [user #2321]
commento del 30/01/2023 ore 19:31:15
Si, sono d'accordo. Io diversi strumenti vintage ho avuto modo di provarli: da varie Strato pre-CBS a una Les Paul del '56, a una Epiphone Riviera del 62 etc. Alcuni di questi strumenti suonavano in modo fantastico e certamente non è facile trovare modelli omologhi nella produzione moderna che suonino esattamente uguali, ma seconde me non impossibile e poi dipende da quello che uno veramente cerca. Però certo il fascino e l'emozione che suscitano gli strumenti vintage quando ben conservati e ben suonanti è difficilmente eguagliabile.
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di BizBaz [user #48536]
commento del 30/01/2023 ore 18:21:13
Io con il vintage sono più estremo, per quello che a me interessa al massimo ci fermiamo intorno al 1963/1964, almeno per quanto riguarda le chitarre. Tutto il resto è venuto dopo per imitazione, più o meno evidente, riedizione o per evoluzione di quello che già c'era. Però attenzione a non pretendere di oggettivare il mercato del collezionismo: sono beni di consumo anche quelli "vintage" ma, a causa della loro vetustà e soprattutto perché sono stati "i primi", sono diventati rari e per tale motivo più ricercati e, chiaramente, con un loro mercato che risponde alle medesime leggi di domanda e offerta, a prescindere da qualsiasi valore intrinseco (per banalizzare: i musei sono stracolmi di oggetti di uso quotidiano - piatti, vasetti, coltelli ecc. - cioè beni di consumo che però noi reputiamo di grande valore culturale e artistico perché hanno 2000 anni). Peraltro c'è un mercato del vintage dei pedali in cui dei normalissimi Boss o Tubescreamer degli anni 70 e 80 vengono valutati cifre iperboliche (per non parlare poi dei Klon che però è un altro discorso, non proprio legato al concetto di vintage) pur non avendo nulla di meglio rispetto alla produzione attuale: è semplicemente un altro mercato che si muove secondo le stesse logiche.
Qualche giorno fa, in un altro articolo qui su Accordo a proposito delle PRS, si parlava del fatto che quelle chitarre hanno meno successo delle solite che tutti vogliono e tutti cercano. La questione io me la spiego così: chitarre magnifiche sotto tutti i punti di visita ma a causa del fatto che non sono "quelle che hanno scritto la storia della musica" (il virgolettato è d'obbligo) non hanno lo stesso appeal di una Les Paul, di una Stratocaster, di una Telecaster o di una SG. Figuriamoci poi rispetto a una originale degli anni 50/60.
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di MTB70 [user #26791]
commento del 30/01/2023 ore 18:26:05
Io non amo più di tanto il mito attorno al vintage, ma mi permetto due argomenti in difesa del medesimo:

1 - se togli la magia del mito, cosa rimane della musica e, più in generale, dell’arte?
2 - i prezzi si giustificano con la rarità. Non paghi perché suona meglio, ma perché di quella annata ce ne sono in giro una manciata.
Rispondi
di Ariberto Osio [user #42]
commento del 30/01/2023 ore 19:53:29
Complimenti l'analisi approfondita rappresentata nell'articolo.
