La notizia è di questi giorni. La Commissione Affari Sociali della Camera ha autorizzato il DDL che vieta in Italia l'impianto di protesi mammarie a scopo estetico nelle minorenni, che invece fino ad oggi erano ricorse ad interventi di questo tipo al ritmo di oltre mille per anno.
Mi sembrava ora, visto che per legge un minore non può produrre il consenso informato ad un intervento chirurgico, né può considerarsi lecito che i genitori, pur animati dai migliori (e malintesi) sentimenti di empatia ed affetto nei confronti dell’adolescente insoddisfatta, possano sostituirsi a lei in una scelta che modifichi così profondamente la sua immagine del sé e la sua fisicità.
Sia chiaro: ci sono casi in cui la chirurgia estetica è benedetta.
Cicatrici deturpanti, malformazioni congenite, angiomi e nei orripilanti. Sono disposto ad inserire nell’elenco anche i seni microscopici e le chiappe da Venere boscimane. Un intervento può, in questi casi, salvare l’equilibrio emotivo di un paziente.
Ma a volte entra invece in gioco semplicemente la ricerca ossessiva di una fatua perfezione delle fattezze del corpo. Insomma, il desiderio incoercibile di ripudiare la propria biodiversità - forse imperfetta, ma unica ed irripetibile - per divenire una banale copia di icone proposte (ed imposte) dai media.
E così, se non sopravvengono complicazioni, se il candidato alla bellezza totale non ci lascia le penne per un embolia o un’infezione fulminante, e se infine il chirurgo fa un lavoro a regola d’arte, ne viene fuori una nuova persona con un seno magnifico, o con un sedere da urlo, o con delle gambe micidiali. E, sempre se tutto gira liscio, si presume che la persona “modificata”, sentendosi libera dalla dipendenza dai giudizi esterni, acquisisca una maggiore sicurezza e uno stile più proficuo e rilassato nel rapportarsi agli altri.
Ma, per come la vedo io, questo mutante estetico sarà comunque un falso, o un bluff, se preferite.
Ma lasciamo perdere per un attimo i bisturi e le scialitiche (che hanno almeno l’alibi dello scompenso depressivo), e veniamo ad aspetti più ludici.
Una certa tendenza ad edulcorare il proprio aspetto con trucco, parrucche, imbottiture di reggiseni e quant’altro è sempre esistita. Ho però l’impressione che forse mai come oggi, nella nostra Storia, sia invalsa la mania di manipolare ad arte la realtà e che ancora mai come oggi tecnologia e marketing si siano attrezzati per soddisfare le crescenti richieste in tal senso.
Basta guardarsi intorno.
La mania degli occhi blu, ad esempio. Lenti a contatto di tutte le tonalità dal verde al blu cobalto riempiono le strade di signore e signorine che ci fissano con languidi quanto improbabili occhi alla Liz Taylor.
O quella del Mandingo de’ noantri. Circa il 10% del mercato dei farmaci potenziatori della vis coeundi (le pillolette blu, per capirci) è appannaggio di giovani tra i 20 ed i 30 anni, che di certo non ne hanno alcun bisogno per ripristinare la normalità, ma che probabilmente li assumono per concedersi prestazioni olimpioniche nella penombra delle alcove.
O ancora quella della fake fashion. Rolex tarocchi, falsissime borsette degli stilisti più alla moda e miriadi di altre patacche ci aspettano sulle bancarelle dei mercatini di mezzo mondo. E hanno un mercato, anche florido.
E infine, come non spendere una parola sul mercato che più ci è caro?
Perché mai uno paga migliaia di euro una chitarra reliccata, sapendo che quei segni d’uso, quella ruggine e quelle plastiche ingiallite sono false come una banconota da 15 euro?
Ne abbiamo discusso spesso su queste pagine ed abbiamo concluso, se non sbaglio, che a qualcuno la chitarra piace proprio così, ad altri fa piacere avere uno strumento che ricorda quello dei loro eroi musicali.
Bene. Ma, ammesso pure che il relic sia una forma di “falso d’autore”, come la mettiamo con i non pochi che comprano una Les Paul falsa, sapendo perfettamente che è una patacca?
Insomma, cosa spinge la gente a crogiolarsi nell’illusione di esibire qualcosa (si tratti di un aspetto fisico o di un bene di consumo), sapendo benissimo di non possederla affatto nella realtà?
Lascerei ai congressi di Psicologia l’onere di fornire una risposta.
Ma c’è una considerazione spicciola, piccola piccola, di cui sono ragionevolmente certo, e cioè che visto che nessuno, per quanto completamente imbecille, può aspirare realmente ad autoingannarsi fino in fondo, ne deriva che probabilmente fa parte dell’intento progettuale di chi sposa questi comportamenti la speranza che un po’ di gente non si accorga della realtà e sbavi di ammirazione o d’invidia.
E credo sia ugualmente evidente - e credo sia la cosa peggiore - come per queste persone il giudizio degli altri conti più del proprio.
E’ una cosa che posso comprendere, ma che non riesco a condividere, visto che un falso, per quanto ben fatto, resta sempre e solo un tristissimo falso.
Che sia una Les Paul o un paio di chiappe.