Figlia dell'Inghilterra postbellica, noiosa, severa, schematica, vive un'adolescenza lenta e consuetudinaria alternando passivamente lo scarso studio a sporadici periodi di lavoro per lo più in negozi di parrucchiere dove in seguito sarà notata e diventerà la vera icona di un momento unico ed irripetibile, protagonista di un fenomeno di costume che cambierà il modo di essere giovani nell'intero pianeta.
Biondina, lentigginosa, con grandi occhi incredibilmente espressivi riempie le copertine dei più importanti "magazine" mondiali, affascinando con il suo aspetto glabro, al limite del sofferente.
Verrà ritratta in pose eccezionali dai più autorevoli fotografi del tempo che, come nella foto di copertina, faranno risaltare il disegno perfetto delle sue labbra sempre lievemente dischiuse e dell'ovale del viso, magro e scolpito, ma così squisitamente femminile.
Si racconta che posando per fotografi eccellenti non facesse nulla di più che voltare lo sguardo verso gli ombrelli di luce posti ai lati della scena, avvicinando una mano alle labbra o alle guance, e tutti stupivano per l'indescrivibile garbo dei suoi movimenti e per la pacatezza di uno sguardo che pareva attonito, surreale, assente.
Il gusto innato nell'abbigliarsi e l'evidente magrezza la portavano per le vie di Londra con pantaloni di taglio maschile, famoso rimane quello gessato di colore blu scuro con le "pences", e con blusotti di lana leggera che sfioravano seni inesistenti fino ad appendersi in vita con ricamini leggeri, ed era questo un modo abbastanza inusuale di vestire, in tempi in cui vigevano goffe "gonne a pieghe", in largo uso fra l'ancora timida gioventù anglosassone.
Un esagerato uso del rimmel ed una marcata matita di contorno per le labbra creavano magnifici contrasti per le pose in bianco/nero e per viraggi lievemente sepiati voluti da quei grandi artisti che hanno saputo ritrarla creando quadri e non foto, specialmente quando faceva uso di enormi cappelli, quasi sempre di colori tenui, in armonia con il tiepido colore della sua pelle e con l'immagine sognante dei suoi occhi, enormi e profondissimi.
Ma quell'esile ragazza occupata come "shower" presso piccoli negozi di parrucchiere aveva costruito in poco tempo una immagine unica e decisa e tanto incisiva da destare interesse nella celebre stilista Mary Quant che volle eleggerla per rappresentare il fenomeno di costume più innovativo che letteralmente mutò il modo di abbigliarsi nel mondo, la minigonna.
In pochi mesi si passò, prima in Inghilterra e poi altrove, da uno stile rigido e castigato che tendeva a celare la prorompente femminilità di adolescenti e non ad una vera esplosione che scatenava le ire di ecclesiastici e perbenisti, quella progenie mostruosa che identifica la vera virtù soltanto nel castigo e nel rigore.
La musica rappresentò un degno corollario a questa incredibile innovazione e la metà degli anni sessanta segnarono la fine di un'era dando finalmente risalto ad un modo di vivere, specialmente nei giovani, totalmente avulso dai vecchi schemi.
Collanine dipinte, cordini intrecciati nei capelli, colori vivaci, succinti gonnellini trapunti di stelle e tanta musica, suonata ad ogni angolo, con mezzi di fortuna, a dispetto dei citati perbenisti, contrariati ed inorriditi da quegli atteggiamenti così palesemente liberali, con la ferrea volontà di mutare parametri che avrebbero dovuto permanere nel tempo per sancire padroni e servi, comando ed obbedienza.
Twiggy si è resa protagonista di una dei momenti più importanti del secolo scorso ed ha il merito di non aver prodotto nulla al di fuori della sua immagine ponendosi al fianco della grande Coco Chanel, un'altra piccola donna, timida e fragile all'apparenza, ma fortemente determinata ed innovativa.