Ho appena terminato di leggere il “Dizionario delle cose perdute” di Francesco Guccini, letto tutto d’un fiato la scorsa settimana, durante un volo. L’autore compie un viaggio nel passato e scava nella memoria facendo emergere emozioni, condizioni e ricordi ormai sepolti, accompagnandoci nella scoperta (o ri-scoperta) di oggetti, abitudini, espressioni del passato, paragonandoli ai giorni attuali con l’irresistibile ironia che lo contraddistingue anche sul palco.
Dalle osterie fuori porta alle braghe corte che oggi nessun ragazzino è più costretto a portare anche d'inverno, dal fumo libero nei cinema ai telefoni in duplex, dalla macchina da scrivere ai taxi verdi e neri che quasi nessuno ricorda più, dalle linguette per aprire le lattine agli odori - non ancora coperti dallo smog cittadino - che animavano ogni angolo delle città: con nostalgia Guccini dipinge oggetti, situazioni ed emozioni di un passato che è di tutti noi, ma che rischia di andare perduto. Un viaggio nella vita di ieri che ci fa scoprire un'archeologia "vicina" di noi stessi che commuove, diverte e parla di come siamo diventati.
Ve ne consiglio la lettura, anziche’ su di un aereo, in una di quelle osterie che ti aspetti di trovare nella provincia profonda; con i tavoli di legno marchiati dal tempo, un rosso rigorosamente sfuso ed età anagrafica media degli avventori attorno ai 70; o al limite su di un vecchio treno che, sbuffando, attraversi qualsivoglia regione italiana.