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Dieci elettriche iconiche
Dieci elettriche iconiche
di [user #3] - pubblicato il

La chitarra elettrica tocca l'immaginario, infiamma gli animi e trasforma il chitarrista in supereroe. Se poi chi la suona è supereroe già di suo, allora scatta la magia e nasce l'icona. Ecco dieci accoppiate iconiche musicista-strumento che hanno fatto (o continuano a fare) la storia della nostra musica.
S'è parlato di chitarre acustiche iconiche e - con il dovuto rispetto per quegli strumenti magnifici - è stato come scaldare i muscoli prima della parte più ricca e difficile: le dieci chitarre elettriche iconiche. Perché possiamo raccontarcela quanto vogliamo, possiamo avere le unghie consunte dal fingerstyle, possiamo bearci all'odore del bubinga e del koa, ma nessuno può negare che nulla come la chitarra elettrica emoziona e colpisce l'immaginario.

La chitarra elettrica trasforma noi piccoli umani in UFO-robot, giganti guerrieri. Che sia una vecchia Fender consunta o una Ibanez a tinte fluo, quando tiriamo su la levetta standby diventiamo supereroi. Eroi blues, rockabilly, country, shred, ma tutti con la loro super-arma a sei (o sette) corde. E allora eccole, le dieci super-armi più iconiche indissolubilmente associate a dieci chitarristi-supereroi-ufo-robot. Strumenti magnifici di musicisti magnifici.

NB: Qualcuno potrà essere d'accordo, altri avrebbero messo nomi diversi. Benissimo, la musica vive nella diversità. Ribadisco che il mio intento non era elencare "i migliori", ma quelli che considero i dieci abbinamenti più significativi, appunto più "iconici", nella magnifica storia della nostra musica.

La Fender Stratocaster "Blackie" di Clapton
Cioè, la Fender Stratocaster punto, perché sono tanti, troppi i chitarristi che ne hanno fatto un'icona: da Jimi Hendrix a Buddy Holly, da SRV a Richie Blackmore passando per David Gilmour e Mark Knopfler. Ecco. ho scelto EC per varie ragioni. Innanzitutto perché quando decise di passare alla Stratocaster nel 1970 le vecchie Fender non se le filava nessuno. Poi perché è l'artista che la nuova Fender post-CBS decise di chiamare a fine anni '80 per la prima signature della sua storia. Finalmente perché la copertina di Just One Night è un inno alla Stratocaster. Blackie era (che ormai è un soprammobile) un mongrel, realizzato scegliendo le parti migliori di tre Stratocaster del 1956 e 1957, costato in totale qualche centinaio di dollari e venduto all'asta quarant'anni dopo a un milione di dollari. È stata sostituita dalla Stratocaster Eric Clapton nel 1988, con circuito attivo e pickup Lace Sensor, costantemente aggiornata, dipinta, modificata, coperta d'oro, ma sempre inconfondibilmente Stratocaster. Nel 2006 sono state prodotte 275 repliche della Blackie originale, assegnate a sorte attraverso Guitar Center. A trovarne una in vendita oggi non bastano 20mila dollari per prenderne possesso. Per la Stratocaster questo e altro.

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La Frankenstrat di Edward Van Halen
A fine anni '70 il giovane e talentuosissimo Eddie Van Halen spende 130 dollari nel negozio di Wayne Charvel e Lynn Ellsworth per portarsi a casa un corpo e un manico Boogie Bodies (furono tra i primi a offrire parti "Strat style" in stile vintage, migliori della produzione CBS dell'epoca). Poi - probabilmente aiutato da un bel cocktail di sostanze chimiche e Jack Daniels - la dipinge a colpi di spray. Il ponte è un Fender vintage (tolto da una Stratocaster del 1958, argh!) e l'elettronica non potrebbe essere più semplice: un PAF originale (tolto da una 335 del 1959, argh!), immerso nella cera per evitare il feedback, avvitato direttamente nel legno e controllato da un unico potenziometro da 500K. Il battipenna è realizzato ritagliando un disco in vinile. Con quella chitarraccia e con le sue successive incarnazioni (la VH2 Bumblebee gialla e la Frankenstrat Mark II rossa), Eddie rivoluzionerà non solo il rock, ma anche il concetto di "chitarra elettrica". In un mondo che mostra le prime ossessioni per le chitarre della Golden Age, lui attacca la cinghia con viti a occhiello, scava scassi a cacciavitate, usa un quarto di dollaro per spessorare il Floyd Rose. E - che ironia! - nell'anno della "Vintagemania", mentre le valutazioni di Fender e Gibson vintage raggiungono le sei cifre, esce 1984, ultimo, devastante e - secondo molti - migliore album dei Van Halen nella formazione originale con David Lee Roth. A dimostrare che per fare la storia del rock non c'è bisogno di una chitarra da 50mila dollari.

