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Suonare veloce, la volpe e l’uva
Suonare veloce, la volpe e l’uva
di [user #17844] - pubblicato il

Non c’è una sola ragione al mondo per cui suonare poche note sarebbe meglio di saper eseguire passaggi veloci e tecnicamente complessi.
È uno dei temi che più divide i musicisti, forse anche più gettonato del sempreverde “analogico contro digitale”. Nei giorni scorsi mi è tornato alla mente dopo aver visto più volte uno specifico video girare sui social: era un’esibizione del chitarrista Pasquale Grasso che, con Emmet Cohen al piano, Kyle Poole alla batteria e Russell Hall al contrabbasso, si lanciava in una versione frenetica - indiavolata direi - dello standard jazz “Cherokee”.



Il video è vecchio di un anno, ma per qualche motivo negli ultimi giorni ha affollato i miei feed, con svariate notifiche di commenti e condivisioni.
I musicisti coinvolti sono eccellenti, non c’è che dire, eppure il tenore medio dei commenti era ipercritico. Le considerazioni erano per lo più rivolte alla velocità di esecuzione e alla quantità di note infilate negli assolo, ritenute superflue, vuote di significato da chi, probabilmente, ignora le mitragliate messe a punto oltre mezzo secolo fa da chi quel brano lo ha reso uno standard, oltre ad aver contribuito a codificare l’intero linguaggio del jazz e del bebop.
Per fare un nome, ecco Charlie Parker suonare lo stesso brano nel 1946.



Certo, il metronomo non è altrettanto veloce, ma di certo non è una ballad. Eppure, “Bird” aveva dimostrato in molteplici occasioni di saper sfoderare un pathos senza eguali nei passaggi lenti, tanto quanto un’espressività e una complessità rara in quelli veloci.

Forse la chiave è proprio lì, nella padronanza della tecnica musicale (intesa come conoscenza della teoria e relativa applicazione pratica) e della meccanica sullo strumento al servizio dell’espressività.
Facciamo un altro esempio, per restare nel genere. Il John Coltrane di “Naima” è un esempio di lirismo magistrale.



Sembra impensabile che, dallo stesso sassofono, sia potuto uscire un brano cervellotico, velocissimo, complicato all’inverosimile come “Countdown”. Eppure neanche lì c’è una singola nota fuori posto, e sfido chiunque a dire che quei fraseggi sono superflui o poveri di significato.



Torniamo in ambito chitarristico. Quando si pensa alla velocità di esecuzione, si sfocia spesso in vere e proprie esasperazioni ai limiti della parodia. Ho trovato sempre molto divertente, per esempio, una specifica citazione di Yngwie Malmsteen circa il detto “Less is More”, “meno è più” come invito a non strafare.
“Come può essere più il meno, più è più!” recita Yngwie, ed è la sintesi perfetta del suo personaggio.
Malmsteen può piacere e non piacere, è innegabile la sua predilezione verso i brani veloci, ma sullo stesso tema vediamo esprimersi anche un chitarrista che sì, è in grado di far girare la testa con scaricate di note, ma anche di creare immagini bellissime con pochi suoni.
Interrogato a riguardo, Guthrie Govan in una vecchia intervista ci raccontava: “Sono un tipo magrolino e nervosetto, bevo un sacco di caffè, parlo veloce e suono veloce”.
Per lui, insomma, è un semplice modo di essere, un modo specifico di pensare che porta a un linguaggio ben preciso. Ciò non toglie che, anche se si conoscono un sacco di parole difficili e si è in grado di pronunciare scioglilingua complicatissimi, si possa essere bravi nel trasmettere emozioni, che sia con poche parole pronunciate tra lunghe pause, o con tantissime a ritmo concitato. Tutto sta a quello che si vuole trasmettere, finché si ha padronanza del mezzo. Insomma, si può scegliere. In fondo, la musica è fatta anche di contrasti, e magari è proprio un’accelerata improvvisa prima di un lungo bending a dare ancora più valore a quella nota lenta, e ogni aspetto controbilancia l’altro per far sì che il playing sia stimolante, interessante, mai piatto nell’una o nell’altra direzione.



