Che cosa si intende per "vintage"?
Nel mondo degli strumenti (e non solo), si tende ad associare la parola "vintage" ai nostrani "ventennio / vent'anni", facendo della parola un'associazione letterale/grafica totalmente fuorviante ("vint" non c'entra nulla con "venti", che in Inglese si dice Twenty).
La parola, in inglese, significa semplicemente "d'annata", "fatto in un particolare anno", e in origine era utilizzata per definire il "vino", quello "buono", che invecchiando migliora le sue proprietà, suo significato peraltro originario, perché deriva proprio dal "nostro" amato latino.
George Gruhn spiega bene che il termine non ha alcuna relazione con un periodo determinato di tempo trascorso, e la "golden era" degli strumenti musicali cambia al variare del tipo di strumento e della stessa azienda produttrice (o liutaio).
Mr. Gruhn porta come esempio gli anni '20 del ‘900 fino agli anni ’40 per le Acustiche Martin e Gibson, mentre per gli strumenti elettrici Gibson e Fender indica il periodo dagli anni ’50 del ‘900 fino a metà anni ’60, 1965.
Quindi no, la tua chitarra che "compie 20 anni" non diventa e non diventerà mai "vintage", a meno che non si tratti di uno strumento di straordinaria fattura o innovazione.
Il mondo degli strumenti d’epoca è a tutti gli effetti ormai diventato un settore a sé stante, che genera occasioni di lavoro sia per negozi più o meno specializzati, sia per tutti i professionisti coinvolti, dai consulenti, periti, ai venditori stessi, ma anche per gli artigiani restauratori e i liutai che lavorano alla manutenzione degli strumenti quando necessario.
Fin dalla notte dei tempi però, laddove si vada a creare ricchezza e profitto, può accadere che comincino a crearsi sensazioni ambivalenti e fazioni antagoniste.
Ad alimentare tutto questo, da un lato troviamo gli “addetti ai lavori”, che cercano di tenere le redini sia del mercato sia degli oggetti stessi, nella maggior parte dei casi mantenuti all’interno di una cerchia assai ristretta - al fine di renderli ancora più desiderabili - e dall’altro abbiamo gli utenti finali che troppo spesso, causa la velocità e superficialità del mondo in cui viviamo oggi, si avvicinano al mondo che li affascina in maniera leggera, rimanendone poi talvolta delusi.
Il mercato chiuso
Il primo aspetto di cui vorrei parlare è infatti il "mercato chiuso". Infatti le chitarre d’epoca, o per meglio dire, quelle della cosiddetta “Golden Era”, negli ultimi anni non viaggiano più come spereremmo che accadesse, da appassionati, cioè trasportate da musicisti anziani che, smettendo la professione, le vanno a portare ai negozi arrivando così di nuovo in mano a nuove generazioni di musicisti più giovani.
Questi strumenti, a causa dei valori molto elevati che hanno raggiunto ma anche a causa del fatto che raramente vengono ancora utilizzati “live” dai musicisti, un po' come accade ai quadri, alle moto, alle auto di pregio, vengono proposti solo tramite negozi specializzati, vendite all’asta, occasionalmente si trovano su portali di vendita online tipo il classico ebay o reverb, ma di fatto non "circolano" più come accadeva un tempo.
La maggior parte dei negozi specializzati crea reti di clienti più stretti ai quali questi strumenti vengono proposti e assai di rado questi vengono resi disponibili per tutti gli altri potenziali interessati. Questo avviene quando la lista di clienti “in corsia preferenziale” declina l’offerta.
La maggior parte dei negozi specializzati Americani (ma non solo) lavora esattamente in questo modo.
Capirete subito che “trovare” uno strumento della “Golden Age” oggi non è qualcosa che avviene per caso. Sicuramente può ancora accadere, ma grazie ai social media e alla tecnologia chiunque è in grado di farsi un’idea in merito al valore potenziale del proprio strumento, e quindi difficilmente lo svenderà al primo che capita.
Una Fender Stratocaster del 1963 proveniente dalla collezione della Famiglia Shaw (Artie & Sean Shaw), in condizioni “mint” e con ancora tutti i tag e la ricevuta del primo acquisto.
Il Collezionista
Quindi chi sogna di possedere uno strumento della “golden era” oggi deve intraprendere un percorso di conoscenza, approfondimento e ricerca non immediato e nemmeno semplice. Proprio perché il mercato è chiuso e gli strumenti non circolano tra i musicisti (salvo casi particolari), per poter provare e visionare una di queste chitarre l’unico modo è - di norma - rivolgersi a chi questi strumenti li possiede.
