Dopo aver cominciato a essere parte integrante della vita della Treves Blues Band, prima come fondatore dell'omonimo fan club, poi come curatore dei vari siti, Blog, Facebook, Myspace, ecc., sono anche riuscito a farmi apprezzare per le mie doti di chitarraio. Non mi definirei propriamente liutaio, anche perché non lo sono. Semmai grande appassionato, quasi un feticista, di strumenti elettrici a sei corde. Il chitarrista della Treves Blues Band, Alessandro Gariazzo, si è subito fidato di me e un bel giorno mi ha affidato la sua "N.1", una incredibile Gibson Les Paul Gold Top 1971 (mini humbucking).

Diciamo che se fossi stato il lui non l'avrei affidata di certo al primo che capita, ma è stato così, e fu così che cominciò il nostro sodalizio. È un po' come quando ti insegnano a nuotare buttandoti in acqua dove non si tocca. Mi ritrovai di fronte un pezzo di storia. Una chitarra leggendaria, non tanto per il suo nome, quanto per i successi ottenuti dal suo proprietario sui palchi di tutta Italia. Conciata da buttare via, sporca, usurata all'inverosimile e con acciacchi dovuti all'età e all'uso estremo molto difficili da risolvere. Feci di tutto per soddisfare la fiducia che Alex aveva riposto in me. Mi documentai, acquistai gli attrezzi giusti e feci il possibile, anzi l'impossibile per soddisfare questo grande amico. Seguì a ruota la seconda commessa, ancora più impegnativa e inquietante: Heritage H-526.

Qui ormai la sfida era stata lanciata. Più che altro a me stesso. E anche in questo caso riuscii a portare a termine la missione. In pratica l'utilizzo estremo degli strumenti e la ridotta manutenzione portano sempre a problemi apparentemente insormontabili per quei chitarristi (anche molto bravi) che non hanno sufficiente praticità nel mettere mano al loro strumento. Viti allentate, manici non più regolati a dovere, setup sballati, strumenti che non tengono l'accordatura, tasti disallineati, insomma tante simpatiche magagne da risolvere cercando di non andare a danneggiare l'unicità e il prestigio della chitarra. Per completare la sua gamma di suoni, per il concerto di ieri sera, Alex si è portato dietro anche l'ultima mia paziente, una Stratocaster dei primi anni '90, che mi affidò perché non più utilizzata da svariati anni e bisognosa di una rinfrescata.

In effetti, nonostante le Fender siano il mio pane quotidiano, questa Stratocaster è stata la sfida più importante che ho dovuto accettare. Mi accorsi subito a prima vista di qualcosa di strano: il manico disallineato rispetto al corpo e delle strane viti utilizzate per il fissaggio dello stesso manico (con testa a taglio invece che a croce). Dopo averla smontata inorridii! Le viti usate erano quelle date in dotazione con i normali tasselli fisher che si usano per fissare le mensole ai muri, i tasselli di materiale plastico erano stati "annegati" con la colla all'interno del manico probabilmente a causa del precedente spanamento totale delle filettature all'interno dello stesso. Un lavoro piuttosto rudimentale, fatto dal precedente proprietario circa una ventina di anni fa. La colla usata (probabilmente a base di solvente, tipo Bostick) ormai si era cotta e aveva sbriciolato i fisher con conseguenze disastrose per l'assetto generale della povera Stratocaster. Scoprii anche il motivo dello spaiamento: un utilizzo improprio e al limite del criminale della regolazione del microtilt di cui questa chitarra è dotata. Ragazzi, se non sapete cos'è il microtilt, non metteteci mano, per cortesia! Alla fine con tanto amore, pazienza, un trapano verticale, quattro cilindretti di acero, colla vinilica per liutai e sudore della fronte (non tanto per la fatica ma per la paura di sbagliare) sono riuscito anche a sistemare questa bimba. Il concerto di ieri sera è stato il coronamento di tutti i miei sforzi. Io, in piedi sugli spalti dell'Auditorio di Nova Milanese, che sudavo guardando e ascoltando quelle tre chitarre che suonavano in modo celestiale… una soddisfazione che non ha prezzo!