di enricosesselego [user #28271] - pubblicato il 09 novembre 2020 ore 15:30
Continuiamo a parlare di gestione e ottimizzazione del proprio home studio. Nel precedente articolo avevamo parlato di cuffie e speso qualche riflessione in ambito chitarristico circa i pro e contro della microfonazione comparata alla registrazione in diretta, tramite macchine digitali. Oggi parliamo di preamplificatori e dell’approccio gestionale del proprio studio.
Quando si parla di preamplificazione microfonica, si intende la possibilità di inserire un preamplificatore tra il microfono che riprende la nostra sorgente sonora e la scheda audio che la riceve. Un argomento che dunque interessa tutti i musicisti più attenti al proprio set up e non solo i chitarristi elettrici: cantanti e musicisti acustici in generale, potrebbero trovare grandi giovamenti integrando un preamplificatore nei loro studi.
Credetemi: finché non lo si prova, non si ha idea di quanto un “pre” dedicato per microfono possa migliorarne esponenzialmente il suono. E parlo di qualsiasi microfono
Purtroppo, ancora oggi osservo come molti musicisti investano discreti budget in microfoni a condensatore delle migliori marche per poi semplicemente entrare direttamente nella scheda audio: sappiate che quel meraviglioso microfono non sarà totalmente premiato e anzi, godrete solamente del 50% delle sue potenzialità timbriche.
Ci tengo a dire che il preamplificatore da affiancare al nostro microfono, non deve essere necessariamente un prodotto super blasonato e quindi costoso. Già il fatto di avere un gain dedicato solamente al livello in ingresso del microfono è una garanzia di miglioramento sonoro. Se poi il preamplificatore che stiamo usando ha anche una valvola che scaldi il suono nelle armoniche, avremo la possibilità di entrare nel Line input (mi raccomando!) della scheda audio con un “suono fatto” che sortirà effetti insperatamente benefici in termini di volume, consistenza e calore.
Provare per credere! Viviamo in un’epoca nella quale esistono interfacce per tutte le tasche; tutte le marche promettono meravigliosi “stadi” di preamplificazione microfonica. Ma maturare una certa consapevolezza di come funziona un vero preamplificatore ci aiuterà a capire/sentire quali tra queste interfacce -chi più e chi meno- mantengono in effetti queste promesse.
E poi c’è un altro aspetto legato al proprio studio di registrazione domestico, aspetto che chiamerei, gestionale. È necessario essere estremamente ordinati, pignoli, nel cablaggio del proprio studio. Questo tipo di attenzione eviterà tanto problemi di “ronza” che problemi di perdita di segnale “inspiegabile”. E queste due tipologie di problemi sono fattori che purtroppo, emergono sempre a giochi fatti: quando lo studio è finito, quando abbiamo necessità immediata di poterlo utilizzare al meglio o – peggio ancora – a registrazioni ultimate con rumori o deterioramenti del segnale di cui non ci si era accorti suonando.
La parola chiave è, ancora una volta, professionalità!
Servitevi di cavi giusti: usiamo i bilanciati quando bisogna utilizzarli, perché è importantissimo! Ed evitiamo cavi con inutili lunghezze esasperate. Occhio anche alle ciabatte elettriche che devono restare in ordine e possibilmente collegate a gruppi di continuità salva sessione ma, soprattutto, salva equipaggiamento.
E per finire, un consiglio generale: se avete un fonico competente di fiducia, fatevi guidare nel settare il vostro studio. Ovviamente ci si rivolge a un fonico principalmente per farsi aiutare nell’ apprendimento delle principali funzionalità del vostro DAW o dei concetti base di equalizzazione, compressione e riverberazione. Ma potrebbe essere prezioso anche nel mettere la sua esperienza in termini di scelta, gestione e ottimizzazione dei cablaggi. O nel farci ascoltare e spiegare diversi tipi di preamplificatori, agevolandoci nella scelta di quello per noi più funzionale.