Da qualche anno, rappresento marchi di caratura nazionale e internazionale in veste di endorser ed è proprio per questo motivo che mi piacerebbe condividere con voi non tanto le mie esperienze, quanto più il significato che c'è dietro un contratto di endorsement e gli aspetti che distinguono un contratto di ieri rispetto quelli di oggi.
L'endorser è quella figura che, in via privilegiata, utilizza gli strumenti da lavoro appartenenti all'azienda con la quale ha stipulato un contratto ai fini pubblicitari. L'endorsement è quindi un contratto professionale in ambito musicale.
Questa tipologia di contratto esiste da diversi decenni e sono sempre di più i musicisti, giovani e meno giovani, che inviano curriculum artistici qua e là nella speranza di una visibilità. Purtroppo ne è stato fatto un ampio abuso e questo ha portato a delle limitazioni.
Avete presente le chitarre più blasonate o i legni più ricercati? Spesso il motivo che giustifica tali cifre è proprio la richiesta e di conseguenza le limitazioni annesse.
Un tempo tantissimi appassionati si proponevano per farsi regalare strumenti di ogni genere, anche ciò che non utilizzavano davvero, solo per poter esclamare la propria superiorità dentro una sala prove o per rivendere quegli stessi strumenti a prezzi esorbitanti per racimolare qualche spicciolo e poter dire: "questa chitarra apparteneva a X persona, un caro amico da diversi anni" (con il quale non ci si è mai bevuto nemmeno un caffè).
Purtropopo tutto questo ha portato a una profonda mancanza di fiducia da parte delle aziende che, oggi come oggi, richiedono importanti garanzie per assicurarsi di non perdere tempo.
Per pensare di poter diventare endorser di un marchio, prima di tutto bisogna essere pronti a investire. Ciò significa farlo per se stessi perché, per quanto pazzesco e instabile possa sembrare, la musica può diventare un lavoro e la quantità di guadagno può dipendere sì dalle proprie capacità, ma anche da quanto siamo disposti a sacrificarci. Come sempre, un pizzico di fortuna male non fa.
È consigliabile conoscere una seconda lingua e non trascurare troppo la propria immagine, specie in ambito classico.
Ancora più importante è pensare meno a se stessi e di più agli altri perché, quando inviamo una richiesta di endorsement, bisogna considerare che il fattore primario è il lavoro che si cela dietro l'azienda che vogliamo rappresentare. Hanno partita iva, pagano le tasse, probabilmente qualche dipendente, risparmiano fondi pensionistici e devono mantenere la qualità della propria sede e delle eventuali filiali. Non lamentiamoci quindi se chiedono un ritorno perché nella vita si rischia in due. Da un lato c'è l'azienda che - con i propri costi fissi e variabili - si mette in gioco per concederci visibilità, dall'altro lato ci siamo noi artisti che crediamo in ciò che fanno e senza di noi il loro marketing sarebbe estramemente ridotto.
Le aziende forniscono sconti sui materiali di propria produzione, spesso offrono pass vip nei vari festival e dopo un tot di tempo si instaurano anche degli interessanti rapporti umani.
Sono rari gli artisti che ricevono strumenti in prova prima che questi vengano proposti in commercio, ancor meno coloro al quale viene omaggiato uno strumento e in questo caso si stipula un contratto "ambassador", ovvero ambasciatore del marchio. Qualche esempio: Brian May con la Optima Musiksaiten, Massimo Varini con la Eko la quale ha realizzato per lui strumenti signature piuttosto che Luca Colombo con Essetipicks o Carlos Santana e John Mayer con PRS Guitars.
Cercate sempre di fare qualcosa che possa distinguervi, perché persone brave che suonano meglio di noi ci saranno sempre, così come esistono da sempre dei fortunati che possono fin da subito studiare con le persone giuste, concorrendo con un certo vantaggio. Mi viene in mente un certo Bonamassa che a sette anni salì sul palco con un artista "da quattro soldi" che portava il nome di Stevie Ray Vaughan: Jimmy Vaughan ha ereditato tutte le chitarre del mitico Stevie.
Non tutti nasciamo nel posto giusto, al momento giusto o nell'epoca giusta. Cosa fareste se poteste tornare indietro nel tempo, diciamo 1959, e incontrare Lester William Polfuss?
Non dimenticate che, a prescindere dal tempo e dal denaro, tutti noi nasciamo con una profonda e spiccata personalità e con le nostre esperienze di vita, belle o brutte che siano, possiamo trasformare la personalità in artisticità e l'artisticità in emozione. |