Rispondi
di DiPaolo [user #48659]
commento del 30/01/2023 ore 22:33:08
La premessa: il termine vintage nasce dal francese "vingt ans d'âge" (venti anni di età), contratto in lingua inglese come "vintage", è riferito a qualcosa di costruito almeno venti anni prima, quando gli anni prima superano i 100, si parla d'antiquariato. Chi suona, cerca lo strumento più adatto a se, per prestazioni sonore, ergonomia e perchè no bellezza. Se poi è vintage (ha più di 20 anni) ma ... ha le pregevoli caratteristiche sopradescritte e senza costare tanto di più ... ben venga. Poi ci sono gli affaristi che cercano solo oggetti vintage (di almeno 20 anni) ma soprattutto iconici, altrimenti considerati "roba vecchia", quelli che "oggi costano molto ... ma domani di più", grande rotazione ma, non li suonano. Poi ci sono i collezionisti che amano tutti gli oggetti vintage, in quanto rappresentanti di un passato (ehhh ... sono collezionisti), li amano, ma non li suonano. Poi ci sono i musicisti collezionisti (che hanno un sacco di oggetti di cui non si libereranno mai), li amano e li suonano. Poi ci sono i musicisti affaristi, quelli che desiderano uno strumento, ma sono più preoccupati del loro valore alla rivendita che delle prestazioni sonore, dell'ergonomia e della bellezza. Volendo si potrebbero individuare altre categorie, ma secondo me basta per dire che c'è un mercato (consumatori) sufficientemente vasto per giustificare il fenomeno del "venti anni di età", che oramai colpisce tutti i settori. La settimana scorsa parlavo col mio barbiere, collezionista di dischi (13.000), che al mercatino mensile di Cento ha trovato un calendarietto profumato del '49 (quelli che i barbieri davano gratis a Natale) a + di 500€, e quel costo è calibrato sul mercato. Quindi perchè stupirsi? Questo è. Facciamoci un'esame di coscienza, che musicisti siamo? Possiamo permetterci di rivolgerci al vintage omologato? Non ne ricaveremo certo emozioni sonore proporzionate al prezzo, quando poi non siano solo convinzioni mentali, certamente qualche oggetto avrà pregi evidenti, ovviamente coadiuvato da una messa a punto certosina. O non possiamo permetterceli, o addirittura non c'interessano, al punto che fra un oggetto di 50 anni ed uno moderno, a confronto effettuato, valutati tutti i pro e contro scegliamo il moderno. Personalmente il vintage per il vintage non m'interessa, ma capisco chi invece ne ha la passione (io ce l'ho per il mondo Canon FD, per esempio). Spassionatamente, Paul.
Rispondi
di MAURIZIO [user #49375]
commento del 31/01/2023 ore 00:25:20
Canon FD? Capisco benissimo. Io ero canonista già nei primi anni '80: AE-1, AE-1 program, A-1, T-90. Non parliamo di obiettivi apocromatici e lenti a bassa dispersione.
Strumenti vintage? Capisco, ma non mi interessano. Mi sembra la fuffa di chi vuol convincersi che suonavano meglio perché sì. Io non ci credo: con la tecnologia del XXI secolo abbiamo strumenti enormemente più precisi, costanti, affidabili ed economici. Non sono d'annata? Grande capo indiano Esti Quaatsi.
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 31/01/2023 ore 00:44:52
Una considerazione di pragmatica. Il fenomeno inteso come tendenza ad andar dietro questo mercato sinceramente non lo seguo; lo ritengo figlio di un trend che si è liberi o meno di sposare, se uno ha voglia di spendere qualche migliaio di euro dietro a chitarre spesso appena decenti. Per strumenti di quel valore (5000/1000€) non lo vedo un fenomeno tanto diverso dalle mode, per questo lo metto nel novero del folclore. Nel mondo delle auto d’epoca, quindi molto maturo dal punto di vista della consapevolezza dei compratori, ci sono le vecchie, anche vecchissime: “facciamo finta di”, e quelle totalmente originali; le divide un abisso in caso di acquisto. Le chitarre vintage sono così, ma per la maggior parte dei chitarristi non è ancora chiara la differenza.
