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Fender Esquire 1952 contro Nocaster Custom Shop
Fender Esquire 1952 contro Nocaster Custom Shop
di [user #4093] - pubblicato il

Mettere a confronto una chitarra originale degli anni '50 con la riproduzione del Custom Shop che si rifà a un periodo storico simile fa emergere sempre particolari interessanti. Lo abbiamo fatto con una Esquire, ovvero una Telecaster con il solo pickup al ponte del '52, e una Vince Cunetto del 1995.
Fa sempre piacere ricevere una telefonata da Francesco Balossino di C'èsco's Corner con l'invito palese di andarlo a trovare e, con la scusa, farsi un bel giro sui suoi splendidi strumenti. La lista delle bellezze presenti nella sua soffitta è da brivido e per settimane sto lì a pensare a quanto mi farò del male andandolo da lui. Stavolta però non voglio parlare del semplice strumento vintage ma, sotto suggerimento di Francesco, provare a fare uno spietato confronto tra il top della gamma Fender negli anni d'oro e il top della produzione del Custom Shop volta a imitare gli strumenti originali.

Conosciamo tutti la storia di fondo degli strumenti che escono dal Custom Shop. È stata geniale l'intuizione di Fender di ricreare delle repliche esatte dei loro pezzi storici, facendole realizzare (con una incredibile perizia da alcuni liutai la cui firma adesso vale quanto quella di un pittore del novecento), dopo attente ricerche sui materiali, sul principio costruttivo e sul feeling dato dagli strumenti usciti dalla fabbrica californiana nei suoi anni migliori. Ma la vera questione è "vale la pena spendere migliaia e migliaia di euro per uno strumento, pregevole sia chiaro, ma pur sempre fatto da due pezzi di legno tenuti insieme da delle viti, che vuole ricreare il suono di uno strumento costruito sessanta anni fa?". E, sopratutto, questi strumenti costruiti alla perfezione, dopo una incredibile serie di test sugli originali (che comportano risonanze magnetiche su corpi e manici originali, ore e ore spese a spulciare nei documenti storici dell'azienda, ascoltare i pareri dei musicisti, bla bla bla...), suonano veramente come gli strumenti a cui si ispirano?
Ovviamente il 99,99% dei chitarristi potrà più facilmente aspirare a spendere anche 3mila euro per un Custom Shop anziché 20mila euro per un originale. Ci si sente appagati da questa spesa, consistente, ma vistosamente inferiore a quella richiesta per uno strumento originale?

So già che il tema può scatenare un putiferio di discussioni e commenti, ognuno in fondo la pensa come vuole e decide, coi propri soldi, di fare quello che vuole. C'è chi decide di avere una sola chitarra per la vita ed è disposto a non badare a spese, ma anche chi vuole poter tornare a casa da lavoro e decidere di aprire il proprio armadio e ogni sera suonare, e quindi immergersi, in uno strumento diverso. C'è chi tratta lo strumento originale con religioso apprezzamento, curandosi a volte che pure la polvere sia del periodo, e chi invece lo vede come un'estensione delle proprie mani, quindi solo un mezzo per esprimere le sue emozioni. C'è chi aspira ad avere uno strumento che suoni esattamente come sente nei dischi dell'epoca, e chi invece ne è attratto solo dal lato estetico, ma fondamentalmente preferisce che il suo strumento sembri datato, ma sia perfettamente versatile per tutte le sonorità che ha in testa. Ognuno avrà a modo suo ragione. E non possiamo giudicare le scelte altrui, specie se ponderate. Ma in questi test ho cercato di fare un'analisi il più possibile oggettiva.