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La Gibson 355-TD "Lucille" di BB King
La storia dice che nel 1949 BB King rischiò la vita per salvare la sua Gibson da un incendio in cui morirono due uomini, rimasti a scazzottarsi tra le fiamme per l'amore di una ragazza di nome Lucille. Da quel giorno ogni sua chitarra divenne "Lucille", pare per ricordarsi di non fare una cosa così stupida come perdere la vita per una faccenda tutto sommato marginale. Dopo aver suonato un po' di tutto, nel 1959 BB King mise le sue mani magiche sulla Gibson semi-hollow e non la lasciò più. La sua prima Lucille fu una Gibson 335, prima di una lunga serie di 335, 345 e 355. Chitarre strepitose, in grado di unire la morbidezza della semiacustica alla grinta della solid body, grazie alla costruzione innovativa, basata su un blocco pieno al centro del corpo per evitare feedback. Nel 1980, in occasione dell'uscita di scena della 355, come canto del cigno della regina della serie 300 Gibson realizzò un modello dedicato a BB King. Era una 355 nera (ma poteva essere acquistata anche in burgundy), senza buche a F per una resistenza ancora maggiore al feedback, con manico in acero, ponte fisso e scritta Lucille alla paletta. Fu prodotta per cinque anni ed era la chitarra che BB King usava normalmente. Grazie all'alta qualità delle Gibson, il Re poteva infatti usare strumenti di normale produzione, che all'occorrenza acquistava in negozio. Nel 2005 Gibson celebrò l'ottantesimo compleanno dell'icona blues donandogli una Lucille in pezzo unico, rubata e ritrovata molti anni dopo da un appassionato che decise di restituirla. Ben pochi altri sodalizi tra musicista e chitarra sono stati fedeli come quello tra BB King e la sua Gibson Lucille.

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La Gretsch 6120 di Brian Setzer
Ancora giovanissimo, Brian Setzer scelse una Gretsch arancione perché la suonava Eddie Cochran. Solo dopo averla acquistata accorse che era lo strumento perfetto per lui, per via di quel suono unico, a metà strada tra Fender e Gibson. Potente, eppure brillante e precisa, la 6120 era più ricca di una Stratocaster e più twangy di una Les Paul. Su quel suono Brian ha costruito la storia del rockabilly moderno, negli anni '80 con gli Stray Cats. Poi, maturato ed evoluto artisticamente, ha inventato un suo nuovo swing, elegante e al contempo intriso di atmosfere rock, rockabilly e jazz. La rinascita Gretsch forse non ci sarebbe stata senza il ciuffo ribelle di Brian Setzer, che negli anni delle super-Strat si faceva notare per una chitarra d'altri tempi, con la decal del gatto randagio e due dadi al posto delle manopole. La Gretsch 6120 del 1959 dell'epoca Stray Cats è passata a miglior vita recentemente, in sala d'incisione, cadendo in pezzi durante una session dopo anni di onorata carriera. Ma Brian è disincantato sulle chitarre: apprezza e rispetta quelle vecchie, ma è consapevole delle oggettive difficoltà che pongono con le loro idiosincrasie (soprattutto le delicate hollowbody) a un professionista come lui.

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La sua nuova Gretsch signature avrà forse un po' meno "magic", ma suona bene dal primo istante, ha un ponte stabile, un manico dritto e tasti adatti a un musicista moderno. Oltre ad avere un look che più rock di così non si può, soprattutto nelle variani "sparkle" che Brian abbina sempre ad abiti di scena in tinta. L'importante è amplificarle con un Bassman del 1963, l'anno in cui "Leo started using a solid state rectifier", ingrediente fondamentale del suo suono magnifico.