Non è possibile invece il contrario: se passi tutta la tua vita con la convinzione che poche note siano meglio di tante, a prescindere, stai limitando la tua espressività. E, se la pensi così, potrebbe essere proprio perché non ti sei mai sforzato a cercare di comprendere quei linguaggi che a te sembrano vuoti, superflui, ma che forse - e ripeto forse - ti appaiono così solo perché tu non sei abbastanza preparato per comprenderli, per goderti il loro contenuto.
A questo proposito, condivido un ricordo: Stefano Bollani, durante un seminario tenuto al conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli. Erano i primi anni del corso jazz e gran parte del pubblico era ancora composto da studenti del vecchio ordinamento, quello di sola musica classica, alcuni dei quali non vedevano proprio di buon occhio i musicisti jazz, le loro “note messe a caso”, quelle canzoni che “non si capisce come iniziano e come finiscono”.
Bollani è strabiliante, come musicista e come oratore. Nel momento delle domande, uno studente lo sfida: “i jazzisti fanno il tema, poi ognuno suona per un po’ e a un certo punto il pezzo finisce, non si capisce niente”.
“TU non lo capisci” fu la risposta tanto secca quanto eloquente di Bollani.
Forse, è davvero tutto qui.

Insomma, questa è la mia idea. Come recita un meme di internet: “change my mind”.
curiosità guthrie govan musica e lavoro yngwie malmsteen
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di BizBaz [user #48536]
commento del 23/02/2023 ore 09:11:15
Boh. Niente di trascendentale, non mi sembra nulla che non si sia già sentito nel Jazz, quindi non capisco le critiche. Anche perché Cohen suona sciorinando lo stesso profluvio semicrome e non ci trovo niente di scandaloso. Se proprio devo fare un appunto direi che a quella velocità la chitarra suonata così pulita perde molto di intelligibilità quindi, a mio avviso, sarebbe stato meglio avere un suono leggermente più increspato. Però poi lì ti vai a scontrare con certi cliché del chitarrismo jazz che è meglio lasciar perdere.
PS l'assoletto di batteria che fa tanto tendone da circo, non si può sentire
Rispondi
di MM [user #34535]
commento del 23/02/2023 ore 09:32:14
Bollani ha perfettamente ragione: TU (e in quel Tu ci sono anch'io) non lo capisci.
Ma il punto non è quello, il punto è che per me (e sottolineo per me) di tratta di musica di una noia mortale.
Rispondi
di sonicnoize [user #36973]
commento del 23/02/2023 ore 09:44:04
hai sintetizzato in tre righe il pensiero di molti.
Riguardo la velocità di esecuzione vorrei solo ricordare a tutti quando Richard Benson si autoproclamò il chitarrista "più veloce al mondo".

