di FBASS [user #22255] - pubblicato il 27 novembre 2013 ore 16:00
La fine degli anni '60 ha segnato l'arrivo, nei negozi italiani, di alcuni strumenti in voga ancora oggi. Uno sguardo al passato aiuta a comprendere i gusti e le necessità dei musicisti, in un parallelismo dalla Beat Generation ai giorni nostri.
La fine degli anni '60 ha segnato l'arrivo, nei negozi italiani, di alcuni strumenti in voga ancora oggi. Uno sguardo al passato aiuta a comprendere i gusti e le necessità dei musicisti, in un parallelismo dalla Beat Generation ai giorni nostri.
I "nostri anni migliori", per tutti quelli della così detta Beat Generation, sono quelli in cui abbiamo potuto evolverci, musicalmente parlando, potendoci permettere delle attrezzature e degli strumenti prima irraggiungibili. Tutto questo coincide con gli inizi degli anni '70.
Nei negozi di strumenti musicali, a partire dal 1969, si videro modelli che fino ad allora si erano potuti ammirare solo nell'uso dei grandi gruppi e degli interpreti sulla cresta dell'onda. Insieme, si decise quali di questi erano indispensabili per poter avere un approccio professionale, anche perché le occasioni di usarli e di guadagnare qualcosa erano molte: non esistevano ancora i MIDI File e le batterie elettroniche erano ancora molto limitate come prestazioni, relegate principalmente all'uso in qualche organo a consolle.
Quali erano quindi le principali aspirazioni dei chitarristi e bassisti? Le chitarre erano tassativamente due e tutti aspiravano a possederle entrambe: la Fender Stratocaster e la Gibson Les Paul.
Quest'ultima era ricercata sia Deluxe sia Custom, ma non pochi rimasero fedeli alle SG Special o Standard. Della prima citata, invece, nessuno voleva fare a meno, dimenticandosi sia delle Telecaster sia delle Mustang, nostri primi approcci alle chitarre della Fender.
La scelta della maggior parte dei bassisti era unica: il Fender Jazz Bass.
Pochi rimanevano fedeli al Fender Precision e al Gibson EB0 (oppure EB3). Avevamo messo tutti da parte l'Hofner Violin Bass e le chitarre Hofner e Framus, delle Eko poi preferivamo non ricordarcene più, ingrati visto che tutte queste citate ci hanno fatto crescere musicalmente negli anni '60, nel periodo Beat, ma proprio perché erano le sole che ci potevamo permettere. Le consideravamo le scelte degli anni delle vacche magre.
Ci fu anche un ritorno alle colorazioni dedicate al fenomeno "figli dei fiori", quando questo era già tramontato, cioè tra il 1969 e il 1972. Si parla delle Paisley e delle Flower, che furono una meteora riproposta poi negli anni '80 con il fenomeno Made in Japan della Fender post-CBS.
Qualche bassista si oppose alla moda dilagante e rimase dell'idea che il meglio fosse da ricercare nel Rickenbacker 4001-4003. Credo che molti si siano riconvertiti ai Fender giusto perché il basso era nato in casa di Leo nel 1951, ma possedere uno degli altri citati non era una scelta poi tanto da disprezzare.
E i chitarristi jazz? La scelta anche in questo caso fu unica: la Gibson ES 175, con qualche danaroso disposto all'acquisto della più cara L5.
All'epoca Ibanez non aveva ancora abbandonato il periodo dei cloni, ma a fine decennio furono proposte le Artisan, delle buone chitarre che avrebbero aperto la strada a una lunga tradizione di ottime archtop nipponiche.
Gli amplificatori preferiti sono stati da sempre i Fender Twin e Bassman, gli Ampeg Gemini 1-VI e B 15 N, ma uno in particolare fu da tutti noi prescelto come il simbolo dell'era Beat: il VOX AC 100 Beatles.
Nota della Redazione: Accordo è un luogo che dà spazio alle idee di tutti, ma questo non implica la condivisione di ciò che viene scritto. Mettere a disposizione dei musicisti lo spazio per esprimersi può generare un confronto virtuoso di idee ed esperienza diverse, dando a tutti l'occasione per valutare meglio i temi trattati e costruirsi un'opinione autonoma.