Approfondiamo questa eccezionale possibilità di studio che ha, come suo fiore all'occhiello, una votata sensibilità a fornire gli strumenti per l'inserimento nell'attività professionale e lavorativa. Abbiamo intervistato Franco Mussida (icona della musica italiana e fondatore e presidente del CPM) e i due docenti di chitarra e basso, Michele Quaini e Antonio Petruzzelli.
FRANCO MUSSIDA
Uno degli aspetti valutati nel test di ammissione ai Corsi Accademici del CPM è il livello di Maturità Musicale del candidato. Ci aiuti a delineare tratti e competenze che rendono un musicista maturo?
Un musicista si può dire maturo quando partendo da una sua attitudine musicale, un tempo si diceva “quel ragazzo ha orecchio…”, è riuscito a lavorare su una somma di diverse sensibilità.
Quella del trattamento istintivo del suono, a prescindere dallo strumento, per offrirlo di buona qualità a chi ascolta. Il bel suono si genera grazie alla concomitanza di una buona tecnica strumentale, che prevede un agire sulle corde con perizia, mettendo bene in evidenza la “pronuncia”, ovvero l’abilità di dosare piano e forte, quindi la dinamica, sia del volume di ciascun suono sia la capacità di governare il timbro, anche questo in modo naturale.
La capacità di stare nel tempo. Suonare senza perdersi per l’avvicendarsi di sincopi o poliritmi, ma surfarci sopra. Suonare fuori dal tempo con consapevolezza, suonare in avanti o indietro. Aver sviluppato un sentire melodico, un “orecchio relativo” che tende riconoscere e memorizzare l’altezza di un suono, da solo o in sequenza, suonando con consapevolezza le melodie nei diversi profumi e colori della modalità. Un musicista è maturo se sa lavorare con l’intervallistica con proprietà, sapendo riassumere l’armonia. Oltre alla attività teoriche, leggere, eseguire, interpretare anche in vari stili, scrivere e improvvisare, sono le aree che, specie nel triennio accademico, sono il training che porta alla maturità.
Tra le materie dei Corsi Accademici c'è CREATIVITA, qualità che parrebbe una dote innata, un talento che un musicista possiede o non possiede. Come si affina la creatività in un musicista? O - addirittura - si può trasmettere la creatività a chi magari non l'ha mai cercata o coltivata, inseguendo solamente un profilo da grande tecnico o esecutore?
La creatività è certamente una qualità individuale, si potrebbe dire un'attitudine legata anche ad un piacere per la curiosità. Una disposizione che in fondo però è in tutti, per cui può essere educata, fatta crescere. L’attitudine nasce da capacità visionare, dall’immaginazione, da un'accentuata frequentazione di sé stessi da qualità introspettive. Educare il sentire, andare oltre il ripetere nei minimi dettagli ciò che si ascolta, è una buona vitamina per chi non si sente portato. Per creare il nuovo, chiunque abbia pratica di improvvisazione lo sa, occorre partire dall’osservazione della realtà musicale come modello: la struttura di un brano, il movimento di una scala in relazione con un contesto armonico o viceversa. È più facile di quanto non si creda provare ad improvvisare per chi non lo ha mai fatto, bastano alcune semplici regole. Improvvisare, in modo che venga comunicata una reale qualità musicale, non significa solo applicare le note di una scala a degli accordi piuttosto che ad altri o viceversa, ma lavorare sul piacere che provoca vivere interiormente queste relazioni. Occorre aver fiducia, provare con coraggio e costanza. Magari prima con poche note, semplici interventi di commento su sequenze di accordi facili, ma sentendo in profondità le sensazioni che arrivano dalle novità che si manifestano se si mettono le note in posti diversi dal solito. Queste possono diventare caramelle dolci, che pian piano si inghiottono con sempre maggiore piacere. Lo studio dell’armonia e le regole della modalità aiutano di certo, ma non sono le sole cose.
Se si sbaglia poi non c’è alcun problema: suonare una nota diversa da quella che si voleva non produce malanni fisici, solo un po’ di disagio che passa senza bisogno dell’aspirina.
Qual è l'apporto dei visiting professor ai Corsi Accademici?
Dipende dal musicista. Ciascuno porta la sua storia, la sua professionalità, la sua visione del suono e della Musica, la sua capacità di raccontare e di far sperimentare il nuovo o la storia. Oltre ai momenti di formazione in classe, il CPM Music Institute ha istituzionalizzato ormai da tempo due momenti di incontro all’anno con musicisti, produttori, arrangiatori, professionisti del settore musicale, artisti di grande notorietà e giovani talenti. Due settimane, generalmente una a novembre e una seconda a maggio, in cui dal lunedì al giovedì con un prologo il sabato, si ha la possibilità di assiste a masterclass dedicate, concerti, spettacoli, incontri aperti. Decine di possibilità di incontro e di dialogo di cui poi si parla e discute per tutto l’anno.