La Ibanez JEM di Steve Vai
Prima del capolavoro ci sono gli studi: la Charvel Green Meanie, la Yankee Rose a buchi di Joe Despagni (prima chitarra con la maniglia), la Flame Guitar fatta da Chris Wood per il video Going Crazy, la Tom Anderson Visual Assault e ultima la Tom Anderson rossa del film Crossroads, scagliata a terra per la rabbia della sconfitta. Le chitarre di Tom Anderson finiscono a terra anche nella realtà, perché poco dopo Steve Vai - già famosissimo e corteggiato da tutte le principali aziende - firma un ricchissimo (per entrambi) accordo con Ibanez (Tom Anderson non glielo perdonerà mai).

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L'obiettivo è superare il concetto di super-Strat, aprendo nuove prospettive indicate dalla genialità dell'artista. La Ibanez JEM compare al NAMM del 1987 e ribalta il mondo con una serie di innovazioni mai viste prima su strumenti di produzione industriale: tre Di Marzio con una circuitazione all'epoca totalmente innovativa, con split sulle posizioni 2 e 4 e filtro passa alti. Uno scasso a forma di artiglio d'orso (già sperimentato sulla Green Meanie) consentiva di aumentare l'escursione del Floyd. La tastiera a 24 tasti (una rarità riservata ai prodotti artigianali all'epoca) aveva le ultime posizioni scalloped e un'accessibilità alle note alte senza precedenti grazie ai cutaway estremi e allo scasso nella zona di attacco manico-corpo. C'erano ovviamente la maniglia "monkey grip" e un'estetica mai vista, con colori fluo e dettagli in contrasto, inclusi i segnatasti a piramide. E a fianco della GEM la RG, stessa qualità e qualche finezza in meno, per proporre a un prezzo più basso, la vera intuizione. Destinata a diventare una delle chitarre di maggior successo nella storia, arma senza concorrenti degli shredder di tutto il mondo, la RG è una fantastica base per l'esercizio del "modding". Il mondo capovolto: da un lato i collezionisti e la venerazione di ruggine e graffi, dall'altro un alieno, che produce suoni incredibili e affascinanti, che si muove come un ballerino, e suona come nessun altro uno strumento scanzonato, modernissimo, disponibile a farsi trasformare per adattarsi a gusti, mode e suggestioni.

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La Fender Esquire/Telecaster di Bruce Springsteen
Il giovane Bruce Springsteen non ha i 180 dollari necessari a comprare la chitarra appesa in vetrina nel negozio di Phil Petillo, uguale i suoi idoli Jeff Beck, Steve Cropper e James Burton. Ma dopo la firma del contratto con la Columbia Records, incassati i primi soldi, vola da Phil Petillo e cattura quel mongrel, messo assieme con un manico Esquire e un corpo Telecaster degli anni '50. Oggi quella "estensione del mio corpo", come la definisce il Boss, è un'icona. Ha subito infiniti interventi e modifiche, oggi è praticamente in pensione, ma resta un pezzo fondamentale nella storia del rock.


Ma anche senza Bruce, la Esquire-Broadcaster-Nocaster-Esquire sarebbe comunque stato per molti versi lo strumento più importante nella storia della musica moderna. Sia concettualmente (pezzi di legno poco pregiato, avvitati, sostituibili, modificabili), sia dal punto di vista sonoro (una voce tagliente, grintosa, capace di fare al meglio quello che il suo inventore non voleva: saturare l'amplificatore e farne uscire un suono impossibile).

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Semplice, essenziale, ignorante, splendida nel suo minimalismo, ostica, rozza, la Telecaster è da sessant'anni l'arma di un numero infinito di musicisti, dagli eroi di Bruce Springsteen giovane a Bruce Springsteen stesso diventato eroe. E poi Albert Lee, Roy Buckanan, Brad Paisley, Albert Collins, Danny Gatton, Vince Gill, Merle Haggard, George Harrison, Wylon Jennings, John 5, Chrissie Hynde, Bill Kirchen, Muddy Waters, Buck Owens, Jimmy Page, Billy Gibbons, Will Ray, Keith Richards, Marty Stuart, Andy Summers, Clarence White, Tommy Tedesco e infiniti altri, noti e sconosciuti. Si può dire che senza Fender Telecaster oggi la musica non sarebbe la stessa.