il vero genio era lui.
Rispondi
di MM [user #34535]
commento del 23/02/2023 ore 09:53:1
... anche perché la Musica, non è da capire, è da accogliere e gioirne.
Rispondi
di Ampless utente non più registrato
commento del 23/02/2023 ore 10:13:49
Certa musica e certe frasi veloci calate nei giusti contesti hanno per me un senso e il loro perché.
Quel che io non capisco è il bisogno di dover a tutti i costi cercare di capire le critiche degli ascoltatori,
sia che siano oggettive, sia che siano soggettive..
La morale per me rimarrà sempre la medesima, io ignoro la musica e gli artisti che non mi piacciono e ignoro chi commenta con i propri gusti diversi dai miei artisti che magari a me piacciono..
d'altro canto, chi si mette in esposizione deve mettere in preventivo ogni tipo di critica purché il tutto non degeneri in offese o risse verbali.
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 23/02/2023 ore 10:34:43
La velocità, la lentezza… di esecuzione è un veicolo espressivo, come stabilire se fare un glissato o un hamer on. Io credo. Il punto è l’equilibrio, e la consapevolezza del senso di quello che stai facendo. La musica è linguaggio dell’anima, può produrre poesia sonora, per evocare sensazioni, emozioni, ricordi, suscitare, titillare corde che forse neanche noi sapevamo, e commuoverci o eccitarci. Ma la musica è, può essere, anche intrattenimento, show, fuochi d’artificio, show per lo show, puro e semplice cazzeggio, gioia di vivere, divertimento dell’esecutore, di gigioneria dell’esecutore per il pubblico, atletismo senza limitismo, a fini di spettacolo, e il pubblico apprezza anche questo, ed è giusto che sia così, lo show, l’emozione dello show, è anche l’esecuzione in sé, non necessariamente la partitura. Con tutte le sfumature intermedie. Equilibrio. Ci vuole equilibrio, a volte c’è, a volte no, e tutte le sfumature intermedie. E poi, non tutti i pubblici sono uguali… Certe cose sono per differenti cataloghi. Difficile vedere il pubblico di Sanremo pogare come a un concerto degli Slipknot. Nei mitici 80s un concerto heavy rock senza uno show paganiniano del chitarrista ti lasciava sempre un certo senso d’incompiuto, altrove potrebbe apparire fuori posto come l’altrettanto mitico assolo di Marty Mc Fly.
Puoi eseguire un’opera pensata dall’inizio alla fine in ogni suo micro aspetto: emotivo, esecutivo, di un racconto che si snoda come la trama di un romanzo perfetto, di relazione matematica fra le note, percezione fisica e metafisica dell’interazione delle frequenze, del sound design, una nota suonata con o senza un certo effetto produce un’emozione totalmente diversa, non parliamo della relazione con le altre note attorno, con gli altri strumenti attorno. I pianisti classici cercano nel ribattuto, nel modo di premere un tasto, un certo effetto né più né meno di quando un chitarrista cerca un certo tocco per una certa nota. Prova a suonare il Tempo impetuoso d’estate a una velocità impropria e otterrai l’effetto di una innocua brezza primaverile, applicalo senza uno studio critico a tutte e quattro le stagioni e meglio sarebbe andare in pizzeria quella sera.
Io sono della scuola che pensa che certe opere d’arte, di musica, di canzonette o sinfonie, esistono già da qualche parte in un altroluogo parallelo e il compositore è l’antenna che capta quelle interferenze nel nostro mondo e le mette giù, e quella cosa ha un suo modo di essere così, per essere così, che suona così perfetta e la ascoltiamo come fosse da sempre già scritta, sepolta dentro di noi ma dimenticata, non ancora emersa, affiorata alla consapevolezza. Cambiarla non evoca più la stessa cosa. Paul Mc Cartney era convinto di aver copiato Yesterday dopo averla sognata, perché gli sembrava assurdo una cosa così non fosse già stata scritta.
Non tutto nasce così, esiste il medio e il mediocre, e fa parte della vita. Alcune opere, esecuzioni, composizioni sono robetta, altre robaccia o roba di poco conto e convive accanto a cose molto più elevate, ma che senso ha mettere accanto Arancia meccanica e Grande fratello vip? Nascono con ragioni e scopi diversi, per pubblici diversi. Da talenti diversi. Siccome tutti, in fondo, dobbiamo pur mangiare, e anche chi genio non è. Non nego un mio certo ggióvane sciovinismo davanti alle trasmissioni TV di liscio, ma sarei uno snob sciocco e irriverente se non considerassi dietro tutto quello un’intera scuola di pensiero e filologia storico-musicale di una cultura popolare che s’ibrida degli echi della musica colta, e un intero mondo di gente che frequenta sagre e balere e si diverte a commentare tra una mazurca e una polka, la svisata del fisarmonicista, il cantante piacione e la microgonna della corista, e si trascina il ricordo di un’esistenza contadina che è anche una vita che richiama a una semplicità hobittiana del senso delle cose.
Non si può assolutizzare. Sarebbe come buttarla in politica e dire che i rossi hanno sempre ragione e i neri sempre torto senza peraltro guardare ai casini che entrambi hanno combinato.
Un pezzo che ha la sua regione d’essere solo suonato veloce deve essere suonato veloce. Che senso ha Got a match a 40 di metronomo? E che senso ha Fade into you a 180? Il musicista che mette il lento nel veloce o viceversa senza rispettare il senso del racconto è uno che non ha la sensibilità per capire ciò che sta facendo, a volte magari ci sta perché lui ha capito se e come può starci, ma è una questione di sensibilità, la velocità non c’entra, è un problema dell’esecutore. Tutti possono imparare a suonare uno strumento, come tutti abbiamo imparato a parlare, ma c’è una grossa differenza da persona a persona riguardo ciò che diciamo.
Rispondi
di MM [user #34535]
commento del 23/02/2023 ore 10:47:07
Sempre sintetico tu... :-))
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 23/02/2023 ore 10:49:04
Giuro che me lo sono detto da solo dopo aver premuto il tasto invio🤣🤣🤣
Rispondi
di Ampless utente non più registrato
commento del 23/02/2023 ore 11:03:32
Giuro che se ho problemi con la giustizia ti ingaggio come avvocato penalista, se mi fai una arringa così vinco la causa di sicuro, ahahahah
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 23/02/2023 ore 11:18:44
❤️😅
Rispondi
di f.n [user #3760]
commento del 23/02/2023 ore 11:30:44
Da professionista del settore, il punto è se qualcuno la ascolta ;)
Rispondi
di teppaz [user #39756]
commento del 23/02/2023 ore 15:26:46
Se suoni come scrivi sei il nuovo Van Halen....
Rispondi
di Ernestor [user #46937]
commento del 23/02/2023 ore 15:51:16
Ahaha, magari amico mio, magari😄
Rispondi
di marcoecami [user #54447]
commento del 23/02/2023 ore 12:02:43
È vero, la discussione poche note o tante note non ha senso, perché ci sono passaggi che richiedono di essere veloci. Io ho iniziato a suonare la chitarra perché volevo suonare assoli veloci. Adesso privilegio anche altri aspetti, come le pause (sapere dove e come usarle) o la dinamica: spesso questi due semplici ingredienti fanno la differenza per rendere migliore il brano. L'obiettivo è appunto rendere bello un pezzo, non far vedere quanto si è veloci. Forse alcuni chitarristi, si fanno spesso prendere la mano e sembra quasi una gara al "chi ce l'ha più lungo".
Rispondi
di Repsol [user #30201]
commento del 23/02/2023 ore 12:34:14
"se passi tutta la tua vita con la convinzione che poche note siano meglio di tante, a prescindere, stai limitando la tua espressività. E, se la pensi così, potrebbe essere proprio perché non ti sei mai sforzato a cercare di comprendere quei linguaggi che a te sembrano vuoti, superflui, ma che forse - e ripeto forse - ti appaiono così solo perché tu non sei abbastanza preparato per comprenderli, per goderti il loro contenuto."