MICHELE QUAINI
Chitarrista, produttore e didatta vanta una carriera colma di collaborazioni e sempre in movimento. Dal 2005 ha collaborato in studio e in tour con diversi artisti italiani, tra cui Loredana Bertè, Gianni Morandi, Roby Facchinetti, Marco Mengoni, L’aura, Paolo Meneguzzi, Piero Pelù, Tiromancino, Noemi, Chiara Galiazzo, Francesco Gabbani, Bugo, Paola Turci, Loredana Errore, Riki, Ambramarie, Niccolò Agliardi e tanti altri. Tra le esperienze televisive, solo per citarne alcune: Sanremo, X Factor, The Voice of Malta, Amici, MTV Awards, Wind Awards, Scherzi a Parte, Che Tempo Che Fa, Orchestra RAI, Orchestra Mediaset, Video Italia, CD Live, Buona Domenica.
Per accedere ai Corsi Accademici del CPM è necessario sostenere un esame di ammissione. Uno degli aspetti della valutazione, interessa le capacità strumentali del candidato. Ci fornisci una rosa di competenze e capacità che è bene possedere per affrontare serenamente questo esame?
Per accedere al Biennio accademico del CPM è necessario sostenere una prova che include 4 punti ben definiti:
1) Esecuzione di 2 brani a scelta dalla Commissione da una lista di almeno 10 brani presentata dal candidato che comprende diverse aree tematiche e stilistiche (livello medio alto).
2) Esecuzione a prima vista di 2 brani proposti dalla Commissione.
3) Prova di improvvisazione su blues (maggiore e minore) brano tonale o modale, progressione armonica proposta dalla Commissione (su backing track e/o band fornita dall’Istituto).
4) Colloquio di carattere musicale, generale e motivazionale.
Inoltre, I candidati NON in possesso del diploma di laurea di primo livello del triennio di Pop-Rock, dovranno sostenere una prova scritta di Arrangiamento per Ensemble Pop-Rock, tesa all'accertamento delle competenze nel campo della scrittura per voce, sezione ritmica (basso – batteria – 1 o 2 chitarre – pianoforte e/o tastiere) e nella scrittura a 3/4 parti di una parte vocale per coro.
I Corsi Accademici si impegnano a fornire agli studenti delle competenze professionali elevate. Qualcosa che - mi pare di capire - vada, oltre semplicità abilità tecniche, strumentali, teoriche e sia correlato alle necessità pratiche indispensabili nell'attività professionale. Quali sono aspetti, temi e materie che curate in questo senso?
Una delle missioni principali del CPM è proprio quella di fornire agli studenti tutti gli strumenti indispensabili alla loro prossima carriera. Attraverso una serie di materie ben mirate, l’ausilio di aule super attrezzate (spesso viene utilizzato anche lo studio di registrazione), insegnanti di prim’ordine e programmi sempre aggiornati lo studente vive un’esperienza unica in cui viene accompagnato, passo dopo passo, nello studio e alla scoperta di tutti quegli aspetti che vanno oltre la semplice conoscenza di scale, arpeggi o repertori e che molto spesso vengono ignorati da tutte le strutture che non dispongono di mezzi cosi importanti (aule all’avanguardia, insegnanti con esperienze decennali in ambito didattico e lavorativo, professionisti di ogni settore).
Lo studio dell'effettistica riveste un aspetto decisivo per un chitarrista che ambisca a lavorare sia in studio che live, al servizio di altri artisti. Come hai impostato (tra spiegazioni tecniche e applicazioni pratiche) questa disciplina?
Ho improntato le lezioni di questo corso soprattutto sull’aspetto pratico. Dopo una serie di piccoli approfondimenti legati alla conversione del suono (A/D - D/A) e agli aspetti dei principali Rig moderni (analog, digital e ibridi) ci si tuffa immediatamente nelle simulazioni lavorative. Ho selezionato tre aree di studio ben definite per sviluppare capacità e competenze richieste in ambito professionale: il lavoro dal vivo (Tour), le sessioni in studio di registrazione e il lavoro di ensemble per orchestre TV. In ognuno di questi settori le abilità richieste sono abbastanza diverse (anche se dall’esterno possono sembrare molto simili) e ogni musicista che desidera intraprendere questo mestiere dovrebbe essere in grado di affrontare con successo tutte le aree suddette. Attraverso la pratica e le simulazioni lavorative si affrontano anche argomenti tecnico teorici legati alle apparecchiature, alla comprensione degli algoritmi più utilizzati e agli usi e costumi che ne hanno caratterizzato la storia. Ognuna delle aree di studio è supportata da materiale che non si trova online o in tutte le scuole; metto a disposizione la mia conoscenza e le mie esperienze attraverso decine di sessioni in studio in cui ho lavorato fianco a fianco con artisti e produttori di primo livello; guido gli studenti attraverso la preparazione di alcune song come fossero in Tour, fornendogli gli stessi materiali che ho ricevuto io e spiegando loro il perchè di determinate scelte sonore, tecniche o estetiche; lavoriamo alla velocità richiesta quando ci si trova ad affrontare sessioni in TV, dalla lettura alla scelta dei suoni, al rapporto col direttore d’orchestra. L’importanza del click nelle produzioni moderne, la costante ricerca di suoni e soluzioni attraverso la tecnologia ma talvolta anche attraverso espedienti che nulla hanno di tecnologico (elastici, pezzi di carta incastrati tra le corde o plettri volutamente rovinati). Essendo docente di ruolo anche dei corsi di Musica di Insieme del biennio ho sviluppato un programma che si collega al lavoro di ensemble svolto negli anni precedenti e ne amplifica l’impegno richiesto in termini di precisione, musicalità, conoscenza degli stili e attitudine al mestiere. Il livello di impegno richiesto per affrontare con successo i corsi è molto alto, ma gli studenti hanno un ritorno in termini di conoscenza ed esperienza paragonabile solo al lavoro svolto sul campo di battaglia in anni di attività.
