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Cool Gear Monday: la demo originale del primo Maestro Fuzz-Tone
Cool Gear Monday: la demo originale del primo Maestro Fuzz-Tone
di [user #17844] - pubblicato il

Dal suono che ha cambiato il volto della musica agli standard costruttivi, l’arrivo del Maestro Fuzz-Tone è stato una rivoluzione su livelli inimmaginabili.
La storia del fuzz è una di quelle che ogni musicista dovrebbe conoscere e raccontare ai propri figli, come una favola. Il fuzz non è solo il distorsore ante-litteram, arma principale che ha portato alla nascita del rock come lo conosciamo oggi, ma è anche il primo effetto in assoluto a essere inserito in un moderno contenitore stompbox, stabilendo una serie di standard costruttivi oggi riconosciuti da migliaia di scatolette che ancora inondano il mercato in ogni forma e colore.

Cool Gear Monday: la demo originale del primo Maestro Fuzz-Tone

I musicisti cercano da sempre nuovi modi per ampliare gli orizzonti espressivi dei propri strumenti, dagli sturalavandini piazzati davanti alle trombe come sordine modulabili agli accrocchi assurdi per suonare più percussioni da banda in contemporanea (voilà, nasce la batteria), ma l’elettricità e l’elettronica hanno fatto compiere al settore un enorme balzo in avanti nel giro di pochissimi anni. Il riverbero, l’eco, i nastri strapazzati per creare modulazioni fantascientifiche, il ‘900 è stato un periodo strabiliante in cui vivere, se si aveva accesso a strumentazione all’avanguardia e una mente particolarmente aperta.
Alcuni effetti - ancora oggi in voga o persino evoluti in dispositivi del tutto nuovi - sono nati a seguito di precise ricerche e sperimentazioni. Altri, forse più affascinanti proprio per questo, sono venuti fuori per caso, per limiti tecnici o malfunzionamenti improvvisi.



La prima volta che il mondo ha conosciuto il suono del fuzz è stato su un basso, nel brano “Don’t Worry” di Marty Robbins. La storia vuole che un trasformatore abbia fatto cilecca durante la sessione in studio e, nelle parti in cui il bassista passa all’assolo e alla coda finale, una pernacchia subentra forte e presente, sparandone il suono fuori dal mix in maniera tanto caotica quanto perfetta. Il suono è piaciuto al punto da volerlo conservare nella release finale della canzone: cose del genere accadevano neanche troppo di rado quando registrare un brano su nastro costava “un tot al metro”.
Comunque sia, qualcuno ci ha visto del potenziale in quel nuovo suono “sbagliato” e ha convinto alcuni costruttori di apparecchiature elettroniche a tentare di replicarlo a comando.

La rapida evoluzione dei circuiti di fuzz ha vissuto la svolta epocale nel 1962, quando gli stabilimenti Gibson sfornavano il Maestro Fuzz-Tone.

Cool Gear Monday: la demo originale del primo Maestro Fuzz-Tone

A differenza di quanto si potrebbe pensare oggi, lo scopo del fuzz non era ricercare la distorsione fine a se stessa. Non si discuteva ancora di granitici riff basati su power chord e feedback in quantità. La musica non contemplava suoni simili e ciò che più veniva spontaneo a un musicista alle prese con un fuzz era… imitare il sound di una sezione fiati.
Per sua natura, la distorsione tende ad ammorbidire lo scoppiettante attacco degli strumenti a corda pizzicata, la dinamica si schiaccia e il sustain si allunga. Al contempo, una voce leggermente rauca ammicca al growl di una tromba o a un sassofono impegnato sui registri più bassi.
Sul piano timbrico, non si può dire che la visione dei progettisti all’epoca fosse lungimirante. Al contrario, diverse intuizioni arrivate con il Fuzz-Tone hanno portato direttamente al moderno concetto di stompbox, tracciando un percorso poi seguito con una fedeltà impressionante per oltre mezzo secolo da ingegneri di tutto il mondo.

Cool Gear Monday: la demo originale del primo Maestro Fuzz-Tone

Il Maestro Fuzz-Tone FZ-1, primo effetto per chitarra in un formato pedale, era basato su tre transistor al germanio, una tecnologia giovane che avrebbe permesso di realizzare circuiti di piccole dimensioni e alimentabili a basso voltaggio, dicendo addio agli ingombranti alimentatori e trasformatori che caratterizzavano i precedenti dispositivi da collegare direttamente alla tensione di rete.
I cataloghi dell’epoca annunciavano una rivoluzionaria “alimentazione interna”: due pile stilo AA da 1,5 volt. In più, accessorio oggi scontato ma allora un vero “game changer”, la scatoletta aveva in cima un grosso pulsante in metallo da schiacciare col piede, per modificare il suono senza dover staccare le mani dallo strumento. Era il primo effetto a pedale così definito.

Alcuni standard erano ancora in divenire, ma avrebbero presto trovato una forma stabile. Nella prima edizione, un cavo fuoriusciva dal fianco sinistro dello chassis per collegare la chitarra, mentre il jack d’uscita verso l’amplificatore era posizionato in cima, tra le manopole di Volume e Attack. Queste, ancora oggi riportate dalla stragrande maggioranza dei fuzz di stampo più e meno vintage, comandavano rispettivamente il livello d’uscita e la quantità di distorsione. Con essa, crescevano insieme il volume generale, il sustain e la compressione con conseguente ammorbidimento dei picchi della plettrata.

In casa Gibson, gli sviluppatori sapevano di aver creato qualcosa di speciale e vollero corredare il tutto con un disco che illustrasse la rivoluzione sonora possibile con il Maestro Fuzz-Tone. Di fatto, produssero una delle prime demo multimediali in maniera non troppo dissimile dal modo in cui ancora oggi si presentano le ultime uscite su Internet.
Cercavano di vendere il Fuzz-Tone come una sorta di sintetizzatore per strumenti a corda, un circuito capace di avvicinare il suono di un basso a quello di una tuba e quello di una chitarra a una tromba o un sassofono, o persino una viola.
Ascoltato oggi, conoscendo tutta la tradizione di distorsioni che ne è scaturita, il disco fa quasi tenerezza per l’ingenuità di quei propositi. Un commento al video della audio-demo caricata da qualcuno su YouTube, firmato da un certo Fernando Cunha, sintetizza alla perfezione ciò che stava accadendo in quegli anni: "its like if they had invented the fire, but it took a while for somebody to realise you could use it to cook something tasty”.
È come se avessero inventato il fuoco, ma c’è voluto un po’ perché qualcuno realizzasse di poterlo usare per cucinare qualcosa di gustoso.



Nel giro di pochi anni, i chitarristi cominciarono a scoprire le potenzialità nascoste del pedale e, alla crescente richiesta del mercato, fecero seguito alcune edizioni aggiornate. Nel 1965, giusto il tempo di esaurire le scorte di magazzino, arrivò la versione FZ-1A, con nuovi transistor e una sola batteria da 1,5V.
Il 1968 fu invece l’anno dell’FZ-1B, che rimpiazzò il germanio col più efficiente silicio, rimosse il cavo d’ingresso in favore di un jack femmina sul lato destro e introdusse una batteria da 9V, raggiungendo di fatto la forma esatta che tutti gli effetti a pedale oggi in commercio ancora condividono, a oltre mezzo secolo di distanza.

Chitarre imperdibili, lavori custom da manuale, effetti introvabili e amplificatori da sogno. Il lunedì del Cool Gear Monday è la rubrica di Accordo.it che rende più gradevole il ritorno a scuola e in ufficio.
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