di Gianni Rojatti [user #17404] - pubblicato il 21 novembre 2012 ore 15:30
Con questa cover story, stiamo imparando a conoscere il talento e la persona di Marco Minnemann sia ripercorrendo rapidamente la sua carriera che attraverso l'intervista che ci ha rilasciato. Abbiamo quindi pensato di chiedere a un grande nome del chitarrismo e suo complice musicale cosa ne pensa di lui.
Spesso accostare il proprio nome e le proprie gesta musicali a un chitarrista o una band famosa, rappresentano per un batterista la maniera migliore per far scoprire a un pubblico musicale più ampio e variegato, il proprio valore artistico.
Nell’ambito della musica strumentale, o comunque protesa verso una sorta di particolare narcisismo tecnico, i chitarristi sono senz’altro quelli che beneficiano del pubblico più ampio e attento. Succede allora così, che siano tante le storie di virtuosi della batteria che sono arrivati alla notorietà per essere stai i “batteristi di…”. Gregg Bissonette raggiunse la sua consacrazione a fianco di Steve Vai come Mike Portnoy di Petrucci. Per non parlare di quei tanti batteristi che si sono ritagliati un posto al sole proprio per essere identificati come i batteristi dei chitarristi. Si pensi per esempio a Mike Terrana che ha accompagnato le scorribande di Malmsteen, Loureiro, MacAlpine. O Virgil Donati di Gambale, Vai, MacAlpine, Garsed e Holdsworth.
Marco Minnemann rientra di diritto in questa categoria. Nonostante un curriculum già di tutto rispetto, il batterista ha conquistato il mondo grazie a una collaborazione con Paul Gilbert. E non sono stati tanto i due lavori in studio a metterlo al centro dell’attenzione della comunità batterstica - "Burning Organ" del 2001 e Space Ship One" del 2005 - ma il DVD girato live in studio "Space Ship Live" del 2005. Qui Minnemann assecondava e doppiava ogni follia chitarristica di Gilbert, riproducendola uguale in maniera ritmica e conquistando tutti con il piglio divertito e quasi guascone con il quale - con il sorriso stampato in faccia - suonava cose impossibili.
Ora, sempre a fianco di un chitarrista, quel Guthrie Govan che al momento è con tutta probabilità “il “ chitarrista, Marco Minnemann sta trovando negli Aristocrats la sua definitiva consacrazione. Govan e Minnemann si sono trovati in una dimensione ideale per spalleggiarsi a vicenda, entrambi protagonisti nei più sfrontati, visonari e divertenti virtuosismi che non sconfinano mai nel circense grazie alla guida sicura, austera e severa del bassismo di Beller.
Proprio per questo, siamo particolarmente orgogliosi di presentarvi questo documento esclusivo che Guthrie Govan ha scritto espressamente per noi di Accordo e nel quale ci parla di Marco Minnemann!
Ecco le sue parole Marco ha questa capacita sovraumana di pensare tre o quattro tempi differenti simultaneamente, con una scioltezza e controllo che non ho trovato, mai, in nessun altro musicista. Il suo essere un freak, un mostro inarrivabile di tecnica batteristica, per molta gente oscura il suo vero valore di artista perché resti stregato dalle cose impossibile che fa e non riesci a guardare oltre. Ma Marco è molto, molto di più che un semplice freak, è un musicista a 360 gradi, un compositore prolifico e ispirato non un semplice fenomeno da circo della batteria!
Poi io sono affascinato da come Marco suona la chitarra. Ho la sensazione che non si sia mai sbattuto per suonarla e conoscerla a fondo, per conquistarla. Se ne serve come un semplice mezzo per catturare le idee in fase di composizione o per buttare giù delle idee quando registra. Ma incredibilmente sa farti cadere la mandibola con degli intricatissimi e diabolici passaggi di plettraggio alla Al Di Meola! Cose che ho visto tanti veri chitarristi incasinarsi a fare! Ma nella testa di Marco evidentemente queste cose ci sono e gli escono chiare e perfettamente naturali, con una scioltezza che ti lascia di stucco.
E poi la cosa più figa di Marco: lui è un vero performer e suonare ed esibirsi sono per lui la cosa più naturale. Ci sono così tanti shredder, virtuosi, fissati dell’ipertecnicismo che quando suonano si prendono troppo sul serio, hanno quest’aria fierissima, seriosa e sembrano pensare: “Guardami, sto suonando cose mostruose, sono o non sono un figo?” Marco invece fa tutto con il sorriso stampato in faccia! Ne esce che per lui suonare e fare musica sono semplicemente le cose che più ama e si diverte a fare e la cosa bella è che questa gioai la riesce a trasmettere al pubblico! Suonare con lui per me è sempre un onore e un piacere.