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Schecter: dalle Dream Machine delle origini a oggi
di [user #3] - pubblicato il

Delle belle foto di una Schecter anni '80 comparse online sono l'occasione per rileggere la storia di un'azienda che fin dalle sue origini ha saputo innovare, proponendo strumenti musicali in linea con un mercato in divenire.
Il nome Schecter non ha bisogno di presentazioni, tutti conoscono questo produttore di chitarre radicate nel rock, sinonimo di qualità e innovazione in un settore spesso aggrappato ai propri schemi. Forse però non tutti sanno che questa azienda ha una lunga tradizione di qualità, che nasce a fine anni '70, agli albori del rinascimento della chitarra.

Nella seconda metà degli anni '60 il successo enorme delle chitarre solid body attrae l'interesse di grandi investitori. I due principali brand (Gibson e Fender) entrati nell'orbita CMI (poi Norlin) e CBS rispondono alla richiesta di maggiori profitti con un progressivo calo qualitativo, che nel corso del decennio successivo avrà influenze importanti sulla loro storia e in generale su quella della chitarra.

Gibson e Fender perdono colpi (arriveranno a rischiare il fallimento, quasi in contemporanea, a metà anni '80), con due conseguenze. La prima è il fenomeno "vintage", con la crescita verticale dei prezzi delle chitarre costruite nell'epoca d'oro. La seconda è la nascita di aziende piccole e piccolissime, in gran parte a carattere artigianale, per rispondere alla domanda di qualità che proviene forte dai musicisti.

Tra questi nuovi imprenditori del settore c'è il liutaio californiano David Schecter, che a inizio anni '70  apre un laboratorio a Van Nuys (California) dove produce manici, corpi e hardware destinati a migliorare le Fender dell'epoca. Gli affari gli vanno talmente bene che nel 1977, anche grazie a una finanziaria texana che ne sostiene l'attività economicamente (la ISA - International Sales Associates), può permettersi un aiutante. Assume un giovane liutaio appassionato di elettronica che farà un gran lavoro sullo sviluppo dei pickup, tra l'altro creando i Monstertone (vedi qui sotto) all'origine del magnifico suono Schecter. Quel giovane si chiama Tom Anderson. 

Schecter: dalle Dream Machine delle origini a oggi

La sua piccola produzione ha una qualità altissima, i suoi legni esotici fanno colpo, finché alcuni tra i negozi di strumenti frequentati dalle rock star (Rudy's Music a New York, Strings & Things a Memphis, Rokin' Robin a Houston, Valley Arts in California) assemblano chitarre Fender-style usando le sue parti, attingendo a un catalogo che conta oltre 400 articoli diversi. 

Nel 1979 David Schecter decide di spostare l'attività dalla produzione di componentistica a quella di  chitarre già assemblate, raggiungendo un'enorme popolarità quando Mark Knopfler, Lou Reed e Pete Townshend salgono sul palco con le sue "Dream Machine", chitarre Strat e Tele style rigorosamente acquistate in negozio, perché David non regalava niente a nessuno.

Schecter: dalle Dream Machine delle origini a oggi

Sovrastato dall'enorme successo e da una domanda cui non riesce a far fronte, anche spinto dai finanziatori della ISA, David decide di cercare una partnership in Giappone per costruire sul posto gli strumenti destinati al mercato locale. Parte assieme a Tom Anderson, ma dopo un po' perde l'entusiasmo: torna in America, cede la sua quota di proprietà alla ISA e sparisce dalla circolazione. Da parte sua Tom Anderson non ha alcuna voglia di traslocare in Texas, lascia la Schecter e apre la sua azienda, che per alcuni anni, fino al 1988, produrrà esclusivamente componentistica, trovando subito un buon mercato presso i vecchi clienti che costruivano chitarre con parti Schecter e a cui l'azienda aveva sospeso le forniture. 

