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Le chitarre di Jazzist51
Le chitarre di Jazzist51
di [user #116] - pubblicato il

Abbiamo recentemente parlato di "Jazzist51", interessante lavoro solista, tra progressive e fusion, del batterista Rosario Abramo. Le chitarre di questo album sono opera di Gianni Rojatti. L'abbiamo incontrato per farci raccontare questo lavoro e descrivere la strumentazione impiegata.
 
 
Come sei entrato in questo progetto?
Sono entrato in contatto con Rosario tramite il fonico Alberto Armellini che è un mio vecchio amico e “uomo di fiducia”. Nel suo studio ho fatto parecchi lavori, su tutti le batterie del primo disco dei Dolcetti. Rosario cercava un chitarrista capace di spaziare tra più generi, che sapesse affrontare una partitura complessa e con una certa propensione al solismo. Ho ricevuto alcuni provini via mail, mp3 in gran parte suonati e programmati via midi. Mi sono subito entusiasmato per la ricchezza delle composizioni e ho deciso di prendere parte al progetto, stimolato - lo confesso - anche dalla sfida esecutiva e stilistica che avrei dovuto affrontare.
 
Quanta libertà hai avuto in questo disco?
Mi sono attenuto scrupolosamente a quanto scritto da Rosario. Tutto quello che senti è farina del suo sacco. Io, ovviamente, ho filtrato il tutto attraverso il mio tocco e la sensibilità chitarristica. Quindi aggiungendo vibrati, bending, colorando spesso le note con la leva. Dando la mia pronuncia rock alle sue frasi e inserendo alcune contaminazioni, come l’utilizzo della sette corde che traghetta verso il metal certe parti ritmiche.
 
Hai avuto indicazioni precise anche per gli assolo?
No, negli assolo ho potuto improvvisare. Tranne che sul brano "Jethro" dove invece Rosario aveva scritto anche il mio solo. Poche volte mi è capitato di dover eseguire un assolo scritto da qualcun altro. E’ stato molto stimolante e divertente.
In questo disco ci sono degli assolo di chitarra di cui sono davvero orgoglioso. Del resto ho fatto questo disco mentre stavo registrando anche le chitarre soliste per il disco dei Racer Cafe con Giacomo Castellano, quindi ero in piena forma. 
 
C’è un assolo che ci consigli di ascoltare?
Sono davvero contento dell’assolo contenuto nel brano "Atlas Sphere", perché c’è un bell’interplay con la batteria di Rosario. Mi piace come cresciamo e scendiamo assieme nelle dinamiche.
 
 
I brani sono stilisticamente molto differenti l’uno dall’altro. Quali ti hanno impegnato di più?
Tutti i brani erano molto impegnativi. C’erano pagine e pagine di partitura da leggere, studiare e interpretare. Le chitarre ritmiche di "Jethro", suonate con la sette corde sono state una vera sfida. Ma il brano che mi ha impegnato di più è stato "Jazzist51", un vero e proprio standard jazz, da suonare tutto con il suono clean. Niente di più lontano dal mio stile. Ho lavorato sodo per offrire un suono e parti credibili e coerenti con il pezzo. Ma sono felice di quello che è uscito.
 
 
Per calarti in una dimensione jazz che cosa hai usato?
Ho usato la chitarra che sulla carta poteva sembrare la meno indicata: la mia Ibanez RG 456 che ha due DiMarzio belli cattivi, quasi metallari: Air Norton al manico e – addirittura – D Activator al ponte. E ci ho fatto tanto le ritmiche che gli assolo di questo brano, che è uno standard jazz a tutti gli effetti. Ho lavorato su Eq dell'ampli, ammorbidito il suono con un compressore e il chorus. Ho usato le posizioni intermedie dei due humbucker e tenuto tono e volume leggermente chiusi. Una bella prova di versatilità della mia “Capitana America”!
 
Che altre chitarre hai usato?
Ho usato per tutto il disco praticamente solo due chitarre: la RG465 "Capitana America" appena nominata e la sette corde RG827Z. Anche quest'ultima ha due humbucker, i DiMarzio Blaze: semplicemente magnifici. Sono, ricchi, caldi, burrosi e hanno il suono di "Passion & Warfare". Li amo!
 
Le chitarre di Jazzist51
 
Per quanto riguarda invece la strumentazione e gli effetti?
Su questo disco ho usato tantissimo il Laney Ironhearth Studio Rack andando in diretta nella scheda audio dopo essere passato per per un pre microfonico della VintageDesign che è praticamente un Neve clonato. Gli ho affiancato, come sempre, lo Zoom G3. Ho usato molti effetti di modulazione per colorare i temi. In particolare un Flanger dell’Ibanez, l' FL9. Ho anche usato parecchio il delay, ma solo sulle parti ritmiche: sia su quelle jazzate che su quelle più eteree o pop,  in stile Police, Pink Floyd... ho spremuto il ES2 dell'Ibanez che è un Echo Schifter capace di avvicinarsi davvero alle sonorità retro degli eco a nastro. Niente delay invece sulle parti soliste. Le ho consegnate asciutte  al fonico e in fase di mix abbiamo aggiunto gli ambienti. Nelle parti pulite, quasi sempre passo per un compressore della MXR, il Dyna Comp. Insostituibile...
 
Le chitarre di Jazzist51
gianni rojatti interviste
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