Fender Esquire 1952 contro Nocaster Custom Shop

Francesco mi ha messo in mano due splendide asce.
La prima è una Esquire del '52, in pratica una Telecaster ma con un solo pickup al ponte, un selettore a tre posizioni (una posizione con il tono sempre chiuso, quella di mezzo dove il controllo di tono è attivo e può essere "presettato" e l'ultima posizione dove il tono è escluso e quindi il suono è quello diretto del pickup che dà quasi una sberla in faccia all'ascoltatore). Ha un bellissimo manico di dimensioni generose in acero occhiolinato, un corpo in frassino abbastanza leggero (in pezzo unico) e un battipenna in bachelite.
L'altra chitarra è invece una Nocaster uscita dal Custom Shop, costruita da Herb Gastelum, relicata da Vince Cunetto e assemblata sotto la supervisione del liutaio John Page, nel 1995. A differenza della Esquire, questa ha il pickup al manico, ma per la prova comparativa non l'ho usato, tendendo a imitare i suoni della Esquire, giocando quindi col tono e con le sfumature del solo pickup al ponte. Anche questa presenta un manico in acero occhiolinato, un corpo in frassino di peso simile all'originale del '52 e un battipenna in bachelite.

Le chitarre sono simili sotto tanti aspetti. Il lavoro di invecchiamento di Cunetto è veramente incredibile e, se non fosse per alcuni micro aspetti impossibili da replicare se non col tempo, avremmo veramente difficoltà a capire quale delle due ha sessant'anni e quale "se li porta male".
Per la prova ho usato un semplicissimo ma efficacissimo Fender Blues Junior in tweed con un cono Jensen C 12 N, un ampli piccolo, onesto e con tanta buona pasta sonora. Tutti i controlli sono a metà (volume, master, alti, medi e bassi) con l'eccezione del riverbero (sul due, giusto per dare una leggera ariosità al suono generale). L'ampli è ripreso con un microfono Senheiser (di quelli a saponetta, li adoro) posizionato a metà strada tra il centro del cono e il bordo. Le chitarre, entrambe settate benissimo da Francesco, particolare non da poco per favorire il playing durante la prova, montano tutte delle corde di stessa marca e di stesso calibro (.010 - .046). Insomma adesso c'è da capire se una suona meglio dell'altra e quale delle due vale la spesa.

Fender Esquire 1952 contro Nocaster Custom Shop

Premetto che stiamo parlando di due strumenti veramente pregevoli, anche se gli zeri che li separano sono tanti.
L'originale del '52, con quel manico così elegante (per via della finitura) fa pensare che fosse uno strumento speciale uscito da casa Fender, e qui è interessante il racconto di Francesco Balossino sulle rarità del genere: "Forrest White in the inside story racconta che, per esigenze di standard di produzione, Fender non poteva gestire richieste custom su larga scala, per cui i tagli selezionati dei legni più figurati o marezzati solitamente non finivano sulle chitarre da spedire ai rivenditori, ma venivano tenuti dagli operai della ditta o dai dirigenti, proprio per evitare che un ragazzo in un negozio spendesse la stessa cifra del suo vicino ma si trovasse con un legno più bello. Per questo è raro trovare chitarra dell'epoca con manici molto figurati, proprio perché si cercava di garantire un certo standard di produzione. In certi periodi si trovano però manici fiammati con una certa costanza, come per esempio per certe Telecaster nel 1956 o certe Stratocaster lungo il 1963, probabilmente questo dipendeva dagli stock a magazzino. Sapete che fine fece l'incredibile manico di acero figurato per Stratocaster che Forrest White custodiva gelosamente per sé? Lo dovette dare, dopo infinite richieste, a Bill Carson, prima endorser, poi consulente in Fender e poi grande amico di Forrest, il quale lamentava un non riparabile difetto di back bow sulla sua Stratocaster, ma Forrest in quel momento non aveva nessun rimpiazzo disponibile. Correva l'anno 1956!".
Si può pensare poi all'elettronica per certi versi fuori di testa concepita da Leo Fender: un solo pickup e un sistema che potesse presettare dei suoni, una totale assurdità oggi, eppure carica di fascino.