Dopo questa affermazione mi son sentito quasi triste ma poi ho pensato di essere in buona compagnia: B.B. King, Keith Richards, George Harrison, David Gilmour etc...
Scherzo ovviamente, l'articolo è molto bello e offre dei bei spunti di riflessione.
Rispondi
di shaggy [user #6415]
commento del 23/02/2023 ore 13:24:08
La musica è un linguaggio e, come come in ogni linguaggio, più parole conosci più hai possibilità di esprimerti. Sta poi all'artista decidere quali parole usare e soprattutto come usarle. Puoi essere Unagaretti e prendere tre parole in croce e farne poesia o essere un Fabio Volo e scrivere pagine e pagine di poco o niente. Siete sicuri però che lo studio e le conoscenze linguistiche di Ungaretti per scrivere i suoi versi ermetici siano minori di quelle di Fabio Volo? Io non credo proprio.. ;-)
Rispondi
di Sykk [user #21196]
commento del 23/02/2023 ore 13:39:48
Suonare veloce se lo sai fare è un bene, se sai quando farlo è meglio.
ah.. si lo ammetto, il jazz IO non lo capisco.
Limite mio? Assolutamente, ma il risultato non cambia, ne faccio ben volentieri a meno.
Rispondi
di DiPaolo [user #48659]
commento del 23/02/2023 ore 14:38:40
Personalmente ritengo che il suonare veloce, più velocemente, sia una tecnica importante (che non penso di possedere), permette un maggior controllo nelle esecuzioni a velocità normale. Se però non si sa mettere gli accenti dove serve, soprattutto nelle esecuzioni lente (come sento fare spesso), allora è bene ricominciare da lì, prima di spingere sull'accelleratore, come si fa quando si cerca d'imparare un brano a memoria, si parte lentamente e si accellera quando ce lo si può permettere. Suonare veloce per suonare veloce, senza riuscire a trasmettere emozioni NO, suonare veloce in quanto il brano lo richiede, in quel punto, a quel modo SI ... se si è in grado di farlo, altrimenti, nell'attesa, privileggiamo le emozioni. Paul.
Rispondi
di teppaz [user #39756]
commento del 23/02/2023 ore 15:28:51
Ora vi spiego:
un assolo veloce suonato bene è meglio di uno lento suonato male, e viceversa.

