Da uno dei miei Maestri, Giulio Sforza http://blog.libero.it/disincanti/7947543.html
"Questa la mia spero discretamente argomentata opinione sulla decisione comunitaria (che trovo sommamente civile e rispettosa sia della scuola che della “religiosità” autentica, della areligiosità , dell’agnosticismo e dell’ateismo...), circa la presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche.
Una società multietnica e multiculturale si contraddistingue per il rispetto delle idee e delle credenze: è tanto ovvio, questo principio, da essere diventato un luogo comune il quale, come tutti i luoghi comuni, rischia o di perdere in sapidità e in densità fino a significare un bel nulla, od a significare, nella testa e sulla bocca dei fondamentalisti, perfettamente il contrario. Il suo contrario diventa in particolare il principio del rispetto delle opinioni e delle fedi, delle idee e delle credenze, allorché opinioni e fedi, idee e credenze, vengono confuse con le loro simbologie.
Le battaglie iconoclastiche di tutti i tempi, riguardino i simboli religiosi o quelli civili, hanno le loro belle ragioni, ed uno dei pochi (o tanti?) meriti di Lutero è quello di averle, unico, vinte all’interno del cristianesimo. Confondere il diritto all’espressione delle proprie idee ed all’uso dei loro simboli con quello della loro imposizione ed ostentazione nei luoghi che non son propri, ma di tutti, è un pernicioso errore di logica che fatalmente sfocia nella prevaricazione. La quale, se in seguito all’editto costantiniano potè a lungo, per ben noti motivi, aver luogo, non è neppure immaginabile lo sia oggi, in un mondo come quello occidentale in cui, con fasi alterne e con diversi esiti, dall’epoca umanistico-rinascimentale in poi le Nazioni europee han combattuto e sostanzialmente vinto (il caso anomalo siamo noi, per la sopravvivenza e la pervasività del bubbone del potere “clericale” in tutti i gangli della nostra vita pubblica e privata) la battaglia per una democrazia secolarizzata che non sia una teocrazia camuffata. Per una tale democrazia l’agorà, la piazza, è il luogo pubblico della discussione, non della professione di fede (nei casi in cui lo diventi si fa ovile, stazzo, recinto di bestie prone). Per le professioni di fede esistono i templi. Ed agorà è la scuola, pubblico spazio in cui non può esser posto che per la discussione ed il confronto, non certo per i catechismi e gli i indottrinamenti, religiosi o politici che siano; ed ove i professori di religione, scelti per pubblico concorso e non dalle autorità ecclesiastiche come adesso ancora scandalosamente avviene, storici delle religioni siano, non propagandisti del loro privato verbo, rivenditori di dogmi settari, abatelli di sacrestia. Il Crocifisso ( di cui ho somma riverenza non come il Dio personale incarnato -e Dio in senso stretto Lui stesso- di un dogma che non condivido, ma come la più illustre vittima della libertà di coscienza) non è simbolo da agorà. Il tempio del cuore è eventualmente il suo luogo come ben sa, Lui glielo confidò, la Donna di Samaria.
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