di Billino [user #8118] - pubblicato il 05 ottobre 2006 ore 21:38
Mi avrebbe fatto un gran piacere partecipare alla discussione che si sta tenendo sul diario di LauroAlecB, discussione intorno ad un tema che m'interessa molto e, sempre, rapisce la mia attenzione. Essendomi di fatto precluso (una preclusione psicologica, non certo "ufficiale") l'accesso nei diari di taluni utenti che non vedono di buon occhio la mia presenza e nel pieno rispetto di questa loro volontà, mi soffermo a scrivere qualche considerazione, da solo com'è giusto che sia, tra le mie pagine.Io credo che l'integrazione non sia necessaria laddove ci sia il rispetto reciproco. Non è necessario che "noi" e "loro" ci fondiamo in un unico grande calderone, fino a perdere i nostri connotati, le nostre peculiarità. Del resto, pur con tutta la buona volontà di questo mondo, non accadrà mai. Abbiamo menti troppo diverse. Culture distanti. Non abbiamo gli strumenti che ci consentano di capire il loro approccio alla vita/morte e questa difficoltà a trovare motivi di giustificazione, spesso e inevitabilmente, ci porta ad affacciarci sul ripido burrone del razzismo. Quello che non conosciamo e che non riusciamo a comprendere ci spaventa e, dunque, reagiamo male, ponendo come assunto incontrovertibile che il nostro sistema, il nostro modello di vita, il nostro approccio siano quelli "giusti". Ma "giusti" per chi? "Giusti" cosa? Chi stabilisce cosa è giusto e cosa invece non lo è? Quale la "normalità"? Tutti concetti abbondantemente investigati dall'antropologia e definiti come concetti "relativi". Cio chè a noi può apparire "strano", ad altri può sembrare di una ovvietà sconcertante. E viceversa. Cosa è strano: l'infibulazione, il burka, il pregare inginocchiati a terra decine di volte al giorno o piuttosto le decine e decine di sacerdoti e vescovi pedofili e maniaci sessuali sparsi per il mondo, gli abiti ecclesiastici di porpora e ermellino e anelli di brillanti e croci di chili e chili d'oro (ieri ricorreva la festività religiosa di San Francesco..che ne è rimasto? E di Cristo?)? Cosa è scandaloso? Cosa non lo è? Che ne sappiamo noi?Cosa pare più strano? La condizione della donna in paesi economicamente arretrati e poveri di tutto, che giustamente condanniamo a più riprese, o la stessa condizione della donna in quasi tutte le regioni del sud del nostro paese, un paese, dicono, democratico, con libertà di parola ecc? Davvero siamo capaci di guardare le travi che abbiamo conficcate nei nostri bulbi oculari senza far passare nulla? Davvero noi Italiani non giustifichiamo le nefandezze e le condanniamo? Ci sono zone, nel nostro paese, nelle quali è impossibile girare a piedi dalle sette e mezza di sera in poi. Anche per le forze dell'ordine. E non certo per colpa dei Musulmani. Conosco persone che, dopo aver stuprato adolescenti, sono tornate al paesello d'origine accolte in trionfo al grido di "è stato provocato". Dove siamo, in Islam? No, nella civilissima Italia! E le leggi famose tipo quella delle fanciulle che indossano i jeans..Dov'è che siamo, in Islam o in Italia? In un paese di morti di fame, bombardato un anno si e uno pure dagli esportatori di democrazia, o, invece, in un luogo impregnato di civiltà rinascimentale e illuminista, dov'è c'è tutto e il pane non manca mai a nessuno?Davvero noi processiamo i nostri delitti? Ne siamo davvero così sicuri?Certo che è nefandezza portare una figlia al suicidio, ed è giusto indignarsi. Dove abito io e un pò più giù (ma comunque molto più su dei posti demoniaci in cui vivono i famigerati tagliatori di teste) ci sono centinaia di ragazzine, ogni anno, che vengono spinte al suicidio da padri che massacrano di botte loro e tutto il resto della famiglia ogni santa sera, al ritorno a casa, riveriti e rispettati da tutto il resto della comunità. Eppure noi abbiamo la democrazia e la cultura "giuste".Credo che l'integrazione non sia possibile e nemmeno necessaria. Siamo troppo lontani. Viviamo in condizioni troppo diverse. Non possiamo capire loro. Loro non possono capire noi. Per uno di noi dev'esser strano vivere la sua vita (intendo dire TUTTA la sua vita, da quando si è piccini) sotto bombardamenti continui. Senza nemmeno una partita di pallone per strada. Penso ai