Possiamo chiudere.
Rispondi
di Francescod [user #48583]
commento del 23/02/2023 ore 15:59:27
Un primo fattore da tenere in considerazione è l'abitudine. È ovvio che chi è assuefatto all'ascolto di musica veloce o anche lenta ma con musicista che suonano scariche di note veloci faccia meno fatica ad assorbire quel che accade in quei brani. Mentre chi ascolta solo musica commerciale troverà certi generi completamente indigeribili e incomprensibili perché è abituato a strutture semplici, poche note e un ritornello che più comprensibile non potrebbe essere.
L'articolo comincia con "non c'è una sola ragione al mondo"... ecc. Non è così. Ragioni ce ne sono. Innanzitutto la lentezza è chiaramente più facile da interiorizzare. L'orecchiabilità è un altro fattore e non va facilmente a braccetto con la velocità. Ecco perché tantissimi ritengono migliore la lentezza e sono convinti che espressività e lentezza siano inscindibili.
Nessuno costringe qualcuno ad ascoltare musica diversa da quella che si reputa immediatamente apprezzabile. È una questione di carattere, di attitudine. Personalmente ho una grande curiosità quindi non mi dispiace andare incontro alla musica, anziché aspettare da fermo che sia la musica a soddisfare immediatamente i miei gusti di base.
Ritengo sia un vero peccato perdersi delle vere e proprie gemme musicali soltanto perché si è poco assuefatti a certe velocità, a strutture più complesse, a tempi più dilatati.
Rispondi
di francescolomunno [user #38311]
commento del 23/02/2023 ore 18:59:26
L'equivoco alla base dell'annosa polemica "tecnica vs. cuore": non è detto che chi suona veloce non sappia suonare poche note (ce ne sono, ma non è la norma): Malmsteen fa bending intonatissimi, ha un vibrato da paura. Se sai fare entrambe le cose e sai dosarle, è il top. Se sai suonare solo lento, non sei un musicista "di cuore", sei semplicemente limitato tecnicamente.
Rispondi
di enricofra [user #29774]
commento del 23/02/2023 ore 19:26:09
Vorrei essere limitato tecnicamente come Gilmour, Clapton, Santana.. ..
Rispondi
di francescolomunno [user #38311]
commento del 23/02/2023 ore 19:29:13
Esatto, sei pienamente caduto nell'equivoco di cui scrivevo io: tu sei sicuro che i 3 da te nominati, se volessero "correre" non ne sarebbero capaci? Non fosse altro perché hanno una chitarra in mano da 50 e più anni? Io parlo di chi giustifica i limiti tecnici e la pigrizia col "cuore".
Rispondi
di enricofra [user #29774]
commento del 23/02/2023 ore 19:36:04
Esatto...... però penso proprio che quelli che ho citato non sono assolutamente capaci di suonare come Vai .....e soprattutto non ne hanno bisogno
Rispondi
di enricofra [user #29774]
commento del 23/02/2023 ore 19:33:03
Io penso che quello che conta sono le emozioni che uno sa trasmettere.......virtuosismi o meno l'importante è l'espressività intesa come capacità di trasmettere..... è chiaro che la musica complessa non è per tutti ma spesso solo per gli "addetti ai lavori", ecco perché "TU non lo capisci"...... però secondo me con questa affermazione si sfocia nella presunzione di essere superiori.....ma esiste veramente una musica superiore ad un altra? Forse esistono solo livelli diversi di presunzione....... d'altronde la musica esiste da molto prima che qualcuno catalogasse le note ed i generi musicali con i nomi che hanno oggi....
Rispondi
di enricofra [user #29774]
commento del 23/02/2023 ore 19:38:35
Penso che Gilmour non sappia suonare veloce come lo intendiamo, cioè a livelli importanti, ma non gli interessa minimamente perché predilige la musica che a lui piace e quella fa, punto
Rispondi
di la feccia [user #4019]
commento del 23/02/2023 ore 22:30:31
Da 20 anni sento questa tiritera…. Nel 100% dei casi ,in cui ho sentito criticare chi faceva tante note ( Malmsteen, vai , Gilbert) , l’individuo in questione ( allievo o collega ) non era in grado di farle, esattamente come la volpe e l’uva … e su 10 bending eseguiti 7 erano stonati e 3 sbagliati… tutti fan di gilmour e compagnia. Questo non vuol dire che tutti i virtuosi siano migliori dei “manolenta” ma che la tecnica è un mezzo , se ce l’hai hai solo da guadagnarci… andate dai pianisti e i violinisti classici raccontando che le note si fanno col cuore e che avere la tecnica necessaria per affrontare il repertorio è ridondante. Questa gente studia e si fa un mazzo mostruoso senza tante paranoie, se serve suonare poche note se ne fanno poche, se ne servono tante se fanno tante. Rispondendo a qualcuno (sopra o sotto, non so dove finirà questo commento) No: Gilmour, Santana o Clapton non sanno “correre “, non hanno gli studi e le capacità velocistiche di un chitarrista moderno, detto questo mi piacciono molto ma molto di più di un Jason Richardson, uno stephen Taranto o un Pasquale grasso ( di cui non posso fare a meno di ammirarne una precisione tecnica invidiabile e da cui c’è sempre da imparare). Secondo me il vero problema è la qualità delle composizioni, ormai è tutto una backin track su cui si sweeppa, i pezzi di satriani, Malmsteen, Gilbert, Toto, dream theater invece erano bei brani, sia nelle parti liriche che in quelle veloci. Nessuno poi parla mai del fatto che saper suonare veloce è maledettamente divertente, uno sfogo, una sfida. Senza contare che non ci si caga troppo addosso se bisogna suonare un brano con due quartine in croce a 110bpm… il problema è sempre la voglia di studiare
Rispondi
di enricofra [user #29774]
commento del 23/02/2023 ore 22:36:08
Concordo in pieno.....come chitarrista scarso mi piacerebbe suonare meglio e veloce ma non ho più il tempo e le capacità......mentre come ascoltatore se un brano mi piace mi piace punto e basta, non è che se semplice o ipertecnico cambi qualcosa nel mio giudizio o nel piacere di ascoltarlo.
Rispondi
di enricofra [user #29774]
commento del 23/02/2023 ore 22:40:34
Inoltre non critico i virtuosi, anzi molti mi piacciono come Satriani e Vai, ma se dovessi citare i miei assoli preferiti ti direi samba pa' ti, Europa, comfortably numb, another brick in the Wall e via di seguito....
Rispondi
di E! [user #6395]
commento del 24/02/2023 ore 10:49:57
" Secondo me il vero problema è la qualità delle composizioni, ormai è tutto una backin track"

