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Quanti watt servono davvero?
Quanti watt servono davvero?
di [user #116] - pubblicato il

Quanti watt servano veramente su un palco o in uno studio è uno dei misteri più oscuri che circolano nel mondo delle sei corde. Abbiamo affrontato l'argomento con un vero Guru dell'elettronica: Carlo Sorasio di Laa Custom.
Il mito dei full stack ha lasciato un segno indelebile nella fantasia dei chitarristi, ma necessità (finanziarie, logistiche o altro) hanno portato i musicisti moderni a preferire amplificatori più compatti e di potenza ridotta. Alcuni vantano la possibilità di spingere le valvole anche su un palco in cui i volumi non possono essere gli stessi richiesti per saturare una vecchia plexi, altri ne parlano come amplificatori ideali per suonare in casa, e la soglia tra un valvolare da appartamento e uno da portarsi nei live diventa sempre più sfuocata. Eppure, quando si acquista un nuovo amplificatore, la potenza è un aspetto cruciale per il suo collocamento nel rig.
Carlo Sorasio di Laa Custom produce amplificatori da cento watt, ma allo stesso tempo anche testate più piccole per potenza e dimensioni. A lui abbiamo voluto chiedere se due 6L6 o due EL34 nel finale abbiano ancora senso nel 2016, tra piccoli club, microfonazioni ovunque e cabinet simulator.
Quali sono le ragioni che spingono a orientarsi verso amplificatori con wattaggi attorno al centinaio di watt? E quando invece venti watt sono sufficienti?

Quanti watt servono davvero?

Risponde Carlo Sorasio di Laa Custom: è decisamente annosa la diatriba watt/volume/sfruttabilità tra noi chitarristi. Io penso che tutto nasca, come sempre tra l’altro, dai cari vecchi Marshall. Sono amplificatori stupendi, progettati per suonare forte, chiaro e ottimizzati per distorcere solo a volumi molto alti. La storia ci insegna che proprio queste caratteristiche hanno sancito il successo del marchio.
Non dobbiamo dimenticare che si tratta di progetti relativamente vecchi, ovvero disegnati e poco modificati (questo la dice lunga sulla buona qualità del progetto) nella seconda metà degli anni '60.
È quindi innegabile che una bella plexi a sei di volume sprigiona "il suono" per molti di noi, ma è anche vero che oggi quel timbro è scarsamente utilizzabile sia per il volume sia per la scarsa esperienza della maggior parte dei chitarristi attuali nella gestione di quel tipo di suono.
Suonare a quei volumi, con il feedback sempre in agguato e con una sensibilità al tocco spurio davvero eccezionale, mette in seria difficoltà moltissimi chitarristi. Mi spiace doverlo dire ma i vecchi amplificatori vanno domati, oggi la tecnologia ci permette di avere distorsioni a volumi decisamente più ridotti, quindi pochissimi arditi sfidano il quartetto di EL34 di un vecchio Marshall per imparare a suonare.

Quanti watt servono davvero?

Detto questo, in cinquant'anni la tecnologia degli amplificatori valvolari per chitarra si è evoluta (mantenendo sempre fede all'effetto termoionico osservato a fine '800).
Sono nati i primi amplificatori master volume negli anni '70, i primi multicanale a cavallo tra il '70 e gli '80, i primi hi-gain (alcuni considerano il Mesa Mark I del 1971, altri la SLO100 introdotta a cavallo tra l'86 e l'87), negli anni '90 sono nate icone come la Bogner Ecstasy, la Diezel VH4, la CAE OD100, le Brunetti XL e 059, e molte altre.
Negli anni 2000 si è tornati alla semplicità e alle radici, si sono riscoperti i vecchi amplificatori monocanale oppure le vecchie testate modificate per avere più gain (i moderni Friedman, Bogner Helios e molti altri sono rifacimenti più o meno fedeli delle mitiche modifiche degli anni '80).
Tutti questi nuovi modelli hanno un denominatore comune: l'evoluzione del circuito di preamplificazione. Non serve più alzare il volume per ottenere distorsione. I preamplificatori attuali sono multicanale, possono generare diversi suoni che vanno dal clean al crunch fino al lead e sono facilmente richiamabili via footswitch o MIDI. Quindi posso affermare che il "Volume" non è più parte integrante della distorsione.

