Capita anche a voi di andare in fissa per quelle belle chitarre d’oltreoceano, sbavando sulle finiture (da urlo) e piangendo sui prezzi (da urlo)? Io ho raggiunto la crisi all’inizio di quest’anno, e di seguito vi racconto come è andata a finire.
Dopo l’ennesimo confronto tra cuore e portafoglio, decido di contattare Alberto Gallinaro, che porta avanti di Albignasego (Padova) dal 1997.
Conoscevo già Alberto per qualche setup e manutenzione che aveva svolto egregiamente sulle mie chitarre, ma sono state le foto dei suoi lavori che puntualmente pubblica sulla pagina Facebook a far scattare definitivamente la molla.
Primo passo: decidere che tipo di chitarra volevo.
Il primo amore si chiama Gibson Les Paul, regalo del papà che mi accompagna dal 2000 a oggi, quindi una chitarra a scala 24 ¾ era una scelta obbligata. Di contro, non volevo ovviamente una replica della Les Paul, ma volevo comunque un body single cut.
La decisione era presto presa: body con profilo Telecaster e carved top, ponte fisso e corde passanti, due humbucker, manico bolt-on a scala corta e paletta tipo Suhr, perché mi piace molto. In pratica, una quasi-gemella della Tom Anderson Cobra Carved Top, ma questo l’ho scoperto dopo.
Secondo passo: scelta dei legni. La parte più emozionante per quel che mi riguarda.
Nel giro di cinque minuti il laboratorio di Alberto è stato invaso da tavole di legno: mogano, acero, frassino, tastiere in ebano, palissandro, cocobolo e chi più ne ha ne metta.
Per il body la scelta era obbligata: mogano, una bella tavola di mogano kaya leggera.
Riguardo il top, inizialmente l’amore era scoccato per una tavola di ebano amara, molto particolare, adatta a una finitura natural... però, cavoli: io ho sempre avuto il desiderio di un bel top fiammato. Tra quattro o cinque tavole di acero fiammato, ho scelto la mia: venature sottili e lunghe verso l’esterno, ben presenti su tutta la superficie e praticamente orizzontali.
Per il manico non ho avuto dubbi quando Alberto mi ha mostrato un pezzo di legno tagliato di quarto, con venature fiammate e pure occhiolinato. L’avevo adocchiato da tempo, e quindi aggiudicato.
Per la tastiera la scelta è ricaduta sul cocobolo, ottimo sostituto del palissandro indiano. Abbiamo ascoltato il suono di diverse tastiere, battendole contro una superficie, e scelto quella che ci sembrava con un suono più equilibrato e piacevole.
Radius compound 10”-16”, comodo per gli accordi in prima posizione come per i bending negli ultimi tasti.
Il profilo del manico è copiato al millimetro da un’altra mia chitarra, una Manne Raven che trovo estremamente comoda.
La decisione finale è stata quindi: body in mogano, top in acero fiammato (16 mm di spessore), manico in acero e tastiera in cocobolo.
Una configurazione abbastanza classica, a eccezione del cocobolo. Con la piccola differenza che i legni me li sono scelti io tra tante tavole diverse.
Ultimo passo: hardware.
Non avevo particolari pretese: ponte fisso hardtail Gotoh (Japan), corde passanti. Meccaniche autobloccanti Sperzel, tutto cromato.
Pickup: su consiglio di Alberto, due humbucker Lollar Low Wind Imperial. Si fanno pagare, certo, ma senza alcun rimpianto. Volume, Tono (entrambi push-pull, per splittare gli humbucker in modo indipendente) e selettore a tre vie tipo Les Paul. Stop.
Tasti in acciaio inox: belli da vedere, duraturi e contribuiscono a un suono più chiaro che ben bilancia il mogano del body.
Niente piastrina di fissaggio body/manico. Non mi è mai piaciuta, e allora abbiamo optato per quattro boccole su un tacco smussato.
Per concludere, il tocco finale. Volevo un intarsio al dodicesimo tasto, nient’altro sulla tastiera a eccezione dei dot laterali. Ho pensato di rendere omaggio al mio micio Matisse, con una zampina felina in pearloid ben incastonata tra i tasti.
Tutto questo al 31 Gennaio. Non ho particolare urgenza, quindi dico ad Alberto di prendersi tutto il tempo necessario.
Nelle settimane a seguire c’è un continuo scambio di messaggi con Alberto, tanti piccoli particolari su cui mi chiede la preferenza e nel frattempo . Dal pezzo di legno prende forma lo strumento. Sembra così semplice, ma serve un altissimo lavoro di precisione e le varie foto, passo dopo passo, lo testimoniano.
A inizio luglio la chitarra è pronta, in versione grezza. E scatta il momento delle mille idee sulla finitura, tante idee che prima erano chiare e ora cambiano di continuo. Decisione finale: top grigio trasparente, burst. Fondo nero coprente, lucido. Manico trasparente, satinato.
Passa agosto con le sue ferie, ormai non sto più nella pelle e a metà settembre la chitarra è pronta. Ammetto che sono rimasto senza parole quando Alberto me l’ha mostrata la prima volta. Era come doveva essere, come me l’ero immaginata.
Il suono? Sicuramente suona... moooolto bene, a mio avviso, ma il suono dipende da tanti aspetti ed è ovviamente soggettivo.
La qualità c'è e si sente, questo è fuori discussione. I pickup rispettano in pieno lo strumento, e l’insieme dei legni scelti contribuisce a un suono corposo e bilanciato con i medi in evidenza per uscire dal mix senza essere ingombranti.
È una chitarra comoda, il peso non è esagerato e il manico è scorrevole e veloce senza raggiungere il profilo da corsa dei manici Wizard e simili.
Penso sia questo che fa la differenza tra una chitarra standard e una di liuteria: te la senti cucita addosso, come un abito.
Il risultato lo si raggiunge se a monte il lavoro viene eseguito con scrupolosa precisione e tanto amore per lo strumento, e in questo posso dire che Alberto Gallinaro si è dimostrato veramente un professionista all’altezza, ma questo lo sapevo già.
Mentre seguivo la costruzione della chitarra è nata la mia bimba Alice. Per par condicio, la prossima chitarra avrà una bella manina al dodicesimo tasto. Alberto, preparati! |