di aPhoenix90 [user #22026] - pubblicato il 17 marzo 2011 ore 14:30
Il 17 marzo 1861, con la legge omonima, si sanzionava che Vittorio Emanuele II (per grazia di Dio) assumeva per se e per i suoi successori il titolo di Re d'Italia. L'Italia è ufficialmente fatta.
Come in tutti i processi di unificazione (si pensi a quello transoceanico) non mancarono problemi controversi: chi vedeva nel processo importanti vantaggi economici, chi di soldi non ne aveva ma credeva in egual modo in un'Italia unita, chi non si sentiva affatto italiano e anzi si sentiva estirpato dal suo paese d'origine, chi si sentiva veramente italiano e diede la vita per un futuro stato unito.
Quel che è certo, è che oggi tutti ringraziamo di vivere in una penisola una sola, come risultato di un processo inevitabile. Non trovate che, nel 2011, uno stato come il Regno di Sardegna (o qualsiasi altro staterello della penisola prima dell'unificazione) faccia un po' ridere nello scenario internazionale? Allora sì che ci sentiremo davvero inutili (oltre che privi di un'identità definita).
E allora viva l'Italia, fatta di personaggi eroici, coraggiosi, astuti, talvolta meschini, ma che agirono (se necessario dando la vita) per regalarci la speranza di un futuro migliore.
Futuro. Sì, ma quale futuro?? Nel nostro Paese non c'è niente che funzioni a dovere.
No, non è così. Nel nostro Paese l'unica cosa che non funziona è lo scarso senso di appartenenza a una comunità che ci rappresenta, insito in alcune persone (certamente non tutte) talvolta cominciando dalle cariche politiche volte a rappresentarci. Come si può pensare di ricoprire una carica pubblica nel sistema politico italiano, se viene la nausea all'ascolto dell'Inno di Mameli (detto anche "Canto degli italiani"), se si fugge davanti ai microfoni chiamati a diffondere confortanti parole volte a rinnovare la solidità nazionale? Come si può pensare di ricoprire una carica pubblica nel sistema politico italiano se non si ha il minimo sentimento di appartenenza allo Stato che si rappresenta? La risposta è che non si può, ma in qualche modo glielo permettiamo.
Posto che le cariche pubbliche sono elette dal popolo e che questo vanno a rappresentare, domandiamo se anche in noi (popolo elettore) non vi è quel dannato sentimento di "non-appartenenza" e di nausea di fronte al nome "Italia". Se così non è (certamente no), domandiamoci come fare per arginare e isolare queste fastidiose e imbarazzanti pecore nere (o mosche bianche). Ricordiamoci che l'Italia non è fatta solo di escort ladri e puttanieri (come ha giustamente detto Alberto), e ricordiamoci che se l'Italia non ci piace così com'è possiamo sempre cambiarla. Possiamo fare qualsiasi purché qualcosa si faccia: non ha senso predicare un'Italia disastrosa e non fare assolutamente niente per cambiarla.
Ricordiamoci di tutti i personaggi compresi tra Garibaldi e Borsellino, e prendiamo esempio da loro. Centocinquanta anni sono pochi, pochissimi per un Paese. Abbiamo ancora tanta strada da fare, tante cose da imparare, tante cose da cambiare....purché lo si faccia insieme.
In definitiva, per avere il nostro 17 marzo tanto abbiamo dato, e tanto il nostro 17 marzo ci darà. Per questo andrebbe festeggiato (o quantomeno ricordato) regolarmente, al pari del 4 luglio americano o del 14 luglio francese. Siamo bravissimi ad adulare le feste altrui, perché ci risulta comodo pensare che l'erba del vicino sia sempre la più verde. Ma se ci impegnassimo a curarlo, anche il nostro giardino sarebbe meraviglioso come quello dei nostri vicini.
E poi come facciamo a non amare un Paese così bello, così ricco di storia?
Qualcuno forse penserà: «Che palle, l'ennesimo inutile post sull'Unità d'Italia». Sì lo è. ;)
Auguri, Italia e auguri agli Italiani....
.... avrei voluto suonarlo io, ma lui la fa meglio di me ;)))))))