Palestinesi. Chissà, magari, se uno di noi passasse i primi vent'anni della sua vita a scappare dalle bombe, a vedere morte e niente più, senza una bicicletta, un calcio al pallone, MAI, magari, non avendo altro con cui difendersi, magari potrebbe decidere di usare il suo corpo come arma..chissà. Chi può dirlo. Noi no di certo. Viviamo in un altro mondo. Troppo lontani. E la religione ha una colpa soltanto "indiretta", nel senso che loro vivono la morte e l'inferno. La religione è l'unico appiglio. La morte l'unica via per raggiungere la vita e il paradiso. A noi che ci frega della religione? Perchè dovremmo pregare? Per cosa? Stiamo troppo bene noi. Stiamo GIA' troppo bene. Ad un ecclesiastico cosa dvrebbe importare di pregare per avere il paradiso quando già in vita può avere donne, soldi e tutto quello che desideri? Per loro non è così. Loro in vita hanno solo morte. Ed è per questo che non potremo mai capirli.Ma poi, dico, perchè dovremmo integrarci a tutti i costi? Basta il rispetto reciproco. E' questo che ci spetta. Far capire, con forza, a queste persone quali siano le regole del nostro sistema e farle osservare, punendo i colpevoli. Tutto qua. E' l'unica cosa che possiamo e dobbiamo fare. Il resto dei discorsi è inutile.Eppoi, non sono sicuro di poter dire che l'integrazione sia un processo sempre e comunque positivo. Lo è quando non comporta una fusione dei termini, uno smussamento delle caratteristiche di ognuno, una massificazione delle culture, come il sistema dominante vorrebbe. E' giusto che ognuno conservi le sue origini, le proprie manifestazioni culturali, senza confondersi. Non mi sono mai piaciuti i supermercati, i centri commerciali, dove tutti comprano le stesse cose da mangiare da bere da vestire. Ho sempre preferito il salumiere dell'angolo o i pomodori freschi dell'orto dietro casa della mia ragazza.E' un discorso difficile e strano. Con una soluzione semplice e banale, in fin dei conti.Mah..Ps. Le mie sono solo considerazioni. Non prendo posizione contro o a favore di nessuno. M'infastidirebbero commenti che ponessero l'accento sul fatto che abbia citato i Palestinesi. Avrei potuto fare centinaia di altri esempi. Ecco, era soltanto un esempio.
Mi avrebbe fatto un gran piacere partecipare alla discussione che si sta tenendo sul diario di LauroAlecB, discussione intorno ad un tema che m'interessa molto e, sempre, rapisce la mia attenzione. Essendomi di fatto precluso (una preclusione psicologica, non certo "ufficiale") l'accesso nei diari di taluni utenti che non vedono di buon occhio la mia presenza e nel pieno rispetto di questa loro volontà, mi soffermo a scrivere qualche considerazione, da solo com'è giusto che sia, tra le mie pagine.
Io credo che l'integrazione non sia necessaria laddove ci sia il rispetto reciproco. Non è necessario che "noi" e "loro" ci fondiamo in un unico grande calderone, fino a perdere i nostri connotati, le nostre peculiarità. Del resto, pur con tutta la buona volontà di questo mondo, non accadrà mai. Abbiamo menti troppo diverse. Culture distanti. Non abbiamo gli strumenti che ci consentano di capire il loro approccio alla vita/morte e questa difficoltà a trovare motivi di giustificazione, spesso e inevitabilmente, ci porta ad affacciarci sul ripido burrone del razzismo. Quello che non conosciamo e che non riusciamo a comprendere ci spaventa e, dunque, reagiamo male, ponendo come assunto incontrovertibile che il nostro sistema, il nostro modello di vita, il nostro approccio siano quelli "giusti". Ma "giusti" per chi? "Giusti" cosa? Chi stabilisce cosa è giusto e cosa invece non lo è? Quale la "normalità"? Tutti concetti abbondantemente investigati dall'antropologia e definiti come concetti "relativi". Cio chè a noi può apparire "strano", ad altri può sembrare di una ovvietà sconcertante. E viceversa. Cosa è strano: l'infibulazione, il burka, il pregare inginocchiati a terra decine di volte al giorno o piuttosto le decine e decine di sacerdoti e vescovi pedofili e maniaci sessuali sparsi per il mondo, gli abiti ecclesiastici di porpora e ermellino e anelli di brillanti e croci di chili e chili d'oro (ieri ricorreva la festività religiosa di San Francesco..che ne è rimasto? E di Cristo?)? Cosa è scandaloso? Cosa non lo è? Che ne sappiamo noi?
