di Leon Ravasi [user #4] - pubblicato il 27 marzo 2003 ore 11:02
Dite quello che volete, ma a me la ricerca di Angelo Branduardi non sembra banale. Se è vero che ha attraversato un difficilissimo periodo di fama (e di scadimento qualitativo) il fatto che non si sia spostato dalla sua dimensione neanche quando questa ha finito di essere “moda” mi pare testimonianza di coerenza. I dischi di Branduardi suonano nel 2003 esattamente come suonavano negli anni ’70: dolci, caldi e avvolgenti. Poche novità, poche variazioni sia musicali che nei temi. La voce è sempre quella da menestrello dolente, così adatta a imitazioni ridicolizzanti. Branduardi continua a essere l’esteta di se stesso. Ma in questo campo è bravo. “Altro e altrove” è un buon disco, ben suonato, ben orchestrato, ben corredato da un libretto adeguato e ben pensato.