(Wicked Cool, 2 agosto 2024)
Nel mondo della chitarra Brian Ray è un nome che fa vibrare le pareti. Non solo perché la sua collezione è di quelle da far strabuzzare gli occhi anche ai più esperti, ma soprattutto perché il suo curriculum non si dimentica molto facilmente. Da Etta James a Paul McCartney, passando per Santana, Joe Cocker, Bonnie Raitt e John Lee Hooker, dei servizi di Brian Ray si è avvalso il gotha dell’industria musicale statunitense. Di tanto in tanto Brian Ray ama ancora alzare qualche slider in studio di registrazione e mettere nero su bianco dei brani che portino il suo nome, e il nuovo album My Town ne raccoglie ben dieci. Diviso fra rock n roll di stampo classico, pop di alto rango, blues e soul, My Town è una di quelle produzioni d’elite, ricche di gran bei suoni e di brani dai refrain molto accattivanti.
(Baja/TSR, 16 agosto 2024)
Per gli ultimi aperitivi davanti ad un tramonto estivo è bene affidarsi ad un bassista, compositore e produttore con due Emmy Awards nel suo palmares. The Romance Continues è il nuovo album di Tony Saunders, ed è una raccolta di 15 brani fatti di un jazz che più smooth non si potrebbe desiderare. Se ascoltando l’album si è capaci di non guardare uno degli artwork di copertina più brutti degli ultimi 50 anni, allora si deve solo pensare a trovare il giusto drink da abbinare all’ascolto. Un Old Fashioned, grazie.
(Atlantic, 16 agosto 2024)
Dal dirompente debutto nel 2011 con Torches, guidato dal singolo Pumped Up Kicks, i Foster The People hanno saputo scegliere strade molto diverse tra loro, e spesso lo hanno fatto grazie a cambi di rotta repentini. Da un rock dalle movenze leggere si sono spostati presto verso mondi elettronici, senza mai rinnegare la passione per quel filone disco che ha animato la fine degli anni ‘70 ed i primi anni ‘80. Paradise State of Mind scava ancora più a fondo nella disco-maniacalità di Mark Foster. Quest’album balla, e soprattutto regala grandi emozioni sul piano sonoro: produzione deliziosa.
(Blue Note, 16 agosto 2024)
Con ogni nuova registrazione il trio di Bill Charlap continua a scrivere pagine di storia grazie ad una formula così coesa e collaudata che sarebbe impossibile portarla fuori da quella bolla ispirazionale che dal 2015 vive ininterrotta nell’interplay tra Bill Charlap, Peter Washington e Kenny Washington. Il risultato è un’ora di swing carica di pathos, registrata live nel tempio del Village Vanguard, e costruita su un raffinato equilibrio tra rispetto e revisione del repertorio. Un buon ascolto per quando si percepisce l’urgenza di immergersi in un discorso sonoro condotto su più livelli percettivi.
(Create, 16 agosto 2024)
Personalità particolare quella di Devon Allman, figlio di Gregg, che dopo otto anni di silenzio fa ascoltare nuovo materiale inedito con Miami Moon. La tradizione di famiglia continua a vivere in molte diramazioni, e la carriera solista di Devon Allman è sicuramente una delle più attive. Miami Moon non fa nulla di inaspettato, mette sul tavolo una manciata di brani dalle radici southern, ma dal piglio molto più pop di quanto si potrebbe immaginare. A tratti Miami Moon sembra pescare direttamente dal repertorio del Clapton anni ‘80, mescolando il tutto a quel suono tradizionalmente made in Allman. Un album che non cambierà il corso della storia, ma che saprà accompagnare bene qualche momento di relax. Ps: i suoni di chitarra valgono il prezzo del biglietto.
