Certo non avrà il valore di una campagna per la salvezza della foresta amazzonica ma in queste poche righe vorrei aprire “il caso” delle traduzioni in italiano dei manuali e tentare di gettare le basi di una standardizzazione del linguaggio tecnico a vantaggio di tutti I possibili fruitori.
Nella mia lunga frequentazione con le pubblicazioni di carattere musicale ne ho viste di tutti i colori e lette di tutti i sapori. Nei casi migliori condisco la frase o la parola assassina con una risatina; in quelli peggiori ho la cattiva sensazione che il traduttore abbia peccato di leggerezza offensiva, di sciatteria cerebrale, di dolosa disattenzione, tanto ……. “Per quello che mi pagano ….”. Ho visto così il capotasto in osso trasformarsi nella traduzione in un “osso di noce”,; ho letto che le superfici andavano “pulite con spirito industriale” al posto di “alcol metilico”, quasi che una certa spiritosaggine o umore tipico degli ambienti con ciminiere fosse una garanzia che le superfici al fine brillassero meglio.
Di chi sarà la colpa? Direi di dividerla in due: tra chi commissiona la traduzione e il traduttore. Ma perché, - mi chiedo – chi ha necessità di tradurre un manuale o altro materiale informativo, non si rivolge a uno del settore che conosca la lingua? Posso pensare a ragioni di risparmio ma non ne trovo, convinto che le richieste economiche dell’esperto siano grossomodo le stesse del neo-laureato di turno. A meno che, in un rigurgito di orgoglio e di supervalutazione delle sue capacità linguistiche, un dirigente della ditta importatrice decida di scendere in campo “a zero lire”. Niente di male in questo, ma quest’ultimo valuti bene le proprie capacità prima di mettere in giro testi con castronerie varie che più che veicolare informazioni su di un prodotto distribuiscono granchi e seppie linguistiche annebbiando l’immagine della ditta. Fossi il produttore, chiederei al distributore i danni causati ai prodotti dall’uso maldestro dei mezzi pubblicitari e informativi.
Ma chi redige in italiano un testo di presentazione, o quant’altro legato a un prodotto, non si ferma ai delitti appena accennati. O per “fumo” o per particolari potenzialità aviatorie della sua mente, egli crea testi di insuperabile bellezza allucinatoria. Ricordo la presentazione fatta da un distributore italiano di una chitarra elettrica in cui nemmeno tutto lo spazio interstellare era in grado di contenere il suono immenso prodotto dallo strumento! Ancora qualche esempio prima di lasciar addormentare la sciatteria: la mixing console diventa il tavolo di missaggio, lo speaker un amplificatore, introduction diventa introduzione al posto di presentazione (forse sottende il desiderio che la presentazione di trasformi di lì a poco in “introduzione”?), strings thru body si trasforma in strings true body con quel true che significa vero, i fader diventano dei dissolventi (nei sottotitoli italiani alla Beatles Anthology) al posto di cursori. Sarebbe carino raccogliere tutte le strafalcionerie, no?