E qui incontriamo uno degli attori del mondo del vintage più attivo e controverso: i collezionisti.
Nella mia esperienza ne ho conosciuti di tutti i tipi, ma di base vanno distinti i collezionisti “appassionati”, che in qualche forma amano la musica e lo strumento, e quelli interessati al mero aspetto di investimento, per cui che si tratti di chitarre o automobili, dipinti o statue o orologi, non fa grande differenza, ma conta solamente che l’investimento sia redditizio.
Come capirete da qui in avanti entriamo in un dedalo di pulsioni, passioni e interessi che va a disegnare moltissime situazioni di potenziale rivalità o in certi casi anche di conflitto, la più classica delle quali è la “gara a chi possiede di più”, che fa beare i più forniti e ricchi della loro collezione, e arrabbiare chi si sente più indietro, ma anche vere e proprie guerre intestine per cercare di dimostrare che la propria collezione è “migliore” di altre.
Credo invece che la vera differenza, in qualunque collezione, sia la “visione” di quello che il collezionista si propone di fare.
Una collezione costruita solo per creare e generare profitto funziona! È il modello più classico ma è qualcosa che viene fatto solo per trasformare denaro in maggior denaro. Una collezione che si propone invece di generare “ricchezza e valore” intesi nel significato più profondo del termine, generalmente vedrà mettere a disposizione beni di “valore storico” ai veri appassionati, condividendo conoscenze e assicurando il tramandarsi futuro di tutto un bagaglio storico che altrimenti andrebbe perduto.
Quindi, la frequente frase che si sente dire “speriamo non finisca in mano a un collezionista, che le terrà appese al muro”, potrebbe essere intesa in modo negativo, ma se consideriamo quanto sia difficile trovare, conservare e mantenere in ottime condizioni questi oggetti, se questo collezionista sceglie di condividere il proprio “tesoro” con altri appassionati, ecco che il suo ruolo, la sua visione e ed attitudine ne nobilitano di molto la figura.
I periti di settore
Non è una sorpresa che in un clima di conoscenze limitate e superficialità, generata da passione e impulsi, sia facile perdersi, e infatti la prima raccomandazione che mi sento di fare a chiunque si voglia avvicinare a questo mondo è quella di documentarsi bene in prima persona, con tutti i testi di riferimento scritti finora, senza però pensare che sia sufficiente leggere dei “manuali” ed essere così pronti a riconoscere ogni minimo dettaglio di uno strumento d’epoca. Manuali simili non esistono, perché la lettura delle nozioni, per quanto fondamentale, va poi unita ad un riscontro fattuale sul campo, e cioè quelle nozioni che abbiamo letto (e altre che invece non sono state scritte) dobbiamo essere capaci di “leggerle” sugli strumenti stessi. Come in tutti i campi è l’unione di teoria ed esperienza che crea la conoscenza, che non può che essere condivisa e tramandata allo stesso modo. Chi ha riconosciuto il Caravaggio spagnolo ha operato esattamente così!
Quando si è orientati ad acquistare uno strumento di questo tipo, è fondamentale consultare i periti di settore, in primo luogo i vostri liutai di fiducia che, ancorché magari non esperti della National degli anni ’30 o della Gibson anni ‘20, vi sapranno analizzare le condizioni di conservazione dello strumento in quanto tale e già aiutarvi a fugare molti dubbi. Poi è sempre positivo confrontarsi con quei collezionisti che possono condividere con voi esempi di altri strumenti simili a quello di vostro interesse. È sempre meglio sentire una campana in più che una in meno, ovviamente sempre nell’ottica di maturare una propria consapevolezza sulla bontà dell’acquisto o meno.
Ho sentito spesso dire a persone che si misuravano con il rischio di avallare vendite non esattamente limpide che una qualunque perizia non “avrebbe valore legale”, e sono certo che anche voi lo abbiate sentito dire. In realtà è una castroneria all’italiana, in quanto una qualunque perizia di un professionista del settore impegna la responsabilità e ha “valore”, e nella maggior parte dei casi viene redatta proprio per risolvere una controversia prima di rivolgersi ad un Giudice, quindi il valore “legale” lo ha eccome. Ma non si può nemmeno pensare che sia “la legge” a dover garantire “l’originalità” di un oggetto di arte: è un ragionamento contorto e risibile per certi versi.
