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Il "caso Giacomo Turra" è più semplice di quanto sembra?
di [user #65794] - pubblicato il

Giacomo Turra è stato recentemente accusato di plagio per aver riproposto, senza attribuzione, un arrangiamento altrui. A aggravare la faccenda è stata la vendita della tablatura riferita all'arrangiamento, sempre senza attribuzione. Il caso ha acceso un dibattito nella community, e al centro della questione si apre una questione etica riguardo alla monetizzazione di contenuti derivativi.
Tutti ne parlano, voi in primis. E quindi? Non vogliamo spendere qualche parola su quanto accaduto in questi giorni attorno a Giacomo Turra? Sì, ma facciamolo andando per punti, provando a riassumere un po' di concetti da non dare per scontati, e poi tirando qualche conclusione. 

Che cosa è successo?
Nel mondo della chitarra, e dell'arte musicale più in generale, dove condivisione e ispirazione sono spesso parte di un ecosistema musicale fertile e fluido, il confine tra tributo e plagio può risultare sfumato. È su questa linea sottile che si è sviluppata, nei giorni scorsi, la vicenda che ha visto protagonista Giacomo Turra, chitarrista italiano noto per i suoi video virali, le reinterpretazioni soul-funk e il suo stile visivo di intrattenimento altamente curato.

Turra è al centro di un vero e proprio polverone mediatico, a seguito della diffusione di un video da parte di Danny Sapko - dal titolo "Ho beccato questo famoso instagrammer a rubare i brani di altri musicisti" -  che metteva a confronto una sua performance con quella del chitarrista statunitense Brandon Nail.

L'accusa di Danny Sapko
Il video – diventato ovviamente virale nel giro di poche ore – mostrava due take quasi identiche, al punto da far nascere il sospetto che Turra avesse ripreso in maniera troppo fedele, se non direttamente copiata, l’arrangiamento e l’interpretazione di Nail, senza però menzionarlo né citarlo come fonte. Oltre a ciò, Sapko punta subito il dito sul fatto che Turra avrebbe portato avanti questo tipo di comportamento fin dagli inizi della sua carriera online, perpetrando la stessa tipologia di appropriazione in maniera continuativa.



A rendere la questione ancora più delicata, però, non è stata solo la somiglianza musicale, quanto il fatto che Turra abbia in seguito venduto, tramite piattaforme digitali, la trascrizione di quell’arrangiamento (e apparentemente di altri) come materiale didattico a pagamento. Questo ha fatto emergere un nodo etico e legale ben più ampio, che va oltre il singolo episodio, e soprattutto va oltre la possibile "citazione" più o meno involontaria. 

La reazione immediata a queste accuse si è concretizzata subito nella rimozione da parte di Anderton's della video intervista realizzata con Turra, e dalla sospensione da parte di D'Angelico Guitars della collaborazione di endorsement.



Chi è Giacomo Turra
Classe 1997, Giacomo Turra ha conquistato un ampio seguito su Instagram, YouTube e TikTok con video in cui reinterpreta celebri brani pop, funk e R&B. Il suo stile, innegabilmente accattivante per gli amanti delle sei corde e dei generi citati, unisce una gran cura dell’immagine ad altrettanto innegabili abilità tecniche. La fama di Turra lo ha reso presto un punto di riferimento per le nuove generazioni di chitarristi cresciuti principalmente "nell'era digitale". Il suo successo si è tradotto in un crescente numero di endorsement da parte di brand del settore, tour internazionali e la creazione di contenuti a pagamento venduti tramite il suo sito ufficiale e marketplace terzi.

Le accuse: ispirazione o plagio nota per nota?
Al centro del caso vi è un arrangiamento di un brano che Brandon Nail aveva pubblicato tempo prima, ma le accuse di Sapko riportano a galla anche esempi che vanno a mettere in luce come la stessa pratica di appropriazione si sia già manifestata in precedenza a discapito di artisti e creator come Jack Gardiner e Alex Hutchings, le cui performance sono state riprese da Turra non in chiave "re-interpretativa", ma invece nota per nota. Nell'esempio di Brandon Nail, la versione di Turra non solo ne riprende le stesse linee melodiche e armoniche, ma replica anche la costruzione delle dinamiche, l’uso degli accenti ritmici e perfino certe inflessioni stilistiche.



Risulta abbastanza chiaro come non si tratti di una semplice coincidenza, o di un caso di influenze condivise, ma piuttosto di una replica esatta di materiale altrui. Questo, in un ambiente dove il concetto di "cover" è spesso inteso come rielaborazione, ha spostato il discorso dal terreno musicale a quello dell’etica professionale e della proprietà intellettuale. Sì, perché a fare da ago della bilancia non è tanto il rivisitare materiale altrui nota per nota, quanto le finalità commerciali che vengono poi applicate a quel materiale.