(Republic, 16 agosto 2024)
Convivere con l’ignoto è il motto di chi segue in maniera molto attenta Post Malone, ma il nuovo F-1 Trillion concretizza un processo avviato ormai da tempo. Che Post Malone sia un amante del mondo country non è mai stato un mistero per nessuno, ma finalmente Malone si dichiara in maniera aperta e limpida, esplorando in tutto e per tutto il suo rapporto con le sonorità country. Come da copione, l’album non si fa mancare degli ospiti d’eccezione, che in questo caso rispondono ai nomi di Brad Paisley, Billy Strings, Dolly Parton, Luke Combs, Blake Shelton e Morgan Wallen. Senza dubbio F-1 Trillion è quell’album di Post Malone che potrebbe convincere anche chi fino ad ora è sempre stato molto critico nei suoi confronti.
(Napalm Records, 23 agosto 2024)
Un assalto sonoro di proporzioni epiche, questo è The Underworld Awaits Us All, nuovo album firmato dal gruppo death metal statunitense, Nile. Registrato negli studi della band a Greenville, South Carolina, e guidato dalla chitarra di Karl Sanders, il nuovo lavoro dei Nile è consigliato esclusivamente a chi può sostenere la tensione più alta. The Underworld… sembra spingere sempre più a fondo il piede sul collo dell’ascoltatore, con una tracklist che brano dopo brano non fa altro che aggiungere un nuovo tassello di brutalità.
(Sony Nashville, 23 agosto 2024)
Nel cantautorato, si sa, una buona storia vale più di ogni cosa. E quale storia è più potente di quella della vita? In American Son Colby Acuff sviluppa in maniera brutalmente onesta la narrazione della quotidianità, nelle sue sfumature più oscure, così come in quelle più piacevoli. American Son è un album country mescolato a cantautorato di stampo moderno, dai suoni spesso tendenti alla sfera pop e dalle trame sonore accoglienti. 16 tracce sono un ascolto molto corposo, soprattutto nel 2024, ma riescono a tenere alta l’attenzione grazie ad una scrittura molto serrata che ben contrasta la raffinata pulizia della produzione. Da consumarsi insieme ad un buon caffè, o un buon tè.
(XL Recordings, 23 agosto 2024)
Ascoltare Romance con ancora ben chiari in mente Dogrel e A Hero’s Death rende molto difficile districarsi nell’evoluzione sonora compiuta dai Fontaines D.C. Fin dal giorno del debutto, la formazione irlandese è stata celebrata per una ruvidità sonora che oggi, soprattutto dopo la svolta di Skinty Fia del 2022, sembra tanto lontana quanto improbabile. Eppure è tutto parte di un’unica entità sonora, cresciuta e maturata nel tempo, e che con Romance sembra aver compreso come affinare al meglio i dettagli del proprio mondo punk/indie/post-rock.
(Mutant, 23 agosto 2024)
Il responsabile delle musiche che hanno accompagnato The Walking Dead e The Rings of Power, così come capolavori videoludici come God of War, torna con un’opera uditiva dai tratti hard rock molto decisi. La voce di Serj Tankian dei SOAD cavalca Incinerator, primo brano a seguire l’introduzione di The Singularity, e se i suoi riff frastagliati e le sue atmosfere potenti sembrano impostare il tono generale del lavoro, niente potrebbe essere più illusorio. Bear McCreary è un maestro della dissimulazione, ed in 25 tracce (divise su due parti) riesce costantemente a vestire con nuovi elementi la sua formula hard n’ heavy. Slash, Joe Satriani, Gene Hoglan, Rufus Wainwright, Corey Taylor, ma anche membri di Dethklok e Dillinger Escape Plan danno il loro apporto a quella che è una vera Odissea rock per i tempi moderni. The Singularity è pensato per essere accompagnato da una graphic novel dall’omonimo titolo.
(Century Media, 26 agosto 2024)
Una delle band power metal più potenti ad essere uscita dalla scena svedese, grida ad alta voce con un album dal titolo più che eloquente: Metal Gods. Dieci tracce tra le quali si ritrovano svariate headbanger, Metal Gods riporta l’orologio dei Dream Evil ai tempi di album come Dragonslayer, e questo significa anche forza bruta pronta per essere sfoderata in caso di necessità. Potente, epico, cantabile, Metal Gods non promette niente di quello che non può mantenere. Un album solido ed in grado di garantire qualche ottimo momento in cuffia.
