Lo strumento chitarra, ugualmente a tutti gli strumenti a tastatura e non solo, è uno strumento imperfetto, frutto di convenzioni, di “arrotondamenti” e via discorrendo. Ciò non toglie che sia una fonte inesauribile di piacere e che spesso una parte di questo piacere sia data da un’accordatura “ben gestita”, attenta al risultato globale più piacevole, un po’ come quella del pianoforte che viene aggiustata qui e là sulle ottave, sulle quinte, sulle quarte.Faccio una sola, per ora, annotazione. Per problemi fisiologici l’orecchio tende a gradire bassi leggeremente calanti e acuti leggermente crescenti. Detto questo ci addentriamo in un mare di modi di accordare, tutti con qualche difetto, qualcuno più attento, per quanto possibile, al materiale musicale da eseguire e alla tonalità di esecuzione.
Un po’ tutti i chitarristi non di primissimo pelo, specialmente quelli acustici, adottano più modi: uno o due metodi di base e altri accorgimenti di controllo e di, chiamiamola, accordatura fine. Per esempio, una delle tonalità più usate (non la più usata) è la tonalità di Sol per cui i chitarristi che la privilegiano (spesso chitarristi-cantanti essendo una tonalità praticabile vocalmente) sono più attenti a che gli accordi che utilizzano suonino il più piacevolmente possibile.
Dovessero incontrare nell’esecuzione un accordo “straniero” (un sib, un mib o altro) cercheranno di concedere a questo le dovute attenzioni correttive, a leggero scapito degli accordi più utilizzati nella tonalità prescelta, nel caso questo dovesse suonare un po’ meno piacevolmente. Roba di fino dunque.
E voi? Continuate a utilizzare i metodi canonici? Personalmente adotto da tempo (con integrazioni di controllo) un metodo niente male, un metodo riscoperto rcentemente leggendo il libro di Pinksterboer “Chitarra classica e acustica” – Edizioni Curci. Se vi interessa ve lo dico e magari lo commentiamo.