La Gibson SG di Angus Young
Secondo un sondaggio condotto nel 2005 dalla rivista Maxim, Angus Young è "il personaggio di bassa statura più importante di tutti i tempi", più di Napoleone e Giulio Cesare. Ci può stare: una confezione minuscola per una carica devastante di energia rock, fin dai primi anni di carriera indissolubilmente legata alla Gibson SG.
Progettata a metà 1960 per contrastare il calo di vendite della Les Paul, la SG era talmente radicale da scontentare Les Paul, che tolse il nome dal nuovo modello. In realtà la SG era una chitarra straordinaria, anche se molto diversa dalla Les Paul, nonostante l'inusabile "sideways Vibrola" che tentava invano di fare concorrenza alla Stratocaster. Leggerissima, piccola, maneggevole, la SG incantò molti musicisti per la voce calda e pastosa prodotta dall'abbinamento dei PAF e successivi humbucker con il mogano di corpo e manico.

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La prima SG di Angus, usata fino a inizio anni '80, pare sia una 1970 brown. Poi, con i primi successi, il piccolo-grande chitarrista si scatena in acquisti forsennati, che lo portano ad accumulare centinaia di Gibson SG di tutte le epoche, dalle prime SG-Les Paul alle sue favorite (per via del manico più sottile e del corpo più leggero) degli anni 1969-71. Pochissime le eccezioni, tra cui la SG-style Jaydee di John Diggins, il liutaio a cui i guitar tech di Angus Young portano le chitarre per ogni intervento, incluse le profonde ricostruzioni rese necessarie dal mix di energia, sudore e violenza che AY impone allo strumento durante ogni concerto.
Il sodalizio Angus Young - Gibson SG è di quelli indissolubili, è un'affinità elettiva: la "diavoletto" è finita in innumerevoli mani nobili (da quelle maciullate di Tony Iommi a quelle giovani di Derek Trucks, che condivide le sue carezze tra la SG e Susan Tedeschi), ma è al collo di Angus, strapazzata nei suoi duck walk, che si scatena e diventa un'entità aliena, quasi autonoma, che sa cantare purissimo rock. SG about to rock, we salute you!


La "Red Special" di Brian May
Detta anche Fireplace o Old Lady da Brian stesso e da pochi intimi, è forse la più atipica tra le chitarre iconiche. A differenza di praticamente tutti i grandi chitarristi, il ragazzo Brian May non sogna lo strumento di un suo eroe della musica, ma ne vuole uno tutto suo, esclusivo. Aiutato dal padre, si dedica al progetto che dura due anni, partendo da una mensola del camino centenaria (il manico) e da pezzi di quercia molto stagionati con cui realizza tastiera e corpo. La stagionatura dei legni li rende durissimi e richiede un lavoro lungo e faticosissimo per raggiungere forme e dimensioni volute, ma è garanzia di una perfetta trasmissione delle vibrazioni. Il tocco di classe sono i segnatasti, realizzati a partire da bottoni di madreperla. Il corpo è cavo, realizzato con un blocco centrale a cui sono incollate le ali laterali. Il tutto è coperto da fogli di mogano. Il binding è ricavato dal bordo di una libreria, il ponte-vibrato è realizzato con una lama di coltello e due molle di origine motociclistica e i pickup sono dei Burns Tri-Sonic riavvolti da Brian. Insensibile ai richiami delle maggiori aziende che fanno a gara per accaparrarselo come endorser, Brian May suona la sua Red Special per tutta la sua carriera, con pochissime eccezioni (principalmente la replica costruita dal liutaio inglese John Birch, utilizzata come backup). Negli anni '80 Guild produce delle copie non fedelissime e Burns mette in pista una versione prodotta in Corea nei primi anni 2001. Ma sono strumenti che lasciano il tempo che trovano. Più interessante la produzione di una lunga schiera di liutai, che nel tempo ha proposto repliche più o meno accurate, tra questi, anche il bravo Corrado Carpinteri, italiano.

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La Gibson Les Paul "Pearly Gates" di Billy Gibbons
Les Paul Standard 1959. Mette i brividi solo a dirlo, perché si sta parlando dell'elettrica che la gran parte degli appassionati giudica la più bella di sempre, lo Stradivari coi pickup. Una vera icona rock di suo, con quelle fiamme del top in acero che dicono con superbia a tutte le altre chitarre "sono la migliore, la regina, tu chi cazzo sei, legnetto?"
E lui, Billy Gibbons, il Sommo Sacerdote di tutte le Chitarre, la acquista negli anni '70 per 250 dollari. È il più grande affare chitarristico della storia, visto che oggi la Flametop originale più anonima (se si può usare questo aggettivo per le più preziose chitarre moderne di sempre di sempre) cambia custode a cifre ampiamente superiori ai 100mila dollari.

