di Denis Buratto [user #16167] - pubblicato il 14 agosto 2014 ore 08:30
Michele Quaini non è solo nostro, ma dobbiamo dividerlo spesso con artisti italiani e non che portano lui, le sue Strat e la Dangelo rossa in giro per l’Italia. Dopo Chiara e Marco Mengoni, per citare gli ultimi, è la volta di Roby Facchinetti. Proprio in occasione della data a Brembate di Sopra abbiamo raggiunto Michele per realizzare dei contenuti esclusivi riguardo il lavoro del chitarrista professionista.
Michele Quaini non è solo nostro, ma dobbiamo dividerlo spesso con artisti italiani e non che portano lui, le sue Strat e la Dangelo rossa in giro per l’Italia. Dopo Chiara e Marco Mengoni, per citare gli ultimi, è la volta di Roby Facchinetti. Proprio in occasione della data a Brembate di Sopra abbiamo raggiunto Michele per realizzare dei contenuti esclusivi riguardo il lavoro del chitarrista professionista.
Il tempo non era l’ideale per salire sul palco ancora bagnato fradicio da un’estate tanto autunnale da far rimpiangere lo scorso novembre. Abbiamo realizzato lo stesso una serie di contenuti sfiziosi riguardo il mondo dei chitarristi professionisti e del professionismo in generale. Con quello di oggi prende il via la rubrica Quaini on Stage, o quasi visto le condizioni meteo.
Oggi affronteremo l’argomento monitoring. Con Michele abbiamo approfondito l’uso dell’in-ear monitoring, sviscerandone pro e contro. Per chi non fosse pratico i monitor o spie sono quegli speaker posti sul palco rivolti verso i musicisti. Come dice il nome stesso servono a far sentire a chi è on stage cosa sta suonando lui, ma soprattutto gli altri. Su palchi piccoli spesso non si ha la fortuna di averne una a testa, ma quando la situazione lo permette è importante imparare a gestirle al meglio, scegliendo con cura cosa si vuole sentire ed evitando quindi di sovraccaricare la cassa. Nei sistemi in-ear la situazione è diversa. Composti da cuffiette isolanti collegate nella maggior parte dei casi a trasmettitori radio per facilitare i movimenti, richiedono una scelta ancora più accurata del balance tra i vari strumenti. Isolando completamente da tutto ciò che viene emesso sul palco il musicista dovrà farsi creare dal fonico un vero e proprio mix dal quale dovranno emergere gli strumenti più utili al proprio ascolto.
Prima di scoprire qual è il mixing perfetto secondo Michele damo proprio a lui la parola per scoprire vantaggi e svantaggi dei due sistemi monitor fisico Vs in-ear.
Tu personalmente cosa vuoi in spia? Dipende dai brani. Personalmente cerco sempre di avere un mix bello equilibrato della canzone. Mi piace sentire il suono generale del brano negli in-ear. Ovviamente rispetto a un mix normale tendo ad alzare lievemente la chitarra in modo da sentirla sempre al meglio. Il click ce l’ho abbastanza alto, mi serve soprattutto per i riferimenti nelle battute vuote. Di solito lo tengo pannato a sinistra mentre la chitarra un pelo più a destra. Questo mi permette di avere grosso modo sempre sotto controllo tutta la situazione. Nei click infatti vengono spesso e volentieri inseriti anche i count. Poniamo per esempio che nel mezzo del brano ci siano sette misure di pausa con solo un pad fisso. Sulla settima misura una voce one two three four ci aiuta a rientrare tutti insieme. Certo, noi contiamo lo stesso, ma questa cosa ci aiuta a stare un poco più sereni. Tutti questi aspetti vengono decisi con i direttori musicali, si decide assieme quali sono i momenti topici in cui possono servire aiuti del genere, non vi nascondo che i count sono davvero comodi. Tornando al monitoring, capita a volte che non si riesca a raggiungere un mix perfetto nelle cuffie. La cosa non è facile perché di brano in brano cambiano un sacco di cose. Quando per qualsiasi motivo un vero equilibrio non si trova allora cerco di farmi mettere in spia solo basso batteria e un po’ di sequenze il più possibili presenti oltre appunto alla chitarra e il click.