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La leggenda di Big Red
La leggenda di Big Red
di [user #6868] - pubblicato il

Alcuni chitarristi legano indissolubilmente la propria immagine a un particolare strumento. È il caso di Alvin Lee, che è stato accompagnato per quasi la totalità della sua lunga carriera da una vecchia Gibson ES-335. Maltrattata, modificata, riparata e replicata, la semihollow rossa che ha contribuito al mito di Woodstock è infine passata alla storia.
Alcuni chitarristi legano indissolubilmente la propria immagine a un particolare strumento. È il caso di Alvin Lee, che è stato accompagnato per quasi la totalità della sua lunga carriera da una vecchia Gibson ES-335. Maltrattata, modificata, riparata e replicata, la semihollow rossa che ha contribuito al mito di Woodstock è infine passata alla storia.

Lo scorso 6 marzo la perdita di Alvin Lee, leggendario chitarrista dei Ten Years After, ha scosso la scena musicale rattristando migliaia di appassionati.
La sua tecnica chitarristica, tanto poco ortodossa quanto inimitabile e personale, era caratterizzata da un’intensità deflagrante e da una contagiosa energia.
Molti chitarristi legano il proprio nome a un particolare strumento creando un binomio indissolubile, tanto che risulta difficile immaginare cosa sarebbe stata la storia dell’uno senza il supporto o il contributo dell’altro. Alvin Lee appartiene decisamente a questa nutrita schiera di convinti monogami.
La sua scelta, in parte pilotata dal destino, ricadde su uno strumento che acquistò nel 1963 nella nativa Nottingham all’età di 18 anni, per la somma di 45 Sterline: una Gibson ES-335 di colore rosso ciliegia costruita nel 1959. Alvin adottò amorevolmente questa chitarra fino al punto di battezzarla col nomignolo di "Big Red" e di farne una "arma impropria" che lo avrebbe accompagnato fedelmente per decenni, quasi per l’intero arco della sua lunga carriera.
Alvin ebbe più volte modo di sottolineare come nessuna chitarra passatagli di mano fosse stata neanche soltanto lontanamente in grado di competere con la sua amata 335 del '59.

La leggenda di Big Red

Spesso un buono strumento può costituire una fonte di ispirazione per il musicista. Questo è sicuramente il caso di Alvin Lee, che aveva forgiato il suo personalissimo stile in completa simbiosi con il meraviglioso universo sonoro della Gibson ES-335. Scorrendo lungo il manico di Big Red, le sapienti dita di Alvin sintetizzavano con naturalezza e inarrivabile destrezza rock’n’roll, blues, swing, jazz e boogie.
Big Red entrò di prepotenza tra gli strumenti più emblematici della storia del rock dopo che i Ten Years After folgorarono il mondo con la loro strepitosa performance al festival di Woodstock nel 1969. Come noto la loro apparizione culminò con una versione mozzafiato del loro hit "I'm Going Home", immortalata nella pellicola del celebre film-concerto.
Con grande dispiacere, Alvin fu obbligato negli ultimi anni a rinchiudere la sua fedelissima Gibson nel caveau di una banca: aveva subito dei tentativi di furto e un collezionista era arrivato a offrirgli mezzo milione di dollari, cifra così elevata da rendere proibitiva anche una qualsiasi copertura assicurativa. "Ci sarei rimasto troppo male se le fosse accaduto qualcosa", aveva dichiarato.
In realtà se Big Red non avesse avuto questo valore di "testimonianza storica", il suo valore economico oggi sarebbe compromesso irrimediabilmente da una serie di pesanti interventi di manomissione con importanti riparazioni e modifiche apportate nel corso degli anni.

Alvin Lee era animato da un’insaziabile curiosità che lo spinse a sperimentare sul suo adorato strumento disparate soluzioni tecniche.
In particolare, già dalla metà degli anni '60, decise di montare un single coil Stratocaster in prossimità del pickup al ponte, in modo da integrare nella sua 335 anche molte sonorità proprie della solid body di Fullerton.
Il single coil Strat è collegato allo switch in modo da rimanere attivo con qualunque combinazione di pickup. Un foro supplementare, deliberatamente praticato sul top, consente l’alloggiamento di un potenziometro per dosare il volume del pickup aggiunto. La chitarra presenta dunque cinque manopole: le quattro consuete per regolazione di tono e volume della coppia di PAF originali e un controllo di volume del single coil extra.
Alvin aveva testato sulla sua chitarra molti pickup Stratocaster anni '50 e '60 in quanto diceva che non era semplice trovare un abbinamento ottimale con gli humbucker.
Le coperture metalliche dei PAF erano state rimosse, secondo preferenza piuttosto in voga tra i chitarristi britannici del tempo.

La leggenda di Big Red

I più attenti avranno notato che il manico della chitarra di Woodstock ha i semplici segna posizione a punto, tipo dot, originali anni '50, mentre le foto degli anni successivi mostrano una tastiera con i segna posizione quadrati block markers adottati da Gibson a partire dal 1962.
Questo è spiegato dal fatto che il manico originale con segna posizione dot si ruppe. La leggenda vuole che Alvin abbia accidentalmente urtato la paletta contro il basso soffitto del Marquee Club di Londra durante un concerto a metà degli anni '70, sebbene la carenza di riscontri oggettivi potrebbe spingere a sospettare che dietro questa storia si nasconda un incidente ben più banale.
La chitarra fu inviata alla Gibson per un accurato intervento di riparazione e il manico originale del '59 fu sostituito con un manico in giacenza metà anni '60.
Il manico anni '50 aveva le meccaniche Kluson originali mentre sul manico posto in sostituzione fu montato un set di Grover Rotomatic.

