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Stevie Wonder al Lucca Summer Festival
Stevie Wonder al Lucca Summer Festival
di [user #33493] - pubblicato il

Chi si aspettava di vedere il tradizionale concerto-monumento di un’istituzione della musica mondiale la sera scorsa a Lucca deve essere rimasto sorpreso: quello di Stevie Wonder al Summer Festival è stato uno degli eventi più coinvolgenti della stagione e le consuete lodi del giorno dopo arrivano senza troppe concessioni.
Chi si aspettava di vedere il tradizionale concerto-monumento di un’istituzione della musica mondiale la sera scorsa a Lucca deve essere rimasto sorpreso: quello di Stevie Wonder al Summer Festival è stato uno degli eventi più coinvolgenti della stagione e le consuete lodi del giorno dopo arrivano senza troppe concessioni.

Mi si intenda, non è mancato nessun aspetto dell’evento celebrativo ‒ la sacralità dell’incontro con la leggenda vivente, il pubblico in delirio, una set list che ha coperto la carriera pluridecennale con un’ovvia prevalenza di brani dei primi trent’anni ‒ ma pare che Stevie Wonder non abbia alcuna intenzione di farsi oggetto da museo e, dunque, ha deliziato il pubblico con una performance da veri Maestri.

Coadiuvato da un’ottima band di 14 elementi, Steveland Hardaway Judkins (questo il suo vero nome) si è presentato in piazza Napoleone pochi minuti prima delle 22, raggiungendo da solo, tastiera a tracolla, i suoi musicisti che lo attendevano sul palco. Il pubblico di più di novemila persone lo ha accolto con un’ovazione liberatoria della tensione accumulata negli oltre venti minuti di ritardo, ma anche nei quattro anni di attesa dall’ultimo concerto in Italia, tenuto all’Arena di Verona nel luglio del 2010. Quella di Lucca è stata l’unica data italiana di questo tour e anche quella conclusiva.

La cifra del concerto è stata l’incredibile empatia col pubblico, che invero contraddistingue ogni live di Stevie Wonder, ma che non si può comprendere appieno fino a quando non si ha il piacere di essere travolti dall’ondata partecipativa di uno di essi: in piazza Napoleone è stata innescata a inizio concerto dall’esplicito invito di Wonder a formare il coro "The Stevie Wonder Voices of Lucca" ed è proseguita spontaneamente per tutta la durata dello spettacolo. Il pubblico ha partecipato sempre attivamente al concerto, è stato chiamato a eseguire cori, a interagire, a dialogare, e a tratti il Re del Soul sembrava un vero predicatore: nella sua lunga funzione al Summer Festival, si è rivolto alla folla di fedeli parlando di amore, di musica, di guerra, trasmettendo energia e vibrazioni positive talmente tangibili da spingere il pubblico a continue standing ovation.

Stevie Wonder al Lucca Summer Festival

Lo si diceva in apertura, la set list ha passato in rassegna, in ordine sparso, i grandi classici degli esordi (”Signed, Sealed Delivered”, ”Living for the City” e ”For Once in My Life”), i capolavori degli anni ’70 (una spettacolare ”Higher Ground”, Don’t You Worry ‘bout a Thing”, ”Sir Duke”, ”I Wish”, ”Superstition”, ”As” e gli splendidi lenti ”Send One Your Love” e ”Visions”) e le superhit degli anni ’80 (”Part-time Lover”, ”I Just Called”, ”As If You Read My Mind”, ”Happy Birthday”, Overjoyed”, ”All I Do”, ”Ebony and Ivory”, in cui Stevie si è anche abbandonato a un’imitazione dell’amico Paul McCartney), con una serie piuttosto corposa di cover, tra cui una bella interpretazione di ”How Sweet It Is (To Be Loved by You)” di Marvin Gaye in apertura, ”Day Tripper” e ”Michelle” dei Beatles, ”Nel blu dipinto di blu” e una divertentissima versione di ”Tequila” personalizzata per il pubblico di Lucca. Questa scelta ha deluso numerosi fan, anche perché ha comportato l’esclusione dalla scaletta di altri successi di Wonder come “Master Blaster” e ”Isn’t She Lovely”, solo per citarne due tra i più amati, ma in realtà ha dato vita a un programma forse meno prevedibile e altrettanto gustoso.

