di enricosesselego [user #28271] - pubblicato il 04 febbraio 2021 ore 15:00
Registrare una band che suona live è una bella sfida. Bisogna gestire le esigenze della serata – esigenze che fanno i conti con le caratteristiche sonore della venue in cui si suona - e, al tempo stesso, preservare la pulizia e naturalezza delle riprese, senza compromettere la resa della performance live chiedendo ai musicisti degli ascolti e dei volumi che non sono quelli per loro soliti o ottimali.
Nei prossimi due articoli, affronteremo alcune considerazioni su questo tema. Oggi con delle riflessioni di massima che ci aiuteranno a capire meglio la gestione di questa situazione; nel prossimo articolo con il resoconto della registrazione live – e successivo mix – del recente album “Live at Brighton” di Paul Gilbert, entrambi da me curati.
Fondamentalmente, quando ci si trova a dover gestire assieme e fonia e registrazione di una serata live, bisognerebbe anche avere il classico colpo di (…) fortuna e trovare un settaggio amichevole del mixer principale di sala così da essere quindi abilitati a gestire autonomamente, come due cose distinte, il live mix della serata e la registrazione a tracce separate. Per questa ragione, uno degli incubi classici in cui può imbattersi un fonico sono le registrazioni live pensate (quasi) all’ ultimo momento e senza equipaggiamento ad hoc al seguito, a cui si aggiunge il non avere controllo indipendente dei livelli di acquisizione dei microfoni. In definitiva non è possibile gestire separatamente i livelli che dal palco sono rimandati al PA e i livelli che dal palco arrivano alla registrazione.
Entrando ancor più nel dettaglio, ai fini della registrazione e del successivo mix, sarebbe ottimale avere il segnale in acquisizione dal palco e diretto in registrazione, indipendente anche dalla processazione del segnale (a.k.a. compressione ed EQ) utilizzata durante lo show.
Proprio su questo tema è meglio dilungarsi per rendere chiaro il concetto a chi non avesse dimestichezza con questo tipo di situazione. Qualcuno potrebbe pensare che sia giusto mandare in registrazione la processazione applicata agli strumenti in serata. In fin dei conti, la processazione è fatta ad abbellimento e valorizzazione del suono e quindi, come tale, dovrebbe essere “giusta” anche in registrazione. Ma registrare uno strumento equalizzato, abbellito per il live, è fondamentalmente un grosso errore.
Il suono che il FOH forgia, deriva dalla sua percezione dell’ambiente circostante, dalla correzione acustica di quest’ ultimo e del bisogno di pulizia e collocazione sonora degli strumenti perché suonino bene in quella specifica situazione.
È vero che di base c’è un’idea di massima di colorazione e correzione del suono - idea maturata durante il tour ed affinata in ogni soundcheck- mala variabile inserita dalla combinazione dei fattori “tipo di venue”, “palco”, “coefficiente di riempimento del locale”, è una variabile naturale che cambia, necessariamente di serata in serata. È questa variabile influisce sulla percezione di tutti gli strumenti a parità di microfonazione, compressione, EQ e decisamente gli effetti di riverbero e delay.
Per questo si pensa al live mixing come un processo effimero ed estemporaneo per eccellenza, in relazione di dipendenza diretta da tutti questi fattori suddetti.
Il contrario quindi di un mix di un “disco”, nel quale si spendono ore sui suoni - lavorando in contesti sonori ottimale - e ci si impegna a renderlo usufruibile e gradevole su tutte le piattaforme ma, soprattutto, per sempre!
Vi porto un esempio pratico e ancora più esemplificativo.
Mi è capitato di dover mixare delle registrazioni live per conto terzi, trovandomi però delle tracce al limite dell’utilizzabile. Così, per utilizzarle è stato necessario operare un opportuno restauro (perché di ciò si tratta) dei singoli canali. Per esempio, un classico è trovarsi la traccia registrata di basso, completamente priva di basse, “fine” e magari con delle medie fastidiosissime.
Facilissimo intuire cosa sia successo in questi casi: il fonico live della serata ha fatto il suo dovere nell’ottimizzare il suono del basso per l’ascolto live ma l’errore è stato mandare quel segnale del basso con tutta quella processazione di EQ aggiunta nel banco, dal mixer alla registrazione. Infatti, immagino che in quel determinato show, il basso avesse già un soddisfacente ritorno di gravi forse dato da un consistente ritorno di basse da un P.A. già così tarato; oppure che il locale fosse talmente piccolo che il suono diretto proveniente dal suo ampli sul palco fosse sufficiente a coprire quel range di frequenze.
Insomma contingenze della serata, palco e locale erano situazioni che avevano costretto il fonico ad un grosso taglio di frequenze basse in console. Ma quegli interventi che live avevano valorizzato il basso, ora si ritrovano sulle registrazioni con effetto boomerang negativo: basso scavato o totalmente evirato sulle basse!
Quindi, morale della favola, l’ultima cosa che bisognerebbe fare è “stampare” questivari processi live sulla registrazione finale, processi che per il 80% dei casi saranno non solo inutili alla registrazione ma, appunto, dannosi alla stessa in fase di missaggio finale.
Ci sono maniere molto eleganti per ovviare a questi mal di testa.
A tal proposito, condivido questa esperienza. Ho gestito la fonia per una registrazione in Giappone dell’unico evento live in commemorazione del chitarrista delle Babymetal, Mikio Fujioka. Durante quella serata si avvicendarono sul palco tutti i grossi nomi del rock giapponese, compresa la Kami Band delle Babymetal.
In quell’ infernale corsa al cambio palco, la parola d’ordine (decisamente giapponese!) fu “organizzazione”, compresa nella gestione del segnale: il segnale diretto venne preso a monte di tutto, ovvero sul palco dove veniva opportunamente splittato e mandato da una parte a me (come FOH) ed al fonico di palco e dall’ altra parte direttamente ad un sistema multi traccia opportunamente settato a bordo palco.
Importanti caratteristiche di quella serata furono quindi il preventivo planning della microfonazione “giusta”, la gestione in soundcheck dei vari livelli di ingresso con differenti destinazione e fondamentalmente il lusso di avere anche un operatore che controllasse in tempo reale tutta la registrazione, separatamente dal mio lavoro di gestione del vero e proprio show.