Cosa pare più strano? La condizione della donna in paesi economicamente arretrati e poveri di tutto, che giustamente condanniamo a più riprese, o la stessa condizione della donna in quasi tutte le regioni del sud del nostro paese, un paese, dicono, democratico, con libertà di parola ecc? Davvero siamo capaci di guardare le travi che abbiamo conficcate nei nostri bulbi oculari senza far passare nulla? Davvero noi Italiani non giustifichiamo le nefandezze e le condanniamo? Ci sono zone, nel nostro paese, nelle quali è impossibile girare a piedi dalle sette e mezza di sera in poi. Anche per le forze dell'ordine. E non certo per colpa dei Musulmani. Conosco persone che, dopo aver stuprato adolescenti, sono tornate al paesello d'origine accolte in trionfo al grido di "è stato provocato". Dove siamo, in Islam? No, nella civilissima Italia! E le leggi famose tipo quella delle fanciulle che indossano i jeans..Dov'è che siamo, in Islam o in Italia? In un paese di morti di fame, bombardato un anno si e uno pure dagli esportatori di democrazia, o, invece, in un luogo impregnato di civiltà rinascimentale e illuminista, dov'è c'è tutto e il pane non manca mai a nessuno?
Davvero noi processiamo i nostri delitti? Ne siamo davvero così sicuri?
Certo che è nefandezza portare una figlia al suicidio, ed è giusto indignarsi. Dove abito io e un pò più giù (ma comunque molto più su dei posti demoniaci in cui vivono i famigerati tagliatori di teste) ci sono centinaia di ragazzine, ogni anno, che vengono spinte al suicidio da padri che massacrano di botte loro e tutto il resto della famiglia ogni santa sera, al ritorno a casa, riveriti e rispettati da tutto il resto della comunità. Eppure noi abbiamo la democrazia e la cultura "giuste".
Credo che l'integrazione non sia possibile e nemmeno necessaria. Siamo troppo lontani. Viviamo in condizioni troppo diverse. Non possiamo capire loro. Loro non possono capire noi. Per uno di noi dev'esser strano vivere la sua vita (intendo dire TUTTA la sua vita, da quando si è piccini) sotto bombardamenti continui. Senza nemmeno una partita di pallone per strada. Penso ai Palestinesi. Chissà, magari, se uno di noi passasse i primi vent'anni della sua vita a scappare dalle bombe, a vedere morte e niente più, senza una bicicletta, un calcio al pallone, MAI, magari, non avendo altro con cui difendersi, magari potrebbe decidere di usare il suo corpo come arma..chissà. Chi può dirlo. Noi no di certo. Viviamo in un altro mondo. Troppo lontani. E la religione ha una colpa soltanto "indiretta", nel senso che loro vivono la morte e l'inferno. La religione è l'unico appiglio. La morte l'unica via per raggiungere la vita e il paradiso. A noi che ci frega della religione? Perchè dovremmo pregare? Per cosa? Stiamo troppo bene noi. Stiamo GIA' troppo bene. Ad un ecclesiastico cosa dvrebbe importare di pregare per avere il paradiso quando già in vita può avere donne, soldi e tutto quello che desideri? Per loro non è così. Loro in vita hanno solo morte. Ed è per questo che non potremo mai capirli.
Ma poi, dico, perchè dovremmo integrarci a tutti i costi? Basta il rispetto reciproco. E' questo che ci spetta. Far capire, con forza, a queste persone quali siano le regole del nostro sistema e farle osservare, punendo i colpevoli. Tutto qua. E' l'unica cosa che possiamo e dobbiamo fare. Il resto dei discorsi è inutile.
Eppoi, non sono sicuro di poter dire che l'integrazione sia un processo sempre e comunque positivo. Lo è quando non comporta una fusione dei termini, uno smussamento delle caratteristiche di ognuno, una massificazione delle culture, come il sistema dominante vorrebbe. E' giusto che ognuno conservi le sue origini, le proprie manifestazioni culturali, senza confondersi. Non mi sono mai piaciuti i supermercati, i centri commerciali, dove tutti comprano le stesse cose da mangiare da bere da vestire. Ho sempre preferito il salumiere dell'angolo o i pomodori freschi dell'orto dietro casa della mia ragazza.
E' un discorso difficile e strano. Con una soluzione semplice e banale, in fin dei conti.
Mah..
Ps. Le mie sono solo considerazioni. Non prendo posizione contro o a favore di nessuno. M'infastidirebbero commenti che ponessero l'accento sul fatto che abbia citato i Palestinesi. Avrei potuto fare centinaia di altri esempi. Ecco, era soltanto un esempio.