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Pearly Gates è protagonista del più genuino, puro, rancido rockblues TexMex. Intinta nel chili di Carrol Shelby, a suo agio sul sedile di una Ford Cobra, la Les Paul di Billy Gibbons è un simbolo immortale. Il barbuto in pubblico non le è fedele, come si conviene a un vero hombre, perché dal vero successo in avanti sfoggia chitarre di ogni tipo, dalle Explorer pelose alle Esquire costruite da liutai del Fender Custom Shop sull'orlo di una crisi di nervi. Eppure il suo suono di riferimento, il suono degli ZZ Top resta quello di Pearly Gates, anche se ormai la regina passa più tempo a sonnecchiare nel vellutino fucsia che a urlare pentatoniche sul palco.
Con buona pace di Beano, Bloomfield, Slash, Page, Duane, Kossof, Moore, Green e tanti altri immensi artisti, il Reverendo Will G. con la sua barba, le sue hot rod e le sue pinup platinate tacco 15 si autoelegge partner iconico della Les Paul Standard. Have Mercy!


Le Rickenbacker dei Beatles
È possibile che senza i Beatles oggi Rickenbacker o non esisterebbe o sarebbe una fabbrica da poche decine di pezzi all'anno. Strumenti ostici, caratterizzanti, difficilmente inseribili nei contesti moderni, si continuano a vendere bene grazie all'enorme risonanza che ancora deriva dai Beatles. Nel dovuto rispetto per mr. Roger McGuinn, mr. Pete Townshend, mr. Tom Petty e qualche altro grande artista, la Rickenbacker è cosa dei Beatles e quel suo jingle-jangle è un ingrediente determinante del Beatles sound.
 La prima a entrare nel gruppo è la Capri 325 natural "acquistata" da John (pare che in realtà abbia pagato solo la caparra) ad Amburgo nell'agosto del 1960. Dopo poco comincia a modificarla, facendo sostituire la Kauffman Vibrola con un Bigsby e aggiornando l'elettronica da due a quattro controlli. Nel 1963 la 325 diventa nera, pare per abbinarsi alla Jet Firebird di George. Quasi contemporaneamente George compra una 425, ma non lo soddisfa e la usa occasionalmente.

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L'8 febbraio 1965 compare lo strumento che più di tutti influenzerà la musica dei Beatles, la 360/12, secondo prototipo della Rickenbacker a 12 corde, su cui Francis C. Hall monta le corde alte sotto quelle grosse. Il suono che ne esce (nonostante l'elettronica astrusa, che George dice di non aver mai capito come usare, con tutti quei bottoni e switch) è unico e inconfondibile. Il primo pezzo che George ci registra è "I Should Have Known Better", il secondo è "I Call Your Name": in entrambi si distingue chiaramente il suono Rickenbacker, ma è su "Ticket To Ride" e "A Hard Day's Night" che le 12 corde danno un sapore nuovo e irresistibile. Dal vivo George continuerà a usare le sue Gretsch, che probabilmente gli danno più versatilità e non hanno i problemi di accordatura delle 12 corde. Anche John riceve una nuova 325 dotata di vibrato Accent, anche se la sua Capri originale del 1958 resterà sempre la sua preferita. Invece respinge dopo pochi giorni la nuova 325-12, perché "non ne vuole sapere di stare accordata".

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Nel gennaio del 1964 Rickenbacker costruisce due bassi 4001 mancini, uno dei quali viene offerto a Paul, il quale però lo rifiuta perché Rickenbacker gli chiede una piccola quota per coprire i costi di spedizione (altri tempi....). Il 4001S LH lo raggiungerà di nuovo, gratis, nell'agosto dello stesso anno durante le prove del concerto all'Hollywood Bowl.

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Link utili
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Il brown sound e le chitarre di Eddie su Evhproject
Varie chitarre di EVH sul sito Kramer
Boogie Bodies oggi
Il sito di Brian Setzer
Le nuove Grtesch Brian Setzer
Intervista a Brian Setzer su Premier Guitar
La prima Green Monster di Steve Vai
La rivoluzione JEM da Premier Guitar
Storia della chitarra di Springsteen sul sito Fender
Dettagli e misteri sulla chitarra di Springsteen
La storia della Red Special su Wikipedia
Brian May Red Special - il libro
Cquadro Guitar Works
Jaydee liutaio di Angus Young
Articolo sulle chitarre di AY da AC/DC Italia
La Gibson Angus Young SG Standard
Le Rickenbacker dei Beatles

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