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Mimmo Langella: non mi piace vincere facile
Mimmo Langella: non mi piace vincere facile
di [user #116] - pubblicato il

Mimmo Langella è un grande chitarrista italiano, maestro del jazz rock. Equamente diviso tra l'attività da session man e quella da artista solista, sta lavorando a un nuovo lavoro solista: "A Kind Of Sound". L'abbiamo raggiunto per farci raccontare questa produzione e chiacchierare di strumenti, microfoni, insegnamento e del suo rapporto di amicizia e collaborazione con Scott Henderson

Stai lavorando a un nuovo disco solista...
Sì! Questo disco è stato molto tormentato. Nei precedenti dischi, ho sempre suonato in quartetto con il piano Rhodes o l’organo Hammond, ma per questo mio quarto lavoro in studio, ho deciso di cambiare. Ho scelto di registrarlo in trio e questo mi ha creato non poche difficoltà.

Con che criticità ti sei confrontato?
E’ stato molto difficile trovare i musicisti adatti al sound che avevo in testa. Avevo confidato questa cosa anche al mio amico Scott Henderson e lui mi disse: “Mimmo, questa è la parte più difficile!” Pensa che per mettere su il mio trio, provare i brani e riuscire a organizzare le session di registrazione ci sono voluti due anni e mezzo!   

Raccontaci come hai gestito la produzione…
Amo procedere un po’ alla vecchia maniera. Abbiamo provato e arrangiato il materiale composto da me in sala prove, abbiamo rodato i brani dal vivo e poi siamo tornati in sala prove per apportare alcune modifiche. 

Mimmo Langella: non mi piace vincere facile

Quindi, anche in fase di pre produzione, suonate sempre live, assieme. Non ricorri al multi traccia…
Registriamo in presa diretta, suonando sempre tutti insieme. L’approccio è di tipo jazzistico, gli assoli sono rigorosamente improvvisati, facciamo diverse take; in genere, registriamo la prima e andiamo in regia ad ascoltare, ci confrontiamo, magari dò qualche dritta e si va a farne un’altra: se la seconda è buona, riesci ancora ad avere quella freschezza nell’esecuzione, se vai oltre la terza, so’ casini!

Perché? Dopo la terza take che succede?
Perdi quella magia, quel feeling particolare che solo le prime due, tre take possiedono. 

Quindi, al momento, di questo nuovo "A Kind Of Sound", hai realiazzato tutte le riprese?
Esatto: ho in mano le registrazioni e abbiamo già fatto l'editing. Ora ci mancano mix e mastering. Se tutto va bene, uscirà in autunno

Quanto tempo ti hanno portato via le registrazioni?
Il disco è stato registrato molto in fretta, essenzialmente in due session differenti, a novembre 2017 e in un weekend di giugno 2018, con due bassisti differenti con i quali io e il mio batterista Pasquale De Paola non avevamo mai suonato prima: Daniele Sorrentino, che ha suonato principalmente il contrabbasso, e Gabriele Lazzarotti. La fretta non va a braccetto con l’accuratezza, per cui a session terminate abbiamo dovuto fare un po’ di editing; in particolare, abbiamo accorciato un paio di brani che contenevano improvvisazioni di chitarra troppo lunghe per un disco in studio. 

Mimmo Langella: non mi piace vincere facile

A proposito di chitarre: raccontaci come ha gestito le riprese…
Durante le session, il tecnico del suono Francesco Giuliano ha splittato il segnale della chitarra prima che entrasse nei pedalini per registrare su una traccia separata anche la linea pulita; in un pezzo in cui avevo il wah wah abbiamo prelevato il segnale dopo la pedaliera. Una volta terminate le session, abbiamo potuto rifare il suono delle mie chitarre.

Hai fatto il reamping?
Esatto: per tutti i quattro pezzi registrati nella seconda session e uno proveniente dalla prima, abbiamo fatto il reamping delle tracce contenenti la diretta avendo cura di regolare con maggiore attenzione il gain del mio overdrive (un Maxon OD-820), il volume e il tremolo dell’ampli (un Victoria Victoriette 1x12”), e utilizzando più microfoni. 