Faccio la tara su un paio di altri aspetti, e cioè sui collezionisti veri, quelli cioè che hanno un budget pesante per investire su strumenti da molte decine di migliaia di euro. Sinceramente credo che l’unico vero mercato vintage sia questo, che magari preferisco chiamare mercato degli strumenti storici…
Mia figlia suona il violoncello, io posso permettermi un onesto strumento da studio sotto le 1000€; ma ho scoperto che ci sono studenti in conservatorio che si trovano per le mani strumenti da 40/50.000€, molto più facilmente di quanto non credessi. Il papà di uno di loro, un imprenditore che se lo può permettere evidentemente, mi ha raccontato che è un modo come un altro di investire per chi deve diversificare. Ma un conto è un solo strumento, un conto è una scuderia di strumenti, anche perché vanno conservati in condizioni controllate, e vanno suonati periodicamente. Dunque un collezionista di questo tipo si accolla anche un bel daffare, e infatti a ben vedere qualcuno paga dei roadie apposta per suonare periodicamente la collezione e tenerla in perfetta efficienza. Nel costo dello strumento ci stanno dunque pure assicurazione, manutenzione, stanze controllate e roadie. Va da sé che puoi amare la musica quanto vuoi ma qui si tratta di un vero e proprio investimento. Perché, detto fuori dai denti, se li metti in banca fanno reddito e ci paghi le tasse, se li investi idem, se ci compri la Maserati o la barca idem, ma se investi in libri antichi, strumenti musicali, monete romane ecc… no! E qui veniamo al dunque, un collezionista non è detto che collezioni semplicemente per amor di strumento, certo potendo scegliere tra un libro rilegato da Guttemberg o una Les Paul ‘59 uno sceglie dove lo porta il cuore, e ci sono alcuni collezionisti che lo fanno con vero spirito di conservazione, ma quando si tratta di cifre davvero rilevanti, è comunque un modo come un altro per gestire i patrimoni.
Da qualche anno poi anche gli strumenti sono entrati nel mercato delle partite di giro. Nell’arte, soprattutto quella moderna e più concettuale ci sono circuiti molto chiusi e molto esclusivi dove ci si scambia opere di artisti semisconosciuti a botte da milioni, ma a ben vedere è un modo fittizio di mettere in circolo finanza e sostenere certi giri di amicizie che non ha necessariamente a che vedere con l’arte.
Insomma, per me il vintage ormai è un mercato inondato di pezzi mediocri; quelli che hanno un vero valore storico sono già dove devono stare, e se girano lo fanno in circuiti e per mani selezionati. Degli strumenti che restano in circolazione, quelli che girano sono perlopiù vecchi strumenti che chi ha fiuto per gli affari sa rivendere sfruttando la scia dei pezzi pregiati. Ogni tanto si affaccia qualcosa sul mercato ma non mi svenerei per una mediocre Stratocaster di metà settanta solo perché assomiglia a quella di Jimi. Per me, meglio una buona custom shop. Nos, preferibilmente…😇
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 31/01/2023 ore 01:45:47
Errata corrige: *(5000/10000€).
Rispondi
di zabu [user #2321]
commento del 31/01/2023 ore 05:41:59
Hai fatto un esempio molto pertinente quando, parlando del mercato collezionistico di alto livello, paragoni certe dinamiche del vintage a quelle del mercato d'arte. Credo anch'io che da diversi anni ormai i pezzi più pregiati si scambino all'interno di cerchie di collezionisti e di dealers. Per esempio, se c'è in vendita una Strato primi anni '60 in un Custom Color super raro con una documentazione certa di autenticità e provenienza, sarà probabilmente già piazzata prima di comparire nel sito di un dealer, perché quest'ultimo avrà già una lista di collezionisti e clienti facoltosi pronti all'acquisto. In giro infatti si vedono negli ultimi tempi soprattutto strumenti player grade o riverniciati o al limite, nel caso delle Fender, strumenti anche di annate pregiate ma con colori standard (sunburst per le Strato), ma poco di colori particolarmente rari.

