VINTAGE VAULT SHG MUSIC SHOW PEOPLE STORE
Rothwell Hellbender tra TS9 e Plexi
Rothwell Hellbender tra TS9 e Plexi
di [user #35588] - pubblicato il

Tra il mare di pedali plexi-oriented disponibili sul mercato spicca il Rothwell Hellbender, overdrive/distorsore boutique che punta a ricreare le sonorità più famose del rock con ben quattro stadi di guadagno.
Tra il mare di pedali plexi-oriented disponibili sul mercato spicca il Rothwell Hellbender, overdrive/distorsore boutique che punta a ricreare le sonorità più famose del rock con ben quattro stadi di guadagno.

Nel mercato dell'usato, capita di fare la posta a un pedale boutique per riuscire a portarselo a casa a un prezzo umano. Capita anche di scoprire che l’oggetto in questione sarebbe valso il suo prezzo disumano fino all’ultimo centesimo.

Nome: Hellbender
Cognome: Rothwell
Professione: overdrive multistadio hi-gain
Dicono di lui: Una certa somiglianza con il sound Marshall d'annata.

Ho già accennato a questo ottimo overdrive/distorsore all'interno della recensione riguardante il Canadese Traynor YCS 50, usandolo come metro per valutare la "quantità di Inghilterra" contenuta all’interno del suo canale lead.

Al tempo possedevo il pedale solo da poche settimane e soprattutto non avevo ancora avuto modo di verificare personalmente la sua effettiva vicinanza con le sonorità plexi, quindi lasciai il confronto in secondo piano nella recensione, più come un elemento di colore per rendere più interessante la lettura che per dare una precisa indicazione sonora, anche perché un amplificatore si valuta in base al proprio suono, non a quanto possa eventualmente assomigliare a quello altrui. Per un pedale invece il discorso cambia, perché nella maggior parte dei casi lo si acquista nella speranza (o illusione) di ottenere un certo preciso suono.

A oggi, dopo svariati mesi di uso intensivo sia in sala prove sia dal vivo, mi sento di completare quanto cominciato con la recensione del Traynor, partendo da un aneddoto di vita quotidiana da sala prove del quale chiunque abbia mai avuto esperienze di lungo corso con una band potrà apprezzare l’indubbio valore:
"... non so da dove viene, ma questo suono mi piace".
Mauro detto "il nonno" - batterista classe 70's, drogato di AC/DC.

Ok, come si suol dire: "so' gusti". Però, quando un apprezzamento del genere arriva da uno che ha i canali uditivi scolpiti dalla chitarra di Angus e oltretutto non è un chitarrista, ma solo un ascoltatore privilegiato, direi che come inizio non è male.
L'ipotesi di eventuali meriti dell'amplificatore è da scartare: trattasi del vecchio Randall solid state di proprietà della sala, con due coni su quattro che si reggono con la gomma da masticare. Eventuali meriti del chitarrista non sono neanche da prendere in considerazione.


L'aspetto migliore dell’Hellbender, al di là della qualità costruttiva o sonora, risiede proprio nella gamma di suoni a disposizione grazie ai diversi stadi gain che determinano impronte sonore diverse, per soddisfare diversi modi di utilizzo.
Da perfetto ignorante in fatto di elettronica, ho operato una mia personale suddivisione di queste impronte sonore, composta di quattro setting.

La prima, che sta nell'intervallo del primo quarto di gain, è essenzialmente quella di un TS9. Non ci sono sostanziali differenze, ottima per evidenziare e per spingere il suono di base dell'amplificatore senza apportare particolari modifiche in fatto di resa. Il suono non s'ingrossa né si assottiglia, a patto di non agire pesantemente sulla manopola del tono.
Proprio alla regolazione del tono va dedicata qualche parola in più: il potenziometro ha una sensibilità "giusta". Per la mia esperienza con vari overdrive, sono portato a odiare tanto quelli dove questa risulta pressoché ininfluente quanto quelli dove un millimetro di intervallo ti cambia completamente le carte in tavola. Questo permette di cambiare agevolmente i settaggi in corsa anche sul palco, senza bisogno di stare accovacciati sulla pedaliera per interminabili attimi.

