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Fender '68 Custom Princeton Reverb: alla ricerca del piccoletto perfetto
Fender '68 Custom Princeton Reverb: alla ricerca del piccoletto perfetto
di [user #13113] - pubblicato il

La ricerca del suono ideale può anche passare attraverso la riedizione di un piccolo combo valvolare da una dozzina di watt. Il Princeton Reverb '68 Custom si rifà ai silverface che inaugurano la produzione Fender degli anni '70 e ha un bel caratterino da condividere in appartamento quanto sul palco.
Alla ricerca di un piccolo amplificatore per casa/prove/localini, ho potuto notare che oggi l’offerta è vasta e valida: i costruttori si sono svegliati e i piccoli valvolari affollano il mercato.
Partito per spendere poche centinaia d’euro, vado deciso alla rotta di un onesto Blues Junior, magari usato. Immerso nella ricerca, mi perdo nella GAS più sfrenata (ebbro di qualche buona vendita). Il mio tiro si raffina, approfondisce e... niente, perché accontentarsi quando ci si può dissanguare per avere qualcosa di più? Ecco. No? Insomma, va bé, ho preso il Princeton. Ecco.

Sono arrivato a questo modello siccome questi Vintage Modified '68 hanno una buona fama sul web, un prezzo leggermente più basso dei Vintage Reissue e sono più belli.
Cercavo qualcosa di leggero e prestante, che si facesse tirare il collo e fosse educato con gli altri strumenti, che magari si potesse portare in giro senza rischiare un'ernia, e cercavo un bel suono Fender.

Fender '68 Custom Princeton Reverb: alla ricerca del piccoletto perfetto

Ho avuto un Deluxe Reverb '65 Reissue. Un buon ampli, aveva solo due grossi difetti per il mio uso: peso e volume. Il nuovo Princeton '68 è meno squillante, più rotondo, soffre anche un leggero inscatolamento del suono (vuoi perché ancora è nuovo o per il piccolo cono), ma offre un riverbero da sogno, un'ottima risposta al tocco (questo forse dovuto anche a una maggiore fruibilità del volume) e un peso umano.

Se siete in un condominio, abbandonate ogni speranza, altrimenti nell’uso casalingo è perfetto: finalmente un po’ di calore (e colore) Fender a disposizione, finalmente libero dalla schiavitù dei pedali, posso giostrarmi tra volumi di chitarra e ampli, godendo dell’infinito riverbero.

Tende, come facile prevedere, a saturare presto ma, se non suonate hard rock o peggio, in sala è perfetto e i pedali se li pappa tutti a dovere. Io in realtà l’ho messo alla prova anche con una band ska/punk e i risultati non sono stati malvagi.

Suonato in una situazione tranquilla di voce, chitarra e contrabbasso si è difeso alla grande, anzi, mi ha dato pure la possibilità di attaccare! Il suono è fenderoso, ma mai tagliente, e offre sempre un buon sostegno per le parti soliste. Da scordarsi l’overdrive a casa.

Fender '68 Custom Princeton Reverb: alla ricerca del piccoletto perfetto

Il peso è basso, ma non bassissimo: quindici chili un po’ si fanno sentire. L’inscatolamento a volte ti prende di sorpresa, volume troppo basso, qualche tono fuori posto... e sì, il volume: mi ci sto trovando bene, ma non posso nascondere che a volte è come se fosse troppo forte, altre invece mi sembra che vada in saturazione troppo presto.

La verità è nel mezzo: non è l’amplificatore perfetto, a casa lo puoi suonare gagliardo, ma fino a un certo orario, nel cuore della notte una denuncia non te la leverebbe nessuno. Scegli bene il batterista, quelli che picchiano troppo forte non vanno bene per questo ampli e soprattutto non vanno bene per i generi di riferimento del Princeton, che sono tutti quelli che gravitano intorno al blues.


Lo riprenderei? Direi proprio di sì, ma siamo ancora in luna di miele.
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Fender Princeton Reverb '68 Custom
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