Già mi immagino le reazioni di chi immagina la solita situazione: i vicini protestano, l'amministrazione comunale deve intervenire (mica possono perdere voti), i Carabinieri devono fare il loro mestiere, e tutti se ne infischiano della musica, di quanto può fare per aggregare in modo sano e costruttivo, di quanto può giovare perfino a quelli che si sentono disturbati. Bisogna fare qualcosa!
Invece no, niente di tutto questo. Il locale non dava fastidio a nessuno perché era totalmente isolato dall'abitato.
Il motivo della chiusura è stato l'insufficiente afflusso di clienti. Quindi, questa volta, la colpa è tutta nostra.
Colpa della pigrizia, dell'abitudine a seguire come pecore il gregge dei non-pensanti che, come automi, escono di casa per radunarsi (senza sapere perché) in posti dove non succede niente, dove devi ascoltare della spazzatura musicale davanti alla solita birra o al megaschermo con la partita di calcio. Oppure si ascolta il Giàas: Jazz si pronuncia così, e probabilmente è l'unica nozione di cui è a conoscenza la maggior parte degli avventori, ma essere lì fa molto figo.
O magari perché non si ha voglia di farsi 10 minuti in macchina, quando per arrivare nel locale "figo" in centro dieci minuti servono solo per trovare un parcheggio.
Insomma, tante belle parole, tanti discorsi profondi, tanti entusiasmi e poi, quando qualcuno ti dà ciò di cui lamenti la mancanza… dove sei sparito?
La sera in cui Dai SuonaTi ha chiuso, con una tristissima festa finale, il locale era pieno di gente. Se la metà dei partecipanti (o anche solo un decimo di tutti gli "entusiasti virtuali") avesse fatto di tanto in tanto una capatina con qualche amico per una suonata e una pizza, l'appuntamento per la jam del giovedì sarebbe ancora una piacevolissima abitudine.
Invece niente, finito. Abbiamo ciò che ci meritiamo.
Parole, parole, parole.
(
Alberto Lupo)