A inasprire la polemica sono stati infatti la messa in vendita della tablatura derivata dal brano di Brandon Nail, ma anche l'uso che Turra ha fatto di un brano di Alex Hutchings per promuovere l'acquisto dei suoi pickup signature. Il tutto, ovviamente, senza citare l'autore del materiale, oppure facendolo in maniera molto flebile e abbandonata ad angoli remoti delle descrizioni, quando invece - per trasparenza - sarebbe stato molto facile farlo direttamente in video.

Qui risiede il punto nevralgico della discussione: è lecito monetizzare un arrangiamento altrui, anche se eseguito con mezzi propri e senza campionamenti diretti?

Il contesto legale e il ruolo delle tablature
Il copyright tutela le opere dell’ingegno, compresa la musica, riconoscendo diritti esclusivi all’autore sul proprio lavoro. Questo include la melodia, il testo, l’arrangiamento e anche trascrizioni come le tablature, che rappresentano un’esecuzione specifica dell’opera originale. Le tablature, infatti, non sono neutre: se trascrivono un’esecuzione fedele al brano originale (riff, assoli, diteggiature distintive), sono considerate elaborazioni creative e quindi soggette a copyright.

Dal punto di vista legale, anche un brano di dominio pubblico può diventare oggetto di tutela se viene rielaborato in modo originale. Ad esempio, un nuovo arrangiamento, una trascrizione per chitarra o un’interpretazione che modifica armonia, ritmo o dinamica può godere di protezione autonoma. Quindi sì, anche se un brano è di dominio pubblico o già pubblicato, la sua rielaborazione originale – inclusa una tablatura – può essere coperta da copyright, se dimostra un contributo creativo dell’autore.
In pratica, pubblicare tablature online (anche amatoriali) di brani coperti da copyright può violare la legge, a meno che non si tratti di una creazione originale o autorizzata dai titolari dei diritti.



Le tablature rappresentano, a tutti gli effetti, un derivato dell’arrangiamento. Se si trascrive fedelmente l’interpretazione altrui e la si vende come propria, il confine tra "cover didattica" e "riproduzione commerciale non autorizzata" si fa pericolosamente sottile. Il fatto che Turra abbia diffuso a pagamento una tablatura apparentemente derivata dal lavoro di Brandon Nail, senza una specifica attribuzione, è chiaramente in collusione con il diritto offerto dalla tutela del copyright, e lo stesso vale per l'uso commerciale del brano di Alex Hutchings.
Non si tratta più soltanto di influenze artistiche, ma di un'operazione economica compiuta su materiale di proprietà altrui. Furto è una parola da usare con attenzione, ed è comunque meglio lasciarla a chi - se ci sarà - si occuperà di risolvere la questione.

Fino ad ora, Turra ha scelto un basso profilo, ha pubblicato un video di scuse. In una storia su Instagram, Turra ha espresso dispiacere per la piega presa dalla situazione e ha promesso di affrontare la questione “con rispetto verso tutte le parti coinvolte”.



Un problema sistemico?
Più che il caso isolato di Giacomo Turra, a sollevare qualche dubbio è il campanello d’allarme che si genere all'interno dell'ecosistema musicale (non solo chitarristico) online. Il mercato delle tablature, dei sample, dei corsi e dei contenuti premium è una fetta importante del mercato. In un contesto così competitivo, è facile che la linea tra creatività e appropriazione indebita venga oltrepassata, a volte senza consapevolezza, a volte con una certa superficialità.

Per molti musicisti, la monetizzazione dei contenuti è una delle poche fonti di sostentamento. Tuttavia, ciò richiede una responsabilità etica – prima ancora che legale – nella produzione e nella diffusione del materiale offerto. Dare credito, citare le fonti e distinguere chiaramente tra reinterpretazione e rielaborazione sono pratiche fondamentali da apprendere. Ogni lavoro ha il suo manuale di preparazione, e i lavori di content creator, influencer o youtuber non fanno eccezione.

Non solo legalese, ma anche un punto di vista artistico
Giuvazza, personalità fra le più preparate fra quelle che compongono il panorama italiano degli artisti con una finestra sul mondo di Youtube, ha offerto una buona "take" sulla faccenda, spostandosi però verso lidi a lui più cari. Quello di Giuvazza, infatti, è un intervento che va ad approfondire una tematica ormai abbastanza vecchia, ma sempre pronta a tornare in auge. Si tratta ovviamente del delicatissimo rapporto che c'è tra contenuti realizzati specificamente per un format video, e la declinazione di quello stesso tipo di "modus" su un mondo musicale rivolto al live più canonico. In soldoni: dal video in cameretta al palcoscenico si trova spesso un oceano.