La Cunetto non è da meno: uno strumento top gamma del Custom Shop, costruita con l'intento di ricreare esattamente un oggetto spartano come l'originale. Vince Cunetto, che a giugno di quest'anno ha festeggiato i vent'anni dalla sua prima esperienza con Fender, proprio nella creazione della prima serie Relic, diceva di essere letteralmente ossessionato dalle Fender d'annata, e ha speso sulle originali ore e ore studiandole, smontandole, cercando collezionisti, suonandole. Ne ha costruite e distrutte diverse prima di arrivare a un risultato soddisfacente. E descrive il momento in cui dalla casa madre è stato coinvolto nel progetto come uno dei più belli della sua vita. Insomma non si sarebbe mai immaginato che un giorno avrebbe potuto dettare leggi e mode sugli oggetti che più ha amato in vita sua.


Ebbene, le chitarre suonano entrambe da paura! Non c'è niente da dire, tutte e due con elevato carattere e una grinta unica.
La Cunetto non suona come la '52, e vi spiego dove e come suona diversa. Le corde basse della '52, in tutte le posizioni del selettore, suonano con un twang più corposo e meno sferragliante, un sustain leggermente inferiore e una pasta che ricorda il suono delle corde lisce. La Cunetto sulle corde basse suona brillante e molto risonante finché il tono rimane aperto, appena questo si chiude anche poco tendono a perdere corpo e grinta.
In termini sonori significa che la '52 suona come un vecchio disco, con quegli estremi di banda smussati che ricordano gli intro sulle corde basse di molti pezzi di quegli anni lì, con quel tono che sembra quasi un leggerissimo palm mute (la butto lì: le prime note di "Cry Cry Cry" di Johnny Cash, col sommo Luther Perkins alla chitarra). Mentre la Cunetto, con quelle basse risonanti e presenti, è ovviamente più moderna e versatile. Sui cantini la somiglianza tra i due strumenti è veramente impressionante, ma la Cunetto perde vistosamente colpi appena si prova a imitare il suono del pickup al ponte col tono completamente chiuso. La Esquire è assolutamente utilizzabile in questa configurazione: ricorda una archtop economica, con quel piacevolissimo suono medioso tanto caro ai chitarristi di jump blues. Può essere usata col pollice per delle ritmiche soffici e col plettro per delle frasi in puro stile west coast blues, non perde tonnellate di volume in questa posizione e, con la dovuta perizia, si riesce a suonare qualsiasi genere (fifties oriented, sia chiaro) con un solo pickup al ponte. La Cunetto, appena si chiude il tono, perde tutto il suo fascino: il suono si impasta e ti fa pensare immediatamente "fammi riaprire il tono perché non riesco a sentire la definizione delle note". In parte, è un punto a sfavore della Cunetto: in quanti sarebbero disposti a usare quel suono durante un concerto? Io stesso (che suono quel genere a cui le due chitarre si ispirano) penso che non riuscirei a usarlo per più di un pezzo all'interno dello show. Eppure sapere di averlo, quando la dinamica dello show diventa più educata, ti fa venir voglia di usarlo.
Altra grande differenza è il livello di uscita dei due pickup: la '52 ha un livello un pelo inferiore rispetto alla Cunetto, e questo, se riduce di poco il volume, guadagna in qualità sonora. Ma, pare, che in Fender sappiano benissimo che il chitarrista viene facilmente conquistato con qualche decibel in più. Quindi attenti che spesso e volentieri le case costruttrici ci ammaliano presentandoci armi per vincere l'annosa guerra contro i batteristi.

In conclusione uno strumento non vince sull'altro. Si assomigliano al 90%, ma una ha sicuramente addosso il fardello dell'importanza storica che rappresenta (la '52) e lo espone con orgoglio, anche nella sua ignoranza sonora. L'altra rappresenta una bellissima copia dell'originale, che però strizza l'occhio a una fetta di chitarristi più ampia, disposti sì a qualche compromesso costruttivo, ma con esigenze indirizzate a uno strumento che possa dare il suo contributo sotto diversi aspetti sonori.
Non me l'ha chiesto nessuno, e me lo chiedo allora io: tu Diego cosa vorresti? Ovvio! Le vorrei tutte e due! La '52 a casa, per registrare e ottenere quel suono che mi sogno pure la notte, e la Cunetto da portare sul palco. Sì, ma devo scegliere? E perché? Tanto si parla di sognare a occhi aperti, quindi niente e nessuno mi vieta di volerle entrambe.
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