(XL Recordings, 28 agosto 2024)
I due workaholics più arrembanti del mondo indie (se mai questo termine possa significare ancora qualcosa nel 2024) sono pronti per presentare un nuovo album. Thom Yorke e Jonny Greenwood, spalleggiati dal batterista Tom Skinner, fanno ascoltare due nuovi singoli tratti da Cutouts, secondo album di questo 2024. Sorpresa, sorpresa: Cutouts è stato registrato agli Abbey Road Studios durante lo stesso periodo che ha dato vita a Wall of Eyes. Ciò si traduce in una buona dose di armonie ostili partorite da Greenwood, pronte ad intimorire le giornate con un sound spigoloso e pungente solo per chi non riesce proprio a digerire i Radiohead.
(PIAS, 30 agosto 2024)
Dal letargo delle sue riflessioni, Nick Cave si risveglia accompagnato da vecchi amici, i The Bad Seeds, ovviamente. Wild God si manifesta come un album di estremi, perché quando decide di spingere sul pathos lo fa senza riserve (Frogs) e lo stesso accade quando invece sceglie di lasciare che alcuni momenti di decompressione permettano alla tracklist di respirare (Joy). Sul piano strumentale ci si trova di fronte ad un lavoro molto stratificato, che abbandona il minimalismo descrittivo di produzioni più recenti in favore di un grandeur espressivo molto coinvolgente, ma che sa anche molto bene come dosare i propri sforzi. All’orecchio arriva un album corale, a tratti (forse) sognante, ma sempre perfettamente aderente a all’ermetismo comunicativo che vive nella voce, e nelle parole, di Nick Cave.
(Whiskey Bayou, 30 agosto 2024)
Sono serviti 13 anni di silenzio discografico perché Tab Benoit decidesse di tornare in studio di registrazione. I Hear Thunder segna il ritorno sulle scene di Benoit insieme all’amico, e virtuoso delle sei corde blues, Anders Osborne, e ciò che ne consegue è un album caricato per esplodere, forte di un songwriting che fa leva su tutti gli elementi blues per antonomasia, così come di un comparto chitarristico a dir poco arrembante. Sul piano sonoro il titolo rende bene l’idea di ciò che è contenuto nelle 10 tracce a disposizione. Per chi cerca suoni di chitarra caratterizzati da amplificatori sul limite dell’esplosione e da una voce grave e potente, il nuovo album di Tab Benoit è un ascolto obbligatorio.
(Alligator, 30 agosto 2024)
Chitarre morbide, riverberate e lasciate come unico supporto alla voce di Shemekia Copeland sono una delle mosse preferite di Blame It On Eve. La cantante di Harlem sa bene come condurre i giochi con quel timbro che si rifà alle più grandi ugole della black music, ma per il nuovo album fanno la loro comparsa nientemeno che Luther Dickinson e Charlie Hunter a dare il loro apporto sul piano chitarristico. La Copeland è una delle ambasciatrici del blues e del soul da ormai due decadi, e Blame It On Eve non fa che rimarcare come quel suono che nasce ad Harlem, così avvolgente e ricco di sfumature, abbia saputo valicare ogni confine geografico. Per qualsiasi chitarrista all’ascolto, Blame It On Eve è una vera goduria, provare Cadillac Blue, Only Miss You All The Time e Heaven Help Us All per credere. La Copeland è blues for your soul.
(Nettwerk, 30 agosto 2024)
Il debutto discografico di Paris Paloma si presenta con quella leggiadria eterea che è propria di chi, da un momento all’altro, potrebbe dar vita ad un vero e proprio big bang. E così è. C’è una tensione costante nella voce sospesa che fa da comun denominatore per le tracce di Cacophony, ed è generata da quel pizzico di inquietudine che si riflette tanto nelle progressioni armoniche, tanto in scelte sonore spesso sottili, quasi vulnerabili. Un lavoro che sa intrigare senza dover gridare ad alta voce, e che catalizza l’attenzione soprattutto per suoni dalla patina vellutata. Consigliato a chi ama lasciarsi trascinare molto lontano. |