Altro aspetto fondamentale è quello di richiedere, al momento della vendita, anche qualora la perizia di un professionista non possa essere messa a disposizione, un booklet fotografico di ogni dettaglio dello strumento, in modo tale da fissare alla data dell’acquisto le esatte condizioni in cui questo si trova. Questo aspetto in caso di qualunque controversia che emerga in seguito è molto importante.
Il vizio occulto
Erroneamente si pensa che l’acquisto di uno strumento d’epoca, e quindi “usato” per antonomasia, ci esponga a non avere alcuna tutela legale in caso di problematiche che emergano anche settimane, mesi, o a volte anni dopo che l’acquisto stesso si è perfezionato.
In realtà non è così!
Può accadere anche per questo genere di beni che emerga quello che si chiama “vizio occulto” e, notare bene, non si chiama “occultato”, bensì “occulto”, quindi non visibile, non immediatamente determinabile, e quindi si assume sia stato “dimenticato” in buona fede.
Per fare un esempio, immaginiamo che una chitarra d’epoca venga venduta e dopo si scopra che la verniciatura non è originale, o che i pickup siano delle repliche o posteriori (lo stesso Eric Clapton montò dei pickup anni ’70 sulla mitica Blackie), etc. Questi sono “vizi occulti”, che il venditore può avere omesso in buona fede (si assume sempre che sia così). In questi casi ci sono regole legali che è bene conoscere, che ci dicono con quali modalità occorre agire e qual è la data oltre la quale non possiamo più richiedere aiuto e un lecito rimborso, ma ovviamente dovremo essere solleciti nel disporre verifiche per non incappare in decadenze legali e inoltre, prima di tutto, in grado di dimostrare quanto abbiamo speso e come abbiamo pagato il bene e che lo stesso si trovi nelle stesse condizioni di quando è stato venduto (per questo prima ho rilevato quanto sia fondamentale avere tutte le fotografie di dettaglio).
Una perizia di un professionista potrà essere redatta in comparazione se potrà poggiare sulle constatazioni coeve all’acquisto, nel confronto delle quali potrà emergere il vizio, e si rivelerà assai utile se allegata alla notifica da mandare al venditore, con richiesta di reso/rimborso parziale o totale, in modo da trovare una soluzione, che ci si augura positiva e corretta, per entrambe le parti.
Nella quasi totalità dei casi il venditore ha ceduto in buona fede il bene, ed avrà anche egli bisogno del vostro aiuto per poter a sua volta esporre la problematica al precedente proprietario.
Una Fender Stratocaster del 1965 "player grade", riverniciata e con pickup moderni.
Restauri / Ripristini / Valore
Una Fender Telecaster del 1951 oggi compie la bellezza di 70 anni di vita, giusto per dare l’idea dell’età di questi oggetti, rimasti intramontabili nel design ma che inevitabilmente sentono il passare degli anni. Come tutti gli oggetti “antichi”, gli strumenti musicali da sempre (si pensi a quelli classici come violini, violoncelli, etc) vengono “rinnovati” dagli artigiani per renderli suonabili e mantenerli “vivi” per le future generazioni. Ma dove sta il limite entro il quale lo strumento viene “mantenuto” o “snaturato” dal restauro stesso?
Proviamo a fare alcuni esempi. Il più classico intervento è la riverniciatura. Accadeva per i violini e altri strumenti ad arco antichi, rilaccati ogni 40/50 anni da Maestri Liutai che firmavano i loro interventi all’interno degli strumenti, ma accade ovviamente anche oggi, e oserei dire da sempre, per i nostri amati strumenti contemporanei. Basti pensare che la Fender offriva, già dagli anni ’50, un servizio di “Factory Refinishing” , proprio per poter rinnovare gli strumenti dei clienti danneggiati dall’uso.
Logicamente, e qui arriviamo al tema più “caldo” e che “spaventa” di più chiunque si avvicini a questo mondo, come si fa a essere sicuri dell’originalità di uno strumento d’epoca? A chi rivolgersi? A chi chiedere?
Qui vi sembrerà una risposta banale, ma il primo a cui chiedere è proprio... lo strumento che stiamo analizzando.
Infatti a dispetto di quello che taluni vogliono far credere, con il risultato di spaventare chi ascolta, gli strumenti ci danno una miriade di informazioni relative alla loro storia e, come per qualunque campo, siamo noi chiamati ad assumere una disposizione d’animo di consapevolezza tale per cui possiamo “leggere” quello che lo strumento ci dice.
