L’estate scorsa, per puro caso, a seguito di un'inserzione per una Telecaster “usata” da 500$ su Craiglist (l’alter ego americano dei nostri siti di annunci), una Nocaster del 1951 e una Stratocaster del 1954 vengono scoperte ad Austin, Texas, dalla famiglia del proprietario originale.
Il restauro ToneTeam della Fender Stratocaster numero di serie “0018”, del giugno del 1954
A seguito di una casuale ricerca online, l’interessato (e futuro fortunato proprietario) incuriosito dall’inserzione, visto che la chitarra nelle foto era palesemente vecchia e non “anticata” come è ormai consuetudine oggi, domandò al venditore se oltre alla Telecaster da 500$ (venduta in un battito di ciglia) ci fosse qualcos’altro, scoprendo così che si trattava della vendita degli strumenti del padre scomparso.
La telecaster degli anni ’50 a 500 $ su Craiglist.
Il figlio infatti stava via via offrendo tutta la strumentazione che una volta era utilizzata dal padre e gli mostrò le altre due “vecchie” chitarre disponibili: una Nocaster del 1951 e una Stratocaster del 1954! Di lì a poco, un caro amico che vive proprio a Austin viene incaricato di ritirarle per conto dell’acquirente, un collezionista di Boston.
La Nocaster, nonostante fosse molto vissuta, si trovava ancora in buone condizioni, mentre la Stratocaster del 1954 aveva decisamente visto tempi migliori.
Su consiglio dell’amico comune di Austin, il nuovo acquirente degli strumenti mi contatta per verificarne l'autenticità, e in particolare per valutare il restauro della Stratocaster.
Quello che colpisce un po’ tutti noi fin da subito è il numero seriale: 0018.
Anche se sappiamo che Fender non utilizzava i numeri in maniera progressiva/sequenziale, se pensiamo che da metà ’54 sia i bassi sia le Esquire/Telecaster/Stratocaster condividevano i “nuovi” numeri seriali sulla piastrina, non è davvero scontato imbattersi in una Fender con un seriale così basso.
Dettaglio del neckplate della Stratocaster del 1954 “0018”.
Ma non è solo il numero seriale basso a rendere lo strumento interessante, infatti il manico, che conserva ancora vernice e tasti originali (ancorché ovviamente parecchio consumati) è uno dei rari “painted plugs” cioè quei manici ’54 costruiti nella primavera di quell’anno ma che, per un difetto di fresatura del canale del truss rod, presentavano una bruciatura dell’acero che si spingeva verso l’interno della paletta, causando un difetto estetico che Fender decise di occultare dipingendo di marrone scuro l’inserto di noce per il truss rod, in una forma oblunga ben più allungata del normale.
Dettaglio della paletta con il “painted plug”.
La chitarra, completata alla factory nel giugno del 1954, presenta tutte le specifiche delle prime Stratocaster del 1954, il “painted plug” appena descritto, ma anche un neck pocket più “alto” di quello che sarà poi ridisegnato a partire da fine estate 1954, che lascia il manico molto sporgente rispetto al top del body. Infatti le Stratocaster del primo semestre del 1954 hanno una action decisamente più ostica di qualunque altra Strat prodotta successivamente.
Il manico - Liutaio Matteo Rufini
Il manico, arrivato fino a oggi con ancora la verniciatura, le decal e i tasti originali, è sicuramente il pezzo più affascinante dello strumento, con una estesa (e bellissima) usura derivata da anni e anni di utilizzo.
Presentava però una modifica dovuta alla sciagurata sostituzione delle meccaniche con altre moderne, tale per cui i fori per le meccaniche erano stati allargati anche al loro interno, tanto che non era più possibile montare le “no line” Kluson originali. Inoltre il capotasto era stato sostituito con uno in plastica recente.
Il nostro Maestro Liutaio Matteo Rufini ha curato il restauro del magnifico manico del 1954.