Il punto è che, in conseguenza della scarsità di strumenti degli anni '50 primi anni '60 (quelli che veramente meriterebbero l'appellativo vintage nel senso di annate migliori), sono saliti alle stelle strumenti gli strumenti degli anni successivi. Io ricordo perfettamente che nei primi anni '90 potevi comprare una Telecaster del 67 o del 68 o una SG del 68 per un prezzo di poco superiore a quello di una riedizione dell'epoca. Ovvero in quel momento uno strumento di fine anni 60 era considerato una sorta di vintage di secondo rango, ancora perfettamente abbordabile per chi volesse qualcosa di diverso dalla produzione contemporanea. Ora anche quegli strumenti, -oggettivamente interessanti, ma non paragonabili a quelli costruiti fino a metà degli anni 60- sono arrivati a costare uno sproposito e non sono economicamente più tanto un'alternativa all'acquisto di uno strumento nuovo.
Rispondi
di ovinda [user #46688]
commento del 31/01/2023 ore 02:06:2
Sebbene io non sia molto legato agli strumenti d’epoca e ritenga che sul mercato ci siano strumenti prodotti negli ultimi anni di ottima qualità, devo dire una cosa: alla fine degli anni ‘90 un amico mi mise una telecaster in braccio e mi disse “suonala”. Ancora ricordo tutto di quella mezz’ora che trascorsi con quello strumento. Suono pazzesco, feeling incredibile, sensazioni mai provate prima. Dopo mi disse che era un Tele del 1958, che oggi viene venduta anche 20.000 €. Adesso non so dire se davvero uno strumento del genere possa valere tutti quei soldi, però devo dire che ricordo ogni secondo trascorso con quella chitarra in braccio a distanza di oltre 20 anni. Ci sono strumenti moderni ben fatti, piacevoli da suonare, con un ottimo suono e con cui vuoi trascorrere molto tempo. Poi ci sono strumenti con cui vorresti passare tutta la vita. E questa cosa ha un prezzo. PS: 100 dollari del 1973 equivalgono a circa 700 dollari odierni, ma uno stipendio medio in Italia era pari a 135.000 lire circa, cioè circa 232 dollari americani. Quando uscì sul mercato, la Fender Esquire (il modello di Tele con un solo pickup al ponte) aveva un costo di circa 139 dollari. Era normale negli anni ‘70 pagare uno strumento usato un prezzo inferiore al prezzo che aveva quando era nuovo, anche perchè il concetto di vintage non esisteva all’epoca, le chitarre usate erano semplicemente chitarre usate, non esisteva il collezionismo e ilmomdo della musica non era vissuto con l’idealizzazione e la mitizzazione che ci sono oggi. Gli strumenti erano strumenti e basta, ogni musicista tirava fuori un proprio suono identitario dal setup di strumenti e effetti che aveva, senza le menate de “il setup del disco x o del disco y”. Mi sembra che l’errore di base di questo articolo consista nel voler guardare al passato con l’ottica odierna, quando invece ogni epoca storica va valutata secondo quelli che erano i principi, gli usi e i valori di quel preciso momento storico.
Rispondi
di talpa [user #1842]
commento del 31/01/2023 ore 07:01:51
Amen . Ogni tanto spulciando nel web, vedo chitarre da me comprate e rivendute al massimo a 200.000 lire , vendute a 300/400 euro , solo perché "vecchie" .
Rispondi
di theoneknownasdaniel [user #39186]
commento del 31/01/2023 ore 08:54:02
Se devo vederla razionalmente, non comprerei mai e poi mai una chitarra degli anni '50/'60. Oggi sono costruite meglio, ottieni letteralmente il suono che vuoi, sono comode e facili da suonare.
Se tolgo la razionalità, possedere un pezzo di quella storia, pensare che il legno del manico sia passato dalle mani degli stessi operai che hanno prodotto la Strato di Jimi, che magari l'albero di partenza era lo stesso, immaginare quanti riff siano stati abbozzati, suonati bene o male, ed avere lo strumento tra le mani a raccontarmi tutti questi sogni e tentativi, soddisfazioni e frustrazioni, e poter essere io il tramite per il proseguire della Storia... beh, non ha prezzo, e giustifica il costo di una chitarra vintage.
Il prezzo, ricordiamocelo, lo fa il mercato, non il produttore, e le chitarre "vecchie" valgono perché in fondo siamo tutti degli inguaribili romantici.