Il caso classico è determinare se una chitarra Fender sia o meno “nata così” e se abbia subìto modifiche o restauri. Alcuni strumenti arrivano infatti a oggi in condizioni formidabili, con ancora le ricevute del primo acquisto da parte del proprietario originale, ed esaminarli è una vera e propria goduria dei sensi, perché è lo strumento a parlarci, a mostrarci segni inconfutabili di essere nato e rimasto nel tempo così come lo vediamo noi oggi.
In altri casi però, che sono la maggior parte, identificare le parti che compongono uno strumento d’epoca può essere più difficile, in parte per la non eccellente memoria dei proprietari, in parte a causa di modifiche e ripristini non esattamente ben fatti.
Quegli strumenti rimasti inalterati fino ad oggi sono i più desiderati e con il valore economico ma anche storico maggiore, mentre quelli alterati, restaurati, riparati, subiscono deprezzamenti che vanno però ogni volta stimati in dettaglio tramite un esame completo dello strumento stesso.
Infatti è differente il valore di una chitarra totalmente originale in ogni sua parte ma solamente col corpo riverniciato, che è un caso molto comune, rispetto a strumenti che sono stati totalmente riverniciati o che non conservano più tutte le parti originali.
Un dato di fatto è che un restauro conservativo eseguito in maniera professionale è l’unica vera garanzia che si può ottenere in merito all’originalità di tutte le componenti, quando ci troviamo con una chitarra che non è giunta a noi in condizioni di totale originalità.
Il consiglio che do a tutti gli amici e clienti che vogliono acquistare uno strumento magari a distanza e magari già offerto come riverniciato è quella di definire col venditore un periodo di prova, nel quale poter far esaminare lo strumento ed eventualmente restituirlo se il vostro liutaio di fiducia dovesse rilevare anomalie che non erano visibili dalle fotografie (questo vale soprattutto per acquisti a distanza ma dovrebbe essere una buona regola da utilizzare sempre). Infatti, sotto a una riverniciatura magari già vecchia di 10 o 20 anni, si possono trovare riparazioni, modifiche, ma anche in alcuni casi le verniciature originali, lasciate al di sotto della nuova vernice per risparmiare sul lavoro o perché proprietario voleva semplicemente “rinnovare” il colore.
Per quanto riguarda il suono, quando lo strumento che stiamo suonando rimane originale in tutte le sue parti e presenta solamente un “vestito” nuovo, e cioè la finitura rinnovata, non avrà nulla da invidiare a livello di suonabilità o di tono rispetto a uno identico ma “da collezione”, se non ovviamente l’evidente fascino che solo il trascorrere del tempo e l’uso sanno donare a questi strumenti.
Una Fender Stratocaster del 1966 in finitura Candy Apple Red in mint conditions
Riproduzioni artistiche / etica / deontologia
Oggigiorno l’intero mercato dello strumento “usato” si fonda su un assioma che è stato introdotto dai sistemi di vendita generalizzata online, tipo Amazon per dirne uno che tutti sicuramente conoscono e usano.
Si tratta della “buyer protection”, cioè la “protezione dell’acquirente”. Direte, ma è sacrosanto! Sicuramente, ma vi posso assicurare che in moltissimi casi dovrebbe esistere anche una “protezione del venditore”, infatti la quantità di persone che si avvicinano al mondo del vintage per ragioni anche molto lontane dalla vera passione per gli strumenti è elevata ed in aumento.
Inoltre, quando poi questi soggetti (che mettono in vendita strumenti restaurati senza dichiarare i restauri fatti, assemblando strumenti con parti moderne e d’epoca senza chiarire cosa sia recente e cosa no, venduti poi come "veri"), inesorabilmente vengono scoperti, state certi che per trovare una via di fuga accuseranno chi per loro ha fatto parte dei lavori, di frequente tentano di svicolare la responsabilità e cominceranno a dire che tutto il mondo è marcio etc., come se, anche ammesso fosse vero, potesse essere una scusante.
Peraltro le “riproduzioni artistiche” che tanto sembrano spaventare chi si avvicina al mondo del vintage per la prima volta non sono né una novità né qualcosa di strano. Anzi, semmai sono attese. Infatti basti pensare che nel mercato dei violini, per esempio, le repliche degli Stradivari vengono tuttora realizzate da liutai di fama mondiale e vendute per decine di migliaia di euro. Quindi perché pensare che i liutai che realizzano repliche artistiche di strumenti iconici - mi viene da pensare alle bellissime “relic” realizzate da liutai nostrani e d’oltreoceano - siano automaticamente persone poco raccomandabili? Se il cliente che commissiona lavori di restauro successivamente omette di dichiararli smettiamola di dare colpe ai liutai: è sempre stato così nel mondo della chitarra, ma credo sia ora di mettere un punto fermo a queste dicerie.