Totalmente d'accordo.
Aggiungo che alcuni pezzi di artisti "nuovi" (per me) grandiosi sono davvero poco chitarristici.. E questo allontana il chitarrista "classico" dall'ascoltarli, gran peccato.
Rispondi
di fa [user #4259]
commento del 23/02/2023 ore 23:20:00
Un bravo musicista sa suonare nel modo giusto e con lo stile giusto su ogni brano. La velocità è uno dei colori sulla tavolozza del musicista. Così come la dinamica, i bending, i vari tipi di vibrato, la pronuncia.. poi c’è la scelta delle note, le frasi, le pause. In più la chitarra elettrica ha anche tutto il tema dei suoni. Si dà molta importanza alla velocità perché attira l’attenzione… di più di un bel suono o un bending intonato. Tutto qui, a mio parere. Ciao Fab
Rispondi
di MM [user #34535]
commento del 24/02/2023 ore 17:13:29
Io invidio molto chi sa suonare veloce, non dico qualche passaggio veloce, intendo veloce per lungo tempo e senza ciccare una nota, perché io non lo so fare.
È frutto di tanto studio, è un valore aggiunto, e non mi sogno neanche lontanamente di fare discorsi da "volpe e uva".
Detto questo, un conto è suonare veloce, e un conto è fare musica che a me piace.
Tanti artisti che prediligo, non sanno suonare veloce, alcuni sì.
Il bebop, non lo reggo per più di qualche minuto, sarà un problema mio, ma tant'è, come altri generi che basano tutto sulla velocità.
Invece mi piacerebbe molto eseguire pezzi veloci in brani pop-rock, ma bisogna studiare, tanto, e uno arriva fin dove riesce. Dovè il problema.
Chi fa come la volpe, ha capito poco.
Rispondi
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di Jumpy [user #1050]
commento del 24/02/2023 ore 19:48:14
Per me (e come ho letto, anche per altri) la scaricata di note veloci ci sta, purché inserita nel contesto adatto ed abbia senso compiuto, nel jazz/fusion, come nel rock, penso ad esempio a Pat Metheny, Guthrie Govan (tecnicamente forse il miglior chitarrista contemporaneo) per citare i due miei preferiti che a volte negli assoli suonano, come si suol dire "a sedicesimi fissi"... da cui la sensazione, letteralmente, di valanga di note.
E' una questione di tecnica? Certo, è sempre anche una questione di tecnica sia suonare "lento" che "veloce"... sono difficoltà diverse.
Bollani? Un grande, ha perfettamente ragione, io stesso certa musica ho iniziata ad apprezzarla "da grande" sulla base di ascolti consigliati e guidati in un corso di teoria e tecnica dell'improvvisazione.
Rispondi
di bobbe [user #36282]
commento del 26/02/2023 ore 13:10:23
L'unico "virtuoso" che riesco ad ascoltare è Van Halen. Gli altri bravi, per carità, il problema è che fanno una musica a mio gusto orrenda.
Rispondi
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