Nel secondo quarto di gain, l'influenza del pedale comincia a farsi molto più marcata. La quantità di distorsione aggiunta non è particolarmente elevata, anzi ci troviamo ancora in pieno territorio low gain. Il cambiamento si ha invece sulla grossezza del suono e, secondo le caratteristiche dei pickup, si può avvertire anche un aumento considerevole di presenza sulle frequenze acute, che lo rendono più graffiante.
In questa configurazione l'Hellbender interagisce meravigliosamente con il canale drive dell'amplificatore, qualsiasi amplificatore a partire dal mio piccolo Laney LX 20, passando per il malandato stack Randall attraverso il Traynor YCS fino al Fender Deluxe. Si ottiene sempre un bellissimo impasto sonoro, caldo e con dosi massicce di sustain, senza quelle fastidiosissime slabbrature tipiche degli overdrive messi di fronte al drive dell'amplificatore, che li rendono buoni giusto peri gli assolo.
Si può mantenere attivo dall'inizio alla fine della canzone, ottenendo una distorsione imponente e definita. Ok, di fronte al drive del Fender Deluxe non fa proprio gridare al miracolo, ma trovatemi un pedale che ci riesce...

Il terzo spicchio di gain è quello che caratterizza l'Hellbender. Premetto che ho suonato una vera JTM45 solo per pochi minuti durante un contest, quindi non abbastanza per fare speculazioni sulla similarità della risposta e altri fattori tecnici di questo tipo (similitudini che mi auguro nessuno si illuda di trovare in una scatoletta), non sono un appassionato Marshall e non ne ho mai posseduti, ma le orecchie ancora funzionano. Quindi, tralasciando la sensazione che si prova suonando una Les Paul a mezzo metro di distanza da una vera plexi, dal punto divista puramente sonoro si possono riscontare parecchie similitudini. C'è il sapore tipico di quelle sonorità, con una differenza sostanziale: l'Hellbender, con questa configurazione, suona come siamo abituati a sentire le plexi nei dischi delle nostre rock band preferite. Spero di rendere l’idea. In quei pochi minuti di prova, l’unica cosa di cui mi sono reso conto con certezza è che dal vivo, prima di passare dal microfono, attraverso il mixer e le regolazioni del fonico, il suono di una plexi è molto differente da quello che mi aspettavo e probabilmente questo succede per la gran parte dei non fortunati possessori di questi amplificatori.
Intendiamoci, non è diametralmente opposto ma diverso. Ha più spigoli, meno bottom-end e definizione, c’è molta più "adrenalina".
L’Hellbender risulta un po' più pieno, lineare e definito. Di base sono differenze minime (sempre dal punto di vista puramente sonoro) ma, come vedremo più avanti, in questo caso la scelta dell’ampli può determinare differenze più o meno marcate e non necessariamente questo è un male.

L’ultimo quarto, grazie all’intervento di una minima dose di compressione, ci porta verso sonorità più moderne. Il suono di base non viene rivoluzionato, ma è facilmente percepibile una amalgama molto più fine e sostenuta. In questa ultima porzione di corsa del potenziometro, inoltre, si percepisce molto più chiaramente l’aumento asimmetrico del gain che caratterizza l’Hellbender, infatti questo sembra crescere di una volta e mezzo rispetto a quanto percepito nelle precedenti posizioni.