Rispondi
di peppe80 [user #11779]
commento del 31/01/2023 ore 09:10:38
Parliamo di collezionismo, e basta. Aggiungerei che uno strumento per essere "Vintage" deve anche essere il capostipite di una serie, uno strumento che porta innovazione, dal punto di vista tecnico e/o sonoro, non certo una replica; un esempio, una strato anni 50 o 60 possono essere definiti oggetti vintage o meglio di valore storico (preferisco chiamarli cosi) in quanto furono i primi prodotti, rispettivamente con tastiere acero e palissandro, e ci puo stare un prezzo elevato se non altro da un punto di vista collezionistico, ma quando leggo su un importante testata on line di cui non faccio il nome che quest anno gli strumenti prodotti ne 1993 quindi con 30 anni alle spalle diventano vintage mi viene da ridere, praticamente tra due anni la mia strato American Standard del 1995 sara' uno strumento vintage? Nonostante ci sia affezionato secondo me sara' solo uno strumento vecchio prodotto 30 anni fa.
Rispondi
di Otanello [user #34562]
commento del 31/01/2023 ore 09:13:35
Non sono così bravo a suonare, né ho l'orecchio così fine, per poter apprezzare uno strumento vintage.
Mi trovo perfettamente nella tua descrizione, bell'articolo.
Rispondi
di claude77 [user #35724]
commento del 31/01/2023 ore 09:26:37
Riporto la mia esperienza basata esclusivamente su percezioni proprie non assolutamente oggettive e probabilmente opinabili. Sono un chitarrista decente, riesco a suonicchiare benino, ma sono bel lontano da essere un pro. Ho avuto ed ho suonato tantissime chitarre anche di pregio e una volta nella mia vita ho avuto la possibilità di suonare, per un'intera giornata con fior fior di ampli valvolari di qualità, una Gibson Les Paul 1956 con P90, originale d'epoca.
Allora se mi chiedeste se spenderei quella cifra per comprarla (20/30 mila euro) la risposta è no. Se mi chiedete invece se sentivo la differenza con strumenti di oggi la risposta è SI. Saranno i legni stagionati, sarà la manifattura d'epoca quello che vi pare, ma quello strumento era strepitoso. Un sustain infinito una morbidezza incredibile e udite udite non aveva tanto volume sembrava quasi, passatemi il termine, spompata con questo termine voglio dire la chitarra era tanto equilibrata e quindi mai troppo forte su nessuna delle tre posizione. Una dinamica pazzesca e una suonabilità invidiosa.
Detto questo non mi pongo assolutamente in contraddizione con l'articolo, ma io se potessi mettere le mani su strumenti vintage lo farei eccome.
Rispondi
di Ghesboro [user #47283]
commento del 31/01/2023 ore 14:10:16
Ma mollate le Les Paul d'epoca e prendetevi una Cort da 400 euro, ha le corde pure quella.
Rispondi
di MM [user #34535]
commento del 31/01/2023 ore 16:24:40
Bell'articolo, complimenti.
Personalmente (parere personalissimo) lo ritengo un fenomeno da feticisti, riservato a persone con notevoli disponibilità economiche e che non ha molto a che vedere con la musica suonata.
Rispondi
di Mm utente non più registrato
commento del 31/01/2023 ore 17:09:47
Ecco...alla stregua di un Rolex o di un chilo di oro....roba da bene rifugio...la musica quella vera e stata scritta spesso con strumenti di tutto altro tipo...
Rispondi
di RedRaven [user #20706]
commento del 31/01/2023 ore 22:04:21
Allora, che il vintage stia inghiottendo come definizione anche annate e strumenti discutibili a dir poco, è vero.