Il mio obiettivo, da quando nel 2007 ho cominciato a giocare con le valvole e a modificare i primi amplificatori, era quello di costruire e proporre sul mercato amplificatori che avessero un sound definito e riconoscibile, che mantenessero la semplicità dei vecchi modelli e la freschezza di un circuito semplice ed efficace. Ho sempre amato il suono del 100W, ma non il suo volume esageratamente esplosivo.
La mia ricerca è da sempre mirata a migliorare la risposta dinamica dei miei circuiti di preamplificazione. Ho da sempre prediletto finali molto lineari e la mia ricerca sui trasformatori di uscita, iniziata nel 2008, non è ancora terminata.
Quindi per quanto mi riguarda ha senso produrre amplificatori da 100W come da 20W se si ha ben in mente il suono che la scelta di potenza impone.

Quanti watt servono davvero?

La mia attuale serie di amplificatori comprende un modello da 30W con quattro EL84, un modello da 45/20W (la PO50) e il modello da 100W (PO100). In nessun caso possiamo parlare di amplificatori incapaci di grandi volumi, neanche nel caso della PO50 in modalità low, in cui eroga 20W. Né posso dire che siano amplificatori inutilizzabili a volume molto basso: anche la PO100 usata su una 1x12 è in grado di suonare in casa mantenendo inalterate dinamiche.

Il suono del 100W è pieno, aperto e ricco di armonici, ma anche più difficile da gestire perché la sua risposta dinamica è maggiore. Il 50W ha una compressione naturale più marcata, la risposta dinamica è sempre molto buona ma tende a suonare più compatto come se fosse già ripreso e trattato in studio. Per assurdo, della PO50 la modalità che mi piace di più è quando la uso in LOW a 20W. Ma c'è il trucco! In questo caso, per ottenere una potenza più bassa vado a lavorare sull'alimentatore, è un vero e proprio effetto VARIAC interno alla testata che produce un suono completamente diverso, compresso sull'attacco ma dal release pulito e veloce.
Il modello PR30 da 30W suona completamente diverso rispetto ai fratelli maggiori sia perché si basa sulla EL84 sia perché il circuito del finale lavora senza retroazione. È un suono più ruvido, tendente al break up ma con un'ottima riserva di headroom e ricchezza armonica.
Tutti i modelli in catalogo possono suonare molto forte, in questi anni ho avuto tra le mani una quantità e una varietà tale di amplificatori di tutte le potenze e posso assicurarvi che anche 1W in casa fa danni.
Occorre ampliare la propria visione e non considerare il wattaggio un mero numero, ma associare un suono al wattaggio e al tipo di amplificatore.
Il wattaggio è intimamente legato alla varietà di timbri generabili dall'amplificatore perché è connesso al dimensionamento dei componenti base: trasformatori e alimentatore.

Quanti watt servono davvero?

Io posso assicurare che questo discorso è vero, valido e riscontrabile in tutti i miei prodotti, è anche vero che non è un discorso associabile a tutti gli amplificatori sul mercato. Spesso le economie di scala portano a una riduzione dei costi tali che alcuni modelli sono molto scarsi e ci si ritrova un 100W che suona solo a tre di master con un volume folle perché sotto il tre spernacchia o suona intubato, o altri mille problemi.
Un prodotto di qualità è prima di tutto uno strumento musicale e non può permettersi di non essere musicale in qualsiasi situazione o settaggio lo si usi (con un minimo di criterio, please).
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