Nonostante la cosa giusta da fare in questa occasione sarebbe probabilmente stato un refret, il proprietario ci ha chiesto di effettuare solo una rettifica per mantenere i tasti originali che sorprendentemente, alla fine di tutti i lavori, si sono rivelati ancora utilizzabili, ovviamente non per un utilizzo live intenso, ma quanto basta per potersi godere il suono di uno strumento del genere.
Matteo ha effettuato una riparazione delicata della paletta, andando a ricostruire le parti di acero che erano state manomesse per installare le nuove meccaniche. Anche se questa modifica era stata fatta in quella parte di paletta che risulta poi nascosta dalle meccaniche, una volta montate, in questi casi è consigliabile ricostruire la parte di legno al fine di ripristinare il foro passante delle meccaniche e poter rimontare le Kluson originali senza che queste si muovano lungo l’asse, con conseguenti perdite di intonazione della corda stessa.
Dettaglio della paletta una volta completati gli inserti di acero.
Una volta installati i perni in legno di chiusura dei fori, lavorati a mano uno per uno, Matteo ha poi ricentrato e forato gli stessi per ri-allineare correttamente le meccaniche, e infine è stata ricostruita anche la vernice mancante per uniformare la superficie di entrambi i piani della paletta.
Dettaglio della paletta dopo nuova fresatura per alloggiamento meccaniche originali.
La ricostruzione è stata molto delicata perché si lavorava di fatto “a cuore aperto”, avendo a fianco la verniciatura originale da preservare, con la complicazione data dal fatto che chi aveva allargato i fori lo aveva fatto “fuori asse”, per cui ogni spina di acero è stata di fatto lavorata a mano ad hoc. Il lavoro però è stato eseguito a regola d’arte ed ora la chitarra può finalmente montare le sue meccaniche originali.
Una volta ultimato il restauro delle meccaniche, Matteo ha realizzato il capotasto in osso e riparato una sbeccatura presente sul tacco della tastiera, al di sopra del truss rod, con un inserto di acero in vena.
Dettaglio della sbeccatura a fondo manico e della spina di acero pre incollaggio.
Il body - Liutaio Romano Burini
Il body, in tre pezzi di swamp ash, che sono abbastanza inusuali per il ’54 ancorché usati già all’epoca per i “custom colors”, conserva la data originale, giugno 1954, e aveva nelle cavità tracce della verniciatura custom “blonde”, ancora presente a protezione della data nella cavità delle molle del ponte.
Per fortuna il body non era stato rovinato nelle forme e nel contour, ma solo sverniciato come era la moda negli anni ’70, con effetto a legno naturale e il grain in bella vista. L’unica modifica fatta era al di sotto del battipenna, il più classico dei classici, un “bello” scasso per Humbucker in posizione ponte.
Del restauro del body si è occupato il nostro Maestro Liutaio Romano Burini, che ha prima di tutto restaurato lo scasso per l’humbucker con un inserto di swamp ash, poi fresato secondo la configurazione originale per i single coil.
Una curiosità: i body del 1954 realizzati prima di agosto 1954 non avevano il “worm route”, il canale per far passare i cavi dei pickup diventato poi standard su tutte le Stratocaster successivamente, caratteristica che abbiamo mantenuto anche in questo caso.
Il body una volta ultimato il ripristino dello scasso humbucker.
Una volta ripristinato lo scasso del pickup, Romano ha rimosso tutte le tracce delle varie riverniciature senza alterare bordi, sagome e spessori, salvando la data originale e la vernice Blonde ancora presente al di sopra di essa nel vano delle molle, usata come campione per ripristinare la verniciatura.
A quel punto è iniziata la fase di verniciatura vera e propria. Prendendo a esempio alcune rare Stratocaster del 1954 e 1955 presenti in alcune collezioni americane che ci hanno gentilmente messo a disposizione come riferimento, abbiamo ripristinato il “white burst” originale, sfruttando ovviamente il campione colore ancora presente sulla chitarra per stabilire