Quello delle rotture è un problema che affligge le Gibson vintage, non di rado capita di vedere palette e manici con vistose riparazioni e molte chitarre hanno subito gravi danni perfino mentre erano protette in custodia. Per questo motivo, a partire dal 1970, Gibson decise di ridurre il grado di inclinazione della paletta rispetto al manico e di introdurre una voluta di rinforzo per inspessire il delicato punto di incontro tra paletta e manico, dietro il capotasto. Sempre al fine di creare manici più resistenti, la Gibson della "era Norlin" finì con il costruire manici in tre pezzi incollati e scelse a metà degli anni '70 di sostituire il mogano con l’acero.
Fortunatamente avevano ancora un manico vintage in serbo per Alvin!
Queste soluzioni costruttive non sono mai state viste di buon occhio dai chitarristi e vengono spesso additate come lo spartiacque tra le "buone vecchie vintage" e la produzione di qualità inferiore degli anni successivi. Agli inizi degli anni '80 si scelse dunque di tornare a criteri costruttivi per quanto possibile più aderenti alle specifiche originali.
Oggi, perfino le Gibson reissue hanno una paletta più spessa rispetto agli originali che rende le chitarre attuali più resistenti dei fragili esemplari vintage.

Alvin, nel corso degli anni, aveva compiuto delle sperimentazioni anche sul ponte: inizialmente sulla chitarra era installato un ponte vibrato Bigsby B7, alla fine montò il nuovo bloccacorde Gibson TP-6 con sistema di fine tuning.

I segni particolari che però risultano tanto caratterizzanti da colpire anche l’occhio del profano sono i grossi adesivi dal gusto piuttosto adolescenziale che ricoprono gran parte del top.
Alcuni di questi adesivi assolvono al compito di ricoprire i fori lasciati dai ponti rimossi.
I vecchi adesivi erano irreversibilmente fissati sul body: quando la 335 necessitò di qualche intervento di manutenzione e riparazione fu rispedita in USA a Gibson che applicò un nuovo strato di vernice trasparente al di sopra degli sticker. Gli adesivi applicati prima della nuova verniciatura vennero dunque coperti e non potevano più essere rimossi o sostituiti, cosa che fece comprensibilmente uscire fuori dai gangheri il buon Alvin, ma alla quale non si poté più porre rimedio in alcun modo.

La leggenda di Big Red

Nel 2005 la Gibson decise di tributare un doveroso omaggio al leader dei Ten Years After e alla sua amata chitarra producendo una serie limitata di cinquanta meticolosissime repliche masterbuilt di Big Red. Ognuno dei cinquanta pezzi numerati venne prodotto con precisione maniacale dal Custom Shop in 150 ore di lavoro, utilizzando una riserva di vecchi legni stagionati naturalmente. Si decise di riprodurre la versione attuale della 335 di Alvin, con tailpiece dotato di fine tuner e manico con block inlays e Grover. Il retro del manico è verniciato di colore differente rispetto al body, per ricreare l’effetto del manico sostituito in tempi successivi, come nell’originale. Queste chitarre presentano addirittura una fedele riproduzione degli stessi adesivi di Alvin, attaccati negli stessi punti e invecchiati nella stessa maniera del modello autentico. Questa scelta, se da un lato rende felici i fan più sfegatati, dall’altra fa arricciare il naso ai chitarristi meno propensi a sposare l’estetica controversa del modello originale.
L’entusiasmo con cui fu accolta questa serie pilota, venduta al prezzo non proprio popolare di 9mila dollari, portò Gibson a proporre il modello a un pubblico più vasto. Nei tre o quattro anni successivi la ES-335 Alvin Lee Signature fu offerta in varie versioni, con più o meno adesivi o anche in una versione completamente "ripulita", disponibile anche in colore nero mogano. Un fisiologico calo progressivo degli ordini portò poi Gibson a interrompere gradatamente la produzione del modello.

La leggenda di Big Red

Tornando al principio della nostra storia, come mai il giovane chitarrista di Nottingham rimase così stregato da quella chitarra di cui era fortuitamente entrato in possesso?
"Sembra quasi che quando si spezzi una corda mi chieda scusa", aveva detto in un'intervista.
Eppure è mia opinione che Big Red non nascondesse nulla di unico e tanto meno di magico o soprannaturale. Big Red è "soltanto" una Gibson ES-335 TD del 1959, una delle migliori chitarre mai prodotte nella storia.
Il mistero della profonda dedizione di Alvin, un vero e proprio matrimonio durato per una vita intera, ha forse una spiegazione. Qualcuno ha detto che ogni singola 335 prodotta tra il 1958 ed il 1961 sembrerebbe costruita specificamente per il musicista che l’avrebbe acquistata: la simbiosi alchemica che legò Alvin Lee e la sua chitarra pare esserne una conferma.

Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.
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