Tutto inizia dal fatto che Danny Sapko, oltre a muovere le accuse descritte precedentemente, si rivolge a Turra provando a screditarne anche le reali capacità esecutive in sede live (perlomeno rispetto a quanto solitamente si vede nei suoi video). Sapko cita un'esibizione durante un NAMM Show, esecuzione chiaramente non in linea con gli standard che Turra ha mostra solitamente. Chi scrive non vuole fare l'avvocato del diavolo, ma a onor del vero è molto difficile dire che Turra non sappia suonare dal vivo.
Le esibizioni possono piacere o meno, ma usare parole come quelle di Sapko, per di più sulla base di uno stralcio live che può tranquillamente essere frutto di un'occasione sfortunata (capitata anche ai più grandi), non può valere come mezzo di demonizzazione assoluta del personaggio. Turra ha le capacità, e lo ha mostrato più volte.



Su questo tema, però, Giuvazza amplifica un tipo di percezione del contenuto da parte dell'utente finale, che non è sempre tarata (la percezione) sulla capacità di scindere ciò che è prodotto come intrattenimento e ciò che invece è prodotto per altre finalità, siano esse l'informazione, la divulgazione, l'approfondimento o la veicolazione commerciale.
Come spesso si è detto anche fra queste pagine, fine e contesto fanno gran parte del gioco, e applicano su qualsiasi contenuto un "layer" che non può assolutamente essere ignorato quando il contenuto viene fruito, e quindi digerito.

Nel caso specifico, ciò si traduce nel fatto che un video da pubblicare online, frutto non solo di materiale musicale, ma anche di pre e post-produzione, può benissimo mostrarsi in maniera molto diversa di quanto la stessa esibizione è in grado di fare in un contesto live. Per i creator nativi digitali, che nel mondo chitarristico sono i famosi "nati in cameretta", il passaggio a un contesto live si dimostra spesso ostico. Perché manca la "palestra", e un po' perché le dinamiche (sonore ma non soltanto) lavorano in maniera molto diversa quando di fronte non si ha soltanto una telecamera, bensì un gruppo di persone, dei tecnici, un microfono e delle tempistiche nelle cui rientrare.

L'invito è quello di guardare il video di Giuvazza e riflettere su alcuni degli argomenti esplorati, seppur alcuni punti probabilmente esulino leggermente dalla questione centrale per cui Turra è stato preso in causa. Uno è l'aspetto legale e le implicazioni che si generano nel dare credibilità, endorsement e fiducia ad una personalità online, tutt'altra cosa è la capacità qualitativa di portare un format nato sul web, o "in cameretta", in un contesto più vicino all'esibizione live intesa in modo canonico.

Fenomeni globali e rischi d'ingenuità
Del calderone che si è generato attorno a Turra, ciò che interessa chi scrive è anche un altro argomento: una fanbase dai numeri altisonanti non è sempre sinonimo di qualità. Ovvio, non è vero? Lo sa chi scrive, lo sanno sicuramente moltissimi di coloro che leggeranno, ma sembra che non sempre i brand prestino - o vogliano prestare - attenzione.
Il mondo di content creator, influencer, o di qualsiasi tipo di personalità lavori in "prima linea" sul web mettendo il proprio volto al servizio di un'operazione di comunicazione, ha fagocitato gran parte del marketing online.
In maniera molto ingenua, però, brand e partner sembrano ricordarsene soltanto nel momento in cui vengono a galla casi come quello di Turra. Come colpiti dalla mela di Newton, sembra che solo in certe occasioni i brand si ricordino che una data personalità mediatica da milioni di follower, è in realtà un/a ragazzo/ragazza molto intraprendente, partito con tanta voglia ma pochissima esperienza. Non si tratta solo di esperienza artistica, ma anche - e soprattutto - lavorativa.

Chiunque può sbagliare, dal professionista consumato al principiante con tanto estro. Chi scrive ha sbagliato molte volte, e purtroppo è probabile che lo farà anche in futuro.
Anche grandi star, appoggiate da brand internazionali, sono incappate in strafalcioni storici e cadute di stile inenarrabili. Spesso, però, rialzarsi è più facile per chi può far leva sul valore dell'esperienza pregressa, la quale ha ancora un'importanza ben percepibile quanto messa di fronte a chi, invece, si "fa da solo" e anche in poco tempo.

Come spesso accade, alcune metafore tornano utili proprio quando ritenute ormai obsolete. Rispetto a ciò che è accaduto è proprio il caso di dirlo: non è tutto oro quel che luccica. L'autorevolezza, l'affidabilità, e la fiducia, si costruiscono soprattutto in anni di perpetrati atteggiamenti rivolti ad un fine che mantenga sempre chiari alcuni punti fondamentali, uno su tutti la limpida legalità delle operazioni in atto.
approfondimenti d angelico d'angelico giacomo turra
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