ANTONIO PETRUZZELLI
inizia a suonare da molto piccolo, prima la chitarra poi il pianoforte. A 15 anni, intraprende lo studio del basso elettrico. È allievo di Vito Di Modugno al Pentagramma e 7 anni dopo frequenta il Conservatorio Piccinni di Bari, studiando contrabbasso. Nel 1998 si trasferisce a Milano, dove studierà con Dino D'Autorio presso il CPM Music Institute.
Nel valutare i candidati all'ammissione ai Corsi Accademici, leggo che ne testate - oltre le conoscenze teoriche - anche la cultura musicale di base. Quali sono conoscenze e competenze che ritenete indispensabili in questo senso?
Di sicuro, senza conoscenze teoriche e cultura musicale di base, sarebbe piuttosto complicato e a tratti, oserei dire, frustrante intraprendere un percorso così serio ed impegnativo come quello accademico del CPM.
Per cui diventa un elemento a favore fondamentale avere ben chiare sin da subito le nozioni di base, così come una, perlomeno, discreta capacità tecnica sullo strumento.
Molti giovani interessati ai nostri Corsi Accademici partecipano alle audizioni che si svolgono durante i vari Open Day che organizziamo nel corso dell’anno, quindi avere queste due caratteristiche già in occasione di questo primo incontro è un elemento sicuramente a favore del candidato. Qui, in tutta serenità, si può capire e valutare chi è effettivamente già in possesso di questi strumenti e chi invece dovrà affrontare un anno di corso Pre-Accademico, leggermente meno impegnativo rispetto ad un percorso Accademico, ma di certo propedeutico ed estremamente efficace.
Il mercato del lavoro ha delle richieste molto specifiche circa le capacità cheun musicista deve avere per lavorare in contesti professionali. Quali sono leabilità che musicisti - magari eccellenti sul versante tecnico/teorico - invecetrascuranosu questo fronte?
Soprattutto sul fronte del Pop e Pop/Rock è fondamentale che un musicista o aspirante tale abbia ben chiaro che la sonorità può essere in cima alla lista delle priorità e delle richieste di qualsiasi produzione musicale.
Provo in breve ad approfondire il concetto.
La cosa può essere interpretata in due modi. Di sicuro nel senso della sonorità nel senso proprio del suono quello vero, prodotto dalla pressione delle mani. Quando si dice che ognuno ha il proprio suono e che nessuno davvero può insegnartelo, si intende questo.
Si passa poi alle personalità musicali più svariate. Si nasce con determinate caratteristiche, da cui poi si evince la nostra versatilità. È comunque una cosa su cui è possibile lavorare, se ci si approccia con la giusta umiltà.
Un secondo concetto di sonorità fa riferimento al suono di una canzone, di un album o di un’intera produzione musicale. L’abilità starà, in questo caso, nell’entrare in sintonia con essa e con chi l’ha pensata, creata o in termini musicali, prodotta, così da farne parte senza scombinarne gli equilibri.
Come si concilia la ricerca di un proprio suono personale sullo strumento (che ci identifichi quanto il nostro fraseggio) alla capacità di essere, invece, versatili a livello sonoro? Di saper scegliere - di volta in volta - suoni profondamente diversi ma funzionali a generi e stili differenti da eseguire?
Questa domanda e quindi questa risposta probabilmente si collegano alla precedente, ne sono una conseguenza e forse un approfondimento.
Sarà l’intelligenza del Maestro, l’umiltà dell’allievo e la sensibilità di entrambi a creare, secondo me, un giusto mix. Non si può imporre a nessuno di suonare in una certa maniera ed avere obbligatoriamente un certo tipo di suono, qualsiasi sia lo strumento in questione. Sarebbe contro natura, contro ogni forma di Arte.
Credo fermamente che ognuno debba seguire un’indole ed una propria natura, un istinto che lo porti a fare il proprio personale percorso. Come spesso accade anche nella vita, essere sè stessi, sinceri in ogni parola e quindi in ogni nota, può essere la maniera per arrivare dritti al cuore di chi ti ascolta. Nessuno è obbligato a suonare tutta la musica esistente al mondo, ma potrà scegliere quella da cui si sente più rappresentato. Di sicuro, a qualche compromesso si potrà scendere, se questo ci porta magari ad imparare cose nuove.