di redazione [user #116] - pubblicato il 11 luglio 2019 ore 15:30
La canzone presentata da Achille Lauro al Festival di Sanremo è stato “dolcettizzata” dal duo strumentale di Gianni Rojatti ed Erik Tulissio. Nella cover, che si mantiene però quasi integralmente vicina all'originale tranne che per un finale stupefacente, anche un omaggio a Steve Vai. Ci siamo fatti raccontare il brano dai due musicisti.
Rolls Royce è la canzone presentata da Lauro alla sessantanovesima edizione del Festival della musica italiana che tanto ha fatto discutere, prima per le accuse di plagio, poi per il fatto che sia stata intesa come un inno all'abuso di sostanze stupefacenti.
I Dolcetti sono un duo strumentale rock progressive formato dalla chitarra di Gianni Rojatti, coordinatore della didattica di Accordo.it, e la batteria di Erik Tulissio, collaboratore di Accordo e direttore e insegnante presso la Dante Agostini Drum School di Udine.
I Dolcetti hanno pubblicato due album, “Metallo Beat” e “Arriver”, e hanno suonato come support band per le tournè italiane di tanti artisti: Steve Vai, The Aristocrats, Kiko Loureiro, Andy Timmons...
L'ultimo lavoro di Rojatti e Tulissio è una cover di "Rolls Royce" di Achille Lauro e ce la siamo fatti raccontare da loro.
Come è sorta l'idea di fare una cover del brano di Achille Lauro? Gianni: Innanzitutto alla base di un progetto come i Dolcetti c'è la voglia di divertirsi. E così è stato anche in questo caso. Io ed Erik suoniamo insieme da una vita e siamo quella tipologia di amici e musicisti che se ha una sera libera, si incontra per parlare di musica, ascoltarla o per suonare. Ci piace tutta la musica e siamo stati colpiti anche da certe cose della trap. All'interno di questa scena,troviamo che Lauro sia una delle voci più interessanti e con una produzione interessante. Quando a Sanremo ha fatto questa svolta rock con "Rolls Royce" ci è sembrato un brano scritto e arrangiato davvero bene. E da qui la voglia di omaggiarlo e allo stesso tempo stravolgerlo alla maniera dei Dolcetti, con un piglio ironico che, del resto, non manca nemmeno al brano originale. Personalmente, di quel brano mi è piaciuta molto l'intenzione vocale di Lauro che ha cantato con grande espressività e con la chitarra ho proprio cercato di riprendere questa espressività che definirei stralunata.
Qual è lo stravolgimento più evidente presente in questa cover? Erik Tulissio: Per questo brano abbiamo cercato di rimanere il più fedele possibile all’arrangiamento originale su tutta la parte iniziale, fino alla parte conclusiva del pezzo. Da lì in poi, abbiamo “Dolcettizzato” la canzone, inserendo una parte di matrice progressive che sfocia nell’assolo di chitarra fino al finale.
La parte più assurda del pezzo, secondo me, è quella che introduce l’assolo finale: è una parte in cui la chitarra suona in 7/8, mentre la batteria rimane in 4/4. Una citazione, neppure troppo velata, di "The Attitude Song" di Steve Vai. Poi i due strumenti, dopo aver tenuto tempi differenti, si incontrano nuovamente sull’uno dell’assolo. Qui chitarra e batteria dialogano con botte e risposte di fraseggi in un intricato 7/8 nel quale Gianni ed io ci divertiamo a fare quello che più ci piace, ovvero suonare cercando di intuire a vicenda la direzione solistica che ciascuno di noi prende.