Wonder era un vero spettacolo e non si riusciva a togliergli gli occhi di dosso: ha suonato il piano, l’armonica, le percussioni, l’harpejji (strumento a corda che è una via di mezzo tra pianoforte e chitarra che pare essergli particolarmente funzionale) e, soprattutto, ha cantato. Sembrava proprio godere di una ritrovata forma fisica (e vocale), ma i frequenti spazi in cui ha lasciato cantare il pubblico fanno pensare a una certa cautela nel distribuire le proprie risorse. La cosa, però, non ha compromesso lo spettacolo, non ha spento per un solo secondo gli animi e non ha “rubato” nulla a un concerto durato quasi due ore e venti minuti, senza pause né bis.

Di tutto rispetto la band, che lo ha accompagnato con grande solidità e un groove davvero fuori dal comune. Oltre al bandmate di sempre, il bassista Nathan Watts, una menzione particolare va all’eccezionale Stanley Randolph alla batteria, ottimamente coadiuvato dai percussionisti Fausto Quevas e Munyungo Jackson, Ed Brown e Roman Johnson alle tastiere, Tariqh Akoni e Yohei Nakamura alla chitarra, Dwight Adams alla tromba e Ryan Kilgore al sassofono e i coristi Aisha Morris (la figlia di Stevie, con cui ha anche duettato su “Ebony and Ivory”), LaNesha Latimer, Jasmin Cruz e Keith John. I soli dei musicisti sono stati ridotti all’osso, lasciando a Wonder i riflettori (difficilmente avrebbe potuto andare diversamente). La band ha dimostrato grande coesione non solo nell’esecuzione dei brani ma anche nel seguire Wonder in tutte le sue “divagazioni”, improvvisate sull’onda del momento.

Stevie Wonder al Lucca Summer Festival

Poche, tutto sommato le pecche: le incertezze nell’esecuzione erano di entità trascurabile. L’acustica non era proprio eccelsa e questo ha fatto soffrire in particolar modo i fans di Nate Watts, purtroppo. L’energia e il professionismo di questi musicisti e, soprattutto, il talento stupefacente di Wonder hanno messo d’accordo tutti i presenti nel dichiararsi fortunatissimi per aver assistito.

Nota frivola: alla fine di "Michelle" due ragazzi freschi di matrimonio, seduti in platea con indosso ancora l’abito della cerimonia, hanno voluto regalare il bouquet della sposa a Stevie e per tutta risposta sono stati invitati a salire sul palco. Molti i vip intervenuti, ma non se li è filati nessuno.

Il classico concerto che tutti i musicisti dovrebbero vedere: indipendentemente dai gusti musicali, dalle scelte di scaletta, dalle imperfezioni esecutive, c’era qualcosa da imparare in ogni singolo brano eseguito. C’era molto da imparare anche in termini non strettamente “tecnici”: tutti sul palco hanno suonato col sorriso sul volto dall’inizio alla fine del concerto, stillando grande entusiasmo e stringendo un anello emotivo intorno al pubblico, con cui c’è stata interazione continua.

L’ultimo disco in studio di Wonder, A Time o Love, risale al 2005. Se l’artista non avverte l’urgenza di pubblicare alcun nuovo album, evidentemente, invece, ama molto suonare dal vivo e si spera lo faccia ancora a lungo.

Scaletta
How Sweet It Is
Higher Ground
As If You Read My Mind
Tequila
Day Tripper
Send One Your Love
Nel blu dipinto di blu
Overjoyed + Ribbon in the Sky
Don’t You Worry ‘bout a Thing
Signed, Sealed, Delivered
Sir Duke
I Wish
Visions
Living for the City
Ebony and Ivory
Part-Time Lover
Interludio alle percussioni + It’s Wrong (Apartheid)
I Just Called (to Say I Love You)
Michelle
All I Do
As
For Once In My Life
Happy Birthday
Superstition

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