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Gibson SG 50's Tribute: Diavoletto ante litteram
Gibson SG 50's Tribute: Diavoletto ante litteram
di [user #16167] - pubblicato il

Una Diavoletto nel 1950 non sapevano nemmeno cosa fosse, in Gibson però hanno voluto regalare a questa leggendaria chitarra una decade in più di vecchiaia, costruendo una SG come avrebbe potuto essere e non come era davvero.
Una Diavoletto nel 1950 non sapevano nemmeno cosa fosse, in Gibson però hanno voluto regalare a questa leggendaria chitarra - nata per sostituire la Les Paul - una decade in più di vecchiaia, costruendo una SG come avrebbe potuto essere e non come era davvero. L’abbiamo testata con curiosità assieme a Michele Quaini e al suo Divided #13.

Nel 1950 la Gibson SG, probabilmente, non era nemmeno nei pensieri della casa di Nashville e in Gibson questo lo sanno bene. Vuoi un po’ per completare la serie Tribute e fare il paio con la Les Paul, un po’ per creare una chitarra che possa sembrare una sorta di progetto originale, numero di serie 0000 è nata la 50’s Tribute.

Le forme ricalcano alla perfezione quelle del primo modello prodotto dalla casa nel 1961, rimaste invariate nel corso degli anni, battipenna a parte. In questo caso per rimarcare il look semplice e rude il body è lasciato libero di mostrare la colorazione lievemente sunburst senza essere coperto da nessun genere di pickguard, lasciato in eredità alla serie 60's. La vera novità è che nel body in mogano troviamo incastonati al posto dei soliti humbucker con cover cromata due P90 neri come la notte. La SG, Solid Guitar era effettivamente nata per contrastare lo strapotere di Fender che negli anni ’60 aveva messo in crisi la Gibson e la sua Les Paul grazie a chitarre leggere e con un sound molto versatile. Sulla SG però non vennero montati dei single coil ma i famosi humbucker citati precedentemente. Ecco perché su un fantomatico modello zero una coppia di P90 sono più che azzeccati. Per chi non li conoscesse questi pickup pur con una bobina singola sono caratterizzati da un livello di uscita e una quantità di basse che li fa assomigliare molto da vicino a degli humbucker pur mantenendo la brillantezza e la capacità di bucare il mix dei single coil. Facile pensare che sui primi prototipi di Diavoletto qualche P90 si sia visto, salvo poi optare per seguire la strata già marcata dalla Les Paul che la SG avrebbe dovuto sostituire, non riuscendoci. Completiamo il tour guidato e troviamo il manico in mogano con tastiera in palissandro, incollato al body, con la classica paletta a libro, 22 tasti medium jumbo con inlay trapezoidali. Come profilo è stato scelto un confortable ’50 rounded profile, un manico dalle dimensioni un filo più spesse di quelli anni ’60 ma perfettamente arrotondato per accogliere comodamente la mano del player. Le meccaniche montate non sono le classiche a tulipano ma delle Grover™ Kidney button. Dall’altra parte troviamo quattro manopole vintage due per i volumi dei P90 e due per il tone, un tune-o-matic classico e il selettore a tre vie.


Nata per sconfiggere la Stratocaster nonostante i P90 non era certo il suono di una Strat quello che ci aspettavamo da questa SG 50’s. Questi single coil sotto steroidi sono all’apparenza difficili da tenere a bada, in realtà si son dimostrati da subito più garbati del previsto. Sui puliti c’è da sottolineare che nella posizione al ponte non siamo rimasti piacevolmente sorpresi, il suono è troppo sbilanciato vero le alte frequenze e decisamente scarno sulle basse. L’output non esagerato aiuta però a non far crunchure l’amplificatore. I clean al manico sono decisamente più rotondi e godibili, trattandosi di P90 non si ha mai un suono cupo, salvo chiudere il tono per cercare un sound più jazzy. Spostandoci sul crunch il sound al ponte recupera con decisione le lunghezze di svantaggio rispetto al neck. Il P90 spinge con decisione senza esagerare e senza mai impastare il suono. Il tutto resta bene equilibrato su tutto lo spettro sonoro. Al manico si nota un livello di uscita minore e quello che era un crunch diventa più un pulito sporco. Una sonorità interessante ma che ci porta inevitabilmente ad alzare ancora il guadagno.

La chitarra di per se è spudoratamente vintage anche nel timbro. Alzando la distorsione infatti, merito ovviamente dei P90 il suono si fa cattivo, aggressivo ma mai compresso. Si percepisce anche una leggera microfonicità che rende tutto molto più oldstyle, ovviamente non si tratta di un difetto fastidioso, resta tutto molto gestibile anche a livelli da live, avvicinandosi all’amplificatore di proposito però sarà facile innescare del buon feedback per un finale d’effetto!

Sui distorti la Diavoletto si difende bene, anche se questa è l’unica situazione in cui un po’ si rimpiangono gli humbucker. Il rumore di fondo, seppur non troppo elevato si fa sentire. Il timbro resta molto personale, sporco all’inverosimile e molto aggressivo soprattutto nella posizione al ponte dove nei distorti si ottengono le sensazioni più forti.

Gibson SG 50's Tribute: Diavoletto ante litteram

In definitiva la SG 50’s Tribute grazie al prezzo contenuto offre un sound personale, che magari non è adatto a tutti ma che può far breccia nel cuore di tanti. I P90 sono dei magneti splendidi, in grado di dare sempre il giusto sostegno al chitarrista. Con l’aggiunta di 150 euro circa si potrà inoltre montare il sistema Mini E-tune, che meccanizza il procedimento di accordatura e permette di salvare accordature custom. Per meno di 900 euro ci si porta a casa una chitarra con un look unico e un vintage tone personale e aggressivo. Alternative rockers fatevi sotto!

Gibson SG 50's Tribute: Diavoletto ante litteram
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