Rothwell Hellbender tra TS9 e Plexi

In conclusione, regardless of the amp, l'Hellbender è un buon pedale, suona bene a prescindere dell’amplificatore a cui lo mettiamo davanti. Sappiamo tutti che non è esattamente così, sono mille le variabili che possono determinare una pessima resa e la qualità generale dell’amplificatore è solo una di queste. Spesso, però, dimentichiamo una parte fondamentale dell'argomento che prescinde dalla resa del pedale accoppiato all'amplificatore, ma è invece legata al vero carattere del pedale.
Un'altra importantissima variabile è infatti legata all’incidenza delle caratteristiche di base del nostro clean sul suono del pedale. Ironicamente, uno degli amplificatori più gettonati dagli amanti della pedalanza possiede un clean che, con la propria profondità di base, ha un fortissimo impatto sui pedali: il Fender Deluxe.
La ragione è molto semplice e io ho avuto modo di toccarla con mano grazie al controverso Metal Muff, ottenuto come contropartita in uno scambio: nonostante le molte recensioni ingrate trovate in rete, rimasi letteralmente a bocca aperta una volta collegato lo scatolotto nero al mio Fender Deluxe. Era perfetto, ancor prima di equalizzarlo, appena premuto lo switch ne uscì quello che nella mia testa, era il perfetto suono di una distorsione metal: ricca, graffiante, compressa e profonda. Così, ripensando a tutte le critiche lette prima soprattutto quelle riguardanti l'alto contenuto di zanzare, mi chiesi dove fosse l’inghippo, e lo trovai una volta attaccato il pedale al mio solid state. Non era neanche un lontano parente di quello sentito sul Fender, la profondità era scomparsa, in compenso erano arrivati stormi di zanzare. Così per curiosità provai un altro solid state e le differenze riscontrate furono minime. Avevo trovato il vero carattere del Metal Muff e avevo costatato che non incontrava i mei gusti, a differenza di molti altri che invece lo adorano, perché al di là dei gusti è un pedale con il proprio marchio sonoro.

La stessa cosa (come si può vedere nel video comparativo in basso) si può riscontrare con un pedale molto più curato come l’Hellbender, che sugli american clean stile Fender acquisisce un suono molto più piacevole e commerciale di quello di una vera plexi mentre, per sentire il suo vero carattere e apprezzarne il livello di emulazione, a mio parere è necessario farlo passare attraverso un solid state.


Se si è in cerca di un'alternativa buy italian, è il caso di dare un'occhiata all'Eagle Frankie Tone, uno dei concorrenti che ho avuto modo di provare durante la ricerca di un sound simile all’Hellbender. Le caratteristiche sono diverse, come l'impronta sonora, ma il carattere british c'è tutto, insieme a uno switch che ne accresce la versatilità.

Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.

Rothwell Hellbender tra TS9 e Plexi
effetti e processori hellbender rothwell
Link utili
Traynor YCS 50
Mostra commenti     13
Altro da leggere
Ho comprato il TS9 a causa dei multieffetto, e l’ho odiato
Ampli, effetti e un nuovo sistema cabinet negli ultimi firmware per Helix e POD Go
Line 6 Helix: disponibile l’aggiornamento sonoro più grosso di sempre
Il trucco c'è ma non si vede
BOSS Loop Station: perché averne una e come sceglierla
NUX Mighty Plug Pro: uno studio in tasca
Articoli più letti
Seguici anche su:
Scrivono i lettori
Manuale di sopravvivenza digitale
Hotone Omni AC: quel plus per la chitarra acustica
Charvel Pro-Mod DK24 HSH 2PT CM Mahogany Natural
Pedaliere digitali con pedali analogici: perché no?!
Sonicake Matribox: non solo un giochino per chi inizia
Ambrosi-Amps: storia di un super-solid-state mai nato
Il sarcofago maledetto (e valvolare) di Dave Jones
Neural DSP Quad Cortex: troppo per quello che faccio?
Massa, sustain, tono e altri animali fantastici
Ho rifatto la Harley (Benton ST-57DG)




Licenza Creative Commons - Privacy - Accordo.it Srl - P.IVA 04265970964