Uscito di scena il fondatore californiano, ISA decide di spostare l'azienda in Texas, dove soprattutto nel primo periodo vengono prodotti strumenti di buona qualità fino all'esaurimanto dell'enorme magazzino di componentistica originale. Si modificano i circuiti, passando dai tre microswitche e due potenziometri alla configurazione classica Stratocaster, anche se con ciircuitazione molto diversa, come vedremo più avanti. Quando il magazzino ereditato da Van Nuys una parte dell'hardware viene commissionata a produttori orientali, scelta che segna l'inizio di un declino inarrestabile.

Schecter: dalle Dream Machine delle origini a oggi

La chitarra rossa è una splendida Mercury (così viene definita la "Strat style" post Van Nuys) in candy apple red, costruita nel primo periodo texano con componentistica di origine Van Nuys. Tra le caratteristiche principali, il "contour body" molto sagomato con battipenna bianco e i classici pickup Monstertone neri col suono molto grosso. A differenza delle prime "dream machine" di Van Nuys che avevano tre microswitch, la Mercury ha il classico selettore tipo Fender a tre posizioni. Il circuito è l'originale Schecter, con un volume e due controlli di tono molto particolari. Uno è un passa-alti, che avvicina il suono dei Monstertone a quello dei classici Fender, l'altro è un normale tono, ma calibrato per agire sulle frequenze alte per creare una simulazione molto erealistica del suono di un classico humbucker Gibson. Tra le altre peculiarità delle Schecter originali c'è la paletta senza abbassacorde, sostituito da meccaniche tipo Kluson, ma con gli alberini di altezza diversa (una caratteristica oggi abbastanza diffusa, ma che all'epoca era un'esclusiva Schecter). Il capotasto in ottone di serie è una fissa ereditata da Dave Schecter, convinto del valore del metallo rosso per miglòorare il sustain. Il maple neck da 21 tasti ha un raggio da 9,5 (si dice che questa caratteristica comune alle Schecter dell'epoca sia nata una richiesta di Mark Knopfler direttamente a David a fine anni '70).

Schecter: dalle Dream Machine delle origini a oggi

Il periodo texano dura solo quattro anni: nel 1986 i manager di ISA decidono di sbarazzarsi del giocattolo, pare anche a causa delle azioni giudiziarie che la rinata Fender sta cominciando ad avviare nei confronti di chi costruisce chitarre con paletta e forme di Stratocaster e Telecaster. Fender chiudeva un occhio finché Schecter produceva componenti, ma evidentemente Bill Schultz non accetta di vedere delle Stratocaster fatte e finite con un marchio sulla paletta diverso da quello della Fender che sta rilanciando con grandissimo impegno.

Il marchio Schecter viene ceduto a Hisatake Shibuya, un imprenditore giapponese già proprietario del Musician Institute e di ESP Guitars. La produzione degli strumenti top di gamma torna in California e a distribuirle  le nuove Schecter di fine anni '80 compare Aspen Pittman, fondatore di Groove Tubes. Viene poi avviata una produzione orientale, che si affianca a quella californiana, con caratteristiche simili e prezzi dimezzati, in un vortice di deleteria auto-concorrenza molto diffuso all'epoca. Ancora per qualche anno le Schecter riescono a mantenere la paletta Fender, poi devono cedere a un design proprio che in qualche modo sottrae identità al brand.

La nuova Schecter si barcamena fino al 1996, quando Hisatake Shibuya conosce Michael Ciaravolo, un brillante musicista che lavora presso uno dei pochi distributori Schecter, Sunset Custom Guitars. Il feeling è immediato e Michael diventa presidente della Schecter Guitar Research. Sarà lui a trasformare l'azienda, abbandonando la sudditanza progettuale nei confronti di Fender e avviando il processo di affermazione di design originali che ne decretano l'odierno successo.
chitarre elettriche lou reed mark knopfler pete townshend schecter
Link utili
Brad Hodges: un dipendente racconta la Schecter a Van Nuys
Foxy Guitars pubblica vari articoli su Schecter vintage
La Schecter rossa delle fotosu Reverb (purtroppo venduta)
La storia Schecter su Wikipedia
Un forum sulle Schecter
Il sito Schecter oggi
Una bella intervista a Michael Ciravolo
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