Ti ricordi cosa avete utilizzato?
Certo: ne abbiamo usati quattro: uno Shure SM57 con trasformatore modificato posizionato al centro del cono; uno Beyerdynamic M201TG sul bordo; un Coles 4038 a nastro distanziato a circa 50 cm e un AKG D112 in controfase dietro al cabinet open back, tutti dritti nei preamplificatori API 512C. 

Invece, nelle tracce nelle quali non hai ricorso al reamping, cosa  ascoltiamo?
In quel caso l’ampli era stato ripreso solo con tre microfoni: Coles 4038 a nastro (bordo), Sennheiser MD 441 (centro) e AKG Siemens D12 (dietro). Il banco (analogico) era un Soundcraft TS 12 modificato con trasformatori Jensen, i convertitori erano due Lynx Aurora 16 VT.

Ho sentito anche un bel  suono di classica?
Sì, c’è un pezzo suonato con la chitarra classica (un’Alhambra 8C) fatta, però, in un altro studio dal tecnico del suono Luigi Esposito.
Per realizzarla abbiamo utilizzato cinque microfoni: uno Shure KSM32, un Royer R-101, un Neumann Km 184, un Microtech Gefell MT 71 S e un Electro-Harmonix EH-R1 dritti in un banco analogico Harrison 48/32; per registrare le tracce abbiamo sfruttato i convertitori di un Tascam MX-2424 Hard Disk Recorder. 

Mimmo Langella: non mi piace vincere facile

Mimmo tu ti poni con la stessa autorevolezza tanto come artista solista che produce la sua musica che come chitarrista session man: quanto l’una attività ha arricchito e influenzato l’altra?
Mah, non saprei! Probabilmente è l’attività di turnista ad aver influenzato maggiormente il mio modo di suonare e produrre la mia musica piuttosto che il contrario: l’attenzione per il timing, il suono e il groove credo siano tutte cose che ho avuto modo di focalizzare proprio nel corso della mia esperienza da session man. Tra l’altro è con quest’attività che riesco a finanziare i miei progetti solisti.       

Hai studiato al M.I. di Los Angeles agli inizi degli anni ’90...
Beh, studiare in una scuola americana è una grande esperienza nella vita di un musicista, questo è certo! Le scuole americane sono ben organizzate, hanno una didattica pragmatica e insegnanti di ottimo livello, da noi non è sempre così! Per me è stato un investimento decisivo per la mia carriera, ma fu anche una scelta obbligata, oggi è diverso. 

Oggi le stesse possibilità di apprendimento sono più a portata di mano?
In Italia puoi studiare chitarra elettrica nei conservatori iscrivendoti ai corsi di Chitarra Jazz o Chitarra Pop-Rock, dopo cinque anni consegui il Diploma Accademico di II Livello che è il titolo di accesso per poter insegnare nella scuola pubblica. Lo stesso titolo di studio può essere conseguito anche al “Saint Louis College of Music” di Roma, al “Centro Professione Musica” di Milano e a “Siena Jazz”.
Queste scuole pullulano di allievi; sembra che oggi i ragazzi sognino di meno, badano più alla pagnotta e - a ben guardare - come dargli torto!  



Ci racconti della collaborazione e del tuo rapporto di amicizia con Scott Henderson?
Con Scott ci siamo conosciuti nel 1993, durante il mio periodo di studi al G.I.T., dove lui insegnava due volte alla settimana. È sempre stato uno dei miei chitarristi preferiti, adoro il suo stile. Quando stavo per registrare il mio secondo disco solista, Funk That Jazz, pensai che sarebbe stato carino avere un ospite internazionale in qualche brano e così invitai Scott a partecipare. Andai a sentirlo a Roma, al Big Mama.
Henderson, in quell’occasione, suonava nel gruppo del suo tastierista Scott Kinsey. Gli portai il materiale, due brani che noi avevamo già registrato lasciando lo spazio per le sue improvvisazioni. Scott è un grande musicista ed è una persona molto umile; dopo qualche settimana, mentre ero per strada, ricevetti una sua chiamata: “Ciao Mimmo, sono Scott, ho registrato i brani, ora ti faccio sentire!”. Poi mi fa: “Che ne pensi? Va bene?” Scott Henderson chiedeva a me se andava bene, pensa te! Cosa avrei dovuto rispondergli? Beh, gli dissi: “Tu sei Scott Henderson, se per te va bene, va bene anche per me!”