Tutti gli artigiani degni di questo nome infatti conservano e spesso pubblicano le foto dei loro lavori, ed è fatto a loro stessa tutela. Abbiamo visto sedicenti clienti di noti liutai proporre sui forum le loro chitarre come originali “burst” creandosi pure un qualche seguito sui social, idem altri cercare di proporre le loro chitarre restaurate come originali. Ma se interpelli il liutaio ti saprà dire esattamente che tipo di lavori ha realizzato, e avrà tutti i riscontri necessari a fugare ogni dubbio.
Inoltre, per quanto tutti questi siano artigiani di primissimo livello, nessuno può sostituirsi al tempo, e no, non è affatto così facile ingannare un esperto a cui sia dato il tempo e il modo di esaminare lo strumento.
Per cui occorre etica sia dalla parte degli artigiani sia da parte dei venditori, ma anche da parte dei clienti. È solo creando un sentimento di condivisione comune più forte degli interessi speculativi che si creerà una comunità positiva e appassionata.
In conclusione
Quindi, “come trovare la chitarra vintage dei tuoi sogni?”
Credo sia fondamentale innanzitutto provare strumenti di epoche differenti, possibilmente in contesti non fieristici ma chiedendo a collezionisti, negozi specializzati, muovendosi quando possibile anche solo per provare alcune chitarre particolari, magari in vendita presso un negozio anche distante da casa.
Infatti una “slab board” fender non suonerà mai come una “veneer board” o una “maple neck”, e all’interno di ognuna di queste macro categorie ogni chitarra sarà unica. Sarà “la” chitarra giusta a trovare noi, più di quanto si possa credere. Grazie alle lavorazioni manuali dell’epoca ogni strumento, per quanto simile a uno costruito nello stesso anno o mese, sarà a suo modo unico, quindi sta a noi trovare quale si addica di più al nostro playing o alla nostra idea di suono.
Una volta individuato quale tipo di strumento potrebbe diventare il “nostro”, provatene quanti più possibile e fate caso ai particolari di ognuno, confrontateli e annotatevi tutti i possibili dubbi, particolarità o anomalie che vi possono preoccupare. Approfonditeli con il venditore, con il vostro esperto di fiducia o il vostro liutaio e cercate poi di selezionare quello strumento con il quale il feeling è stato il migliore e il più genuino, che risulta soddisfare tutte le vostre aspettative.
Non abbiate mai paura di ascoltare opinioni anche contrastanti, a volte possono arrivare da persone che hanno interesse a crearvi un dubbio piuttosto che a fugarlo, ma non sempre questo deve essere inteso in negativo! Siamo noi che dobbiamo crescere e anche i dubbi altrui possono darci spunti per acquisire maggiore fiducia e consapevolezza.
La prima reazione (comprensibile) di un cliente quando gli si fa notare che il proprio strumento ha delle anomalie o parti non originali, è di rifiuto, rabbia, sia nei confronti di chi lo sta informando sia di se stesso, perché è comprensibile ma non sempre giustificato invocare di essere tratti in inganno quando si comincia a capire il proprio errore, la propria leggerezza: ci si sente in colpa. È lì che l’esperto deve aiutare il cliente prima di tutto a capire, poi a trovare evidenze di quello che può non essere originale, poi a studiare la forma e il modo corretto di mostrarle a chi lo strumento - si suppone in buona fede - lo aveva venduto.
Saggio, dunque, avviarsi sulla strada del vintage (non solo delle nostre amate chitarre, ma anche di auto, moto, mobili, gioielli, orologi e tutto quanto è d’epoca) con un bagaglio di conoscenza, di esperienza il più ampio possibile, e fare ricorso all’esperienza altrui prima di un acquisto invece che dopo, in un percorso di formazione che porterà quello stesso cliente un po’ “leggero” a volersi informare e crescere, a fare attenzione a tutti i dettagli, non solo delle chitarre, ma anche degli attori coinvolti nel “mondo vintage”.
Il principale motore di un processo virtuoso è un cliente informato, responsabile e attento, che innescherà più facilmente scambi positivi e di crescita comune, invece che un possibile contenzioso. Niente di nuovo, del resto: già i latini insegnavano “vigilantibus, nec dormientibus iura sucurrunt...“.
Una “maple neck” del 1958
Una Fender Stratocaster del 1960 “slab board” well played |