Ma il vintage quello vero, cioè le Fender pre-CBS, o in una certa misura fino al '68-'69 a seconda dei gusti, le Gibson che si fermano anche prima, erano spesso strumenti eccezionali. E il motivo c'è, in quei meno di 20 anni si sono usati legni che non ci sono semplicemente più, con metodi costruttivi che non si sono usati più per decenni. Poi quando ci si è tornati, non c'erano più i materiali. Oggi le true historic da 15mila euro non hanno il mogano usato nel '58, non hanno il palissandro brasiliano, e la cosa finisce li. Scarsa disponibilità, alta richiesta. O ne hai provato qualcuna, o l'hai sentita suonare, o no. E la domanda è: ma chi dice che una pre-cbs sia come una uscita ieri di fabbrica, ma ne ha mai provata una?
Rispondi
di pelgas [user #50313]
commento del 31/01/2023 ore 22:18:47
boh. ho capito che le strat degli anni settanta stanno schizzando di prezzo. e restano strumenti complicati da gestire sotto tutti i punti di vista. quindi è esclusivamente roba da scoppiati il vintage
Rispondi
di Ros_Cjarnia utente non più registrato
commento del 01/02/2023 ore 08:18:48
Complimenti per l'articolo. La mania del vintage "a tutti i costi" sicuramente ha dato il via ad un esplosione ingiustificata dei prezzi per strumenti che nei fatti non sono vintage ma semplicemente "datati". La cosa che mi fa arrabbiare di più però è leggere tutte le fandonie che alcuni (parecchi) soggetti scrivono nel testo degli annunci cercando di dare una patina di "unico&raro",e quindi giustificare il prezzo esagerato di strumenti che sono sicuramente buoni ma altrettanto sicuramente non rari,unici o introvabili : falsità inesistenti,informazioni totalmente sbagliate,leggende lette qua e la su internet senza nessuna fonte e date per verità assolute,e poi i classici "niente a che vedere con le chitarre odierne" "a livello delle odierne custom shop"... altre sequele di ca***te che possono far cadere in trappola persone inesperte che spenderanno troppi soldi convinti di portarsi qualcosa che viene venduto come "unico,raro,da collezione" ma in realtà non lo è. Basta farsi un giro su mercatino per rendersi conto che su 1600 Stratocaster attualmente in vendita,almeno i tre quarti vengono vendute come strumenti rari&preziosi con prezzi gonfiati e con annunci pieni di bugie, inesattezze,leggende metropolitane e chi più ne ha più ne metta. Ma poi mi chiedo,se il 75% di queste chitarre sono così importanti e fuori dall'ordinario,come mai sono li in vendita? Io se avessi una chitarra così buona non la venderei nemmeno se stessi per finire in mezzo ad una strada...e qui subentrano i vari "vendo a malincuore" o "dalla mia collezione privata" (che significa due epiphone,una eko,due squier e una gio ibanez..) "vendo per sfoltimento parco chitarre*... Ovviamente come ogni bolla speculativa ad un certo punto i prezzi crolleranno,ma nel frattempo ci sarà sempre qualche sprovveduto che purtroppo pagherà troppo per qualcosa che non vale realmente così tanto....
Rispondi
di claude77 [user #35724]
commento del 01/02/2023 ore 08:27:11
Analisi quanto mai corretta e puntuale. Io mi diverto, a volte, a leggere gli annunci su MM dove le persone si sbizzarriscono in descrizioni cariche di enfasi ognuno che vende uno strumento che sembra essere unico ed introvabile. Io anche al momento ho uno strumento in vendita su MM e se leggi la mia descrizione è quanto mai aderente alla realtà e sobria come dovrebbe essere ogni annuncio.
Rispondi
di Mm utente non più registrato
commento del 01/02/2023 ore 13:41:46
Pure molti negozianti.....quando dicono suonabilita fuori parametro.....ormai giocano tutti a vendere aria fritta,ma e giusto così se c e chi compra un na chitarra usata a 100 euro in più del nuovo....
Rispondi
di Yago71 [user #55788]
commento del 01/02/2023 ore 13:38:33
100 minuti di applausi !!!
