di redazione [user #116] - pubblicato il 15 giugno 2021 ore 16:30
Ascoltarsi bene sul palco, avere una percezione sana e gratificante del proprio suonato è decisivo per offrire una buona performance. Per questo abbiamo deciso di coinvolgere una manciata di musicisti tra i più noti e affermati della scena, per approfittare della loro esperienza e parlare di ascolti. Concentrandoci, in particolare modo, sull'utilizzo degli in-ear. Apriamo le danze con un gigante della nostra chitarra elettrica, Luigi Schiavone: compositore, autore, solista e session man che ha scritto grandi pagine del rock e pop italiano.
Leggi questo articolo, per approfondire la conoscenza degli in-ear e trovare un'anticipazione degli ospiti che avremo in questi appuntamenti.
"Io sono partito con un modello di in-ear che aveva il calco abbastanza aperto: non offriva la chiusura totale dell'orecchio e quindi percepivo la sensazione di ciò che avveniva fuori, dall’interazione coi musicisti all’umore del pubblico; riuscendo anche a trarre il supporto dato da un ascolto diretto dall'amplificatore.
Forse, restano quelli che ho preferito.
Parlando da chitarrista, però, il mio problema era comunque non riuscire mai a sentire il suono della chitarra, così fedelmente come lo avrei sentito dal monitor, dove avevo il supporto di un woofer.
Però, con l'avvento del digitale questa cosa si è ribaltata: usando un Kemper o qualsiasi sistema digitale hai la stessa risposta negli in-ear di quello che avresti nell'ascolto da un PA o monitor.
Ultimamente ho usato in-ear molto chiusi, quasi come dei tappi! Questi consentono di sentire benissimo tutto, una volta sistemato il mix del concerto; ma se devi fare le prove è un macello! È necessario toglierne uno, altrimenti comunicare con gli altri è impossibile…e ci sono tante situazioni in cui la comunicazione tra musicisti è fondamentale!
Per esempio, uno degli ultimi lavori che ho fatto è stata la trasmissione televisiva con Ale & Franz e in fase di allestimento ci hanno chiesto se avremmo voluto utilizzare gli in-ear; benché tutti noi li avessimo, abbiamo preferito utilizzare i monitor per preservare la possibilità di parlare e comunicare tra musicisti. Molte cose dovevamo deciderle all’ultimo, magari senza prove: era fondamentale potersi parlare e decidere al volo!
Ogni strumentista poi, ha le sue esigenza; il nostro batterista, per esempio, in questo programma voleva sia l’ in-ear che un Sub alle sue spalle, per percepire la botta vera del suonato.
In ogni caso, ci sono varie tipologie di ascolto e come detto, se c’è qualcuno che cura bene il mix, anche in-ear molto chiusi andranno benissimo. Ripeto: serve un bravissimo fonico di palco, però.
Viceversa, se si devono affrontare delle prove, dove è importante parlare, meglio averne di aperti. Ovviamente, se un musicista della band ha il microfono, il problema si risolve…altrimenti è un guaio!
Da ultimo, vorrei sottolineare che noi chitarristi abbiamo iniziato ad avere l'esigenza degli in-ear perché, da un certo momento in poi, le produzioni hanno cominciato a nasconderci gli amplificatori per rendere i palchi più controllati e silenziosi. Non avendo il supporto diretto dell’amplificatore era meglio avere un ascolto più definito nell'orecchio, che l’ in-ear riusciva a garantire.
Comunque io sono un possibilista: a seconda della situazione e della produzione, decido quale sia l’ascolto più funzionale da utilizzare."