Henderson è rispettato tanto dai puristi del jazz che dai rockettari. Ora ci sono chitarristi che suonano egregiamente questo genere,
Scott conosce bene il linguaggio jazzistico e l’ha fuso egregiamente con il rock e il blues mantenendo un approccio jazzistico nella costruzione dell’assolo; lui improvvisa sempre e fraseggia in una maniera impressionante.

Oggi ci sono chitarristi straordinari in ambito fusion. Ma sconfinano spesso nell’esasperazione tecnica; cosa che fa storcere il naso ai chitarristi più tradizionali.
I chitarristi a cui ti riferisci non mi sembra abbiano le  caratteristiche che ho appena elogiato di Henderson. Se dovessi indicare un suo degno successore, un chitarrista che apprezzo è Jimmy Herring che, come me, è stato suo allievo al G.I.T.!

Che spazio ricopre l’insegnamento nella tua attività?
Insegno dal 1985, ho cominciato a dare lezioni di chitarra quando avevo diciassette anni, una vita fa! Mi è sempre piaciuto, credo di avere una vocazione per l’insegnamento e, oggi come oggi, è una fortuna, visto che, negli ultimi anni, l’attività dal vivo è tanto calata! Da due anni sono anche docente di Chitarra Pop-Rock presso il Conservatorio di Benevento.
  
A seconda che tu lavori come session man o come solista, cambia la tua strumentazione?
Assolutamente sì, specie dal vivo; in studio, invece, posso ancora mischiare un po’ le carte! Per il mio progetto solista ho bisogno di pochi suoni, ma di grande qualità, dunque mi affido completamente a effetti a pedale e ad ampli dal suono vintage. A proposito, una notizia fresca, fresca: sono passato agli amplificatori Mezzabarba, si tratta di un combo Z35 1x12” leggermente modificato! Tornando ai suoni, in situazioni più pop tendo a privilegiare un’effettistica che mi permetta di salvare le regolazioni di tutti gli effetti in dei preset che posso richiamare al volo senza dover ballare il “tip tap”!

Mimmo Langella: non mi piace vincere facile

Non abbiamo ancora parlato delle chitarre che utilizzi…
Oggi, più che mai, siamo messi proprio bene per quanto riguarda le chitarre: vengono prodotti ottimi strumenti e abbiamo molte più possibilità di scelta a nostra disposizione rispetto a un tempo! In più, dopo tanti anni di professione, ho accumulato una discreta esperienza per scegliere lo strumento “giusto”, e devo dire che le chitarre Suhr oggi rappresentano per me il top: sono comode, silenziose, intonate e mantengono l’accordatura! 

Da quanto le suoni?
Le uso dal 2011 e credo siano le migliori chitarre che io abbia mai avuto tra le mani, sono strumenti per professionisti: suono e affidabilità sono ai massimi livelli!

Che modelli possiedi?
Ho una Classic Pro con due single coil V60LP al manico e al centro e un humbucking SSV al ponte che per lavorare è perfetta; a breve mi consegneranno una Custom su mie specifiche, simile alla Classic Pro, ma con corpo a forma di telecaster in ontano leggero, manico roasted con tastiera più piatta e un S90 (P90) al manico al posto del single coil: una bomba! Al ponte ho fatto istallare un Thornbucker plus, un humbucker molto bello, chiaro e aperto come i vecchi PAF. Su tutte le mie chitarre, monto le corde Galli, marchio storico di corde italiane prodotte nella mia città.

Circa l’eterna diatriba tra amplificatori e macchine come Kemper, Fractal, ci dici la tua?
Non ho niente contro queste macchine straordinarie, ma io preferisco l’analogico o, al massimo, un misto. Mi spiego: non amo entrare con il mio strumento in un processore digitale che usano un po’ tutti, non fa per me, non mi diverto! Amo costruire da me la mia catena, sostituire un elemento qua e là, incidere sul suono ruotando una manopola, è così che mi diverto, è una battaglia che mi piace combattere. Quando invece vedo qualcuno con il Kemper, il Fractal o l’Helix penso: “ti piace vincere facile? “ 

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