Articolo e disamina ineccepibile 👍
Rispondi
di rmorelli [user #62940]
commento del 03/02/2023 ore 08:19:26
Che poi ad essere riduttivi, ma perché una strato del 65 dovrebbe suonare meglio di una nuova di zecca costruita con tecnologia e manodopera di altissimo livello secondo le stesse specifiche? semmai suonerà diversamente ma non in modo migliore.
Rispondi
di MAURIZIO [user #49375]
commento del 03/02/2023 ore 11:48:25
Pane al pane, senza giri di parole.
Rispondi
di RedRaven [user #20706]
commento del 04/02/2023 ore 20:35:46
ci puoi ragionare tutto il giorno e non trovare il perchè dovrebbe suonare meglio (ma poi, hai studiato fisica dei materiali? liuteria? su che basi parliamo?) , e poi prenderne una in mano e scoprire che suona meglio, anche senza aver capito il motivo. E per "meglio" intendo più dinamica, più sfumature, più definizione, più colore. Bastano anche alcune prove fatte anche qui su Accordo. Ovvero: se tu non riesci o non vuoi trovare il motivo, non vuol dire che le cose non stiano così. Poi, per alcuni tipi di strumento la spiegazione parte dal fatto che determinati legni non sono più usati commercialmente perchè di specie protette. Li la cosa si fa semplicissima. La differenza tra palissandro brasiliano e indiano si sente anche con un pezzo grezzo e un martelletto, c'è un video di Paul reed Smith piuttosto educativo a riguardo. A proposito, nello stesso video si sente che a seconda della direzione in cui il legno è sollecitato produce una nota diversa, questo i tuoi modelli lo spiegano?
Rispondi
di rmorelli [user #62940]
commento del 05/02/2023 ore 08:47:4
Io non ho studiato fisica ma tu non sei pratico con l'italiano.
Lo riscrivo
"semmai suonerà diversamente ma non in modo migliore."
Rispondi
di RedRaven [user #20706]
commento del 05/02/2023 ore 14:45:06
Io sono praticissimo con la lingua italiana, non è certo iniziando a insultare in modo scomposto che riuscirai a cavartela. Comunque fai così: goditi la tua Ibanez e raccontati che il vintage è tutto una bolla, una speculazione di una cricca granosa. Vivrai benissimo.
Rispondi
di rmorelli [user #62940]
commento del 05/02/2023 ore 15:10:43
Qui nessuno ti ha insultato, oltretutto temo che tu mi abbia scambiato per qualche altro "leone da tastiera" visto che parli di ibanez (mai posseduta una in vita mia e nemmeno provata) e modelli (??).
Vivo benissimo già adesso e scrivo quel che penso, passa oltre se non ti piace... ma chi ti conosce poi...
Rispondi
di RedRaven [user #20706]
commento del 05/02/2023 ore 15:22:47
Appunto, chi ti conosce? "tu non sei pratico con l'italiano" l'ho scritto io? Il ragionamento che hai esposto denota limitate conoscenze tecniche e liuteristiche ("ma perché una strato del 65 dovrebbe suonare meglio di una nuova di zecca"), invece di porre una domanda e cercare una risposta, salti alla conclusione: "semmai suonerà diversamente ma non in modo migliore". Non sai, ma concludi, e presumi di sapere. Incredibile, non leggo mai di persone che hanno posseduto decine di strumenti vintage, ed hanno concluso che è più o meno quel che trovo in negozio. invece stranamente chi dice che sia una moda infondata, incredibilmente non ne possiede mezza. Ma poi chiaro, il problema sono io che ho problemi con la lingua italiana.
Rispondi
di RedRaven [user #20706]
commento del 05/02/2023 ore 14:45:06
Io sono praticissimo con la lingua italiana, non è certo iniziando a insultare in modo scomposto che riuscirai a cavartela. Comunque fai così: goditi la tua Ibanez e raccontati che il vintage è tutto una bolla, una speculazione di una cricca granosa. Vivrai benissimo.
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