1) La verità è che siamo (sono!) troppo attaccati al quel poco che abbiamo. Malgrado ci stia stretto o sia spesso una merda, è una merda conosciuta e...nella sterile logica della pavidità umana, la merda che si conosce vale più dell'oro che non si conosce.
2) La nostra vita è troppo facile. O meglio: anche se la consideriamo difficile, ci siamo abituati; e in fondo che essa sia dura non ha più importanza poiché la conosciamo.
Forse è giunta anche per me l'ora di un'altra svolta, come per Giorgio, come per Salvo. Lo devo a me stesso. Lo devo alla mia famiglia, a mio figlio.
A 22 anni ho lasciato un lavoro sicuro, ben remunerato e 'prestigioso' per inseguire il mio sogno: studiare filosofia, mantenermi da solo agli studi, perché mio papà operaio non poteva permettersi di pagarmi l'università. Se non l'avessi fatto, ora sarei un dirigente ma...sinceramente non me n'è mai fregato niente del carrierismo.
Per questa decisione mi hanno dato del pazzo ma... alla fine l'ho spuntata. Sapevo quel che volevo!
Ora quello che era un buon compromesso per il fine prefissato e raggiunto rischia però di diventare una trappola.
Ma che paura tentare di lasciare una strada vecchia per una nuova!
Ho paura di perdere la mia 'pace condizionata', di perdere la mia routine, di non aver più la testa 'libera' per godermi appieno mio figlio, di leggermi un saggio, di inserirmi in nuove dinamiche umane, e mille altri scrupoli.
Sarà forse la stanchezza, ma mi sento come un Parsifal che ha smarrito il senso della sua divisa da cavaliere.
So che senza spinte eroiche non si è più uomini ma ultimamente provo angoscia solo all'idea di rimettermi in gioco.
Per ora è meglio che spenga il cervello e aspetti l'arrivo del fresco. Certo è strano leggere i diari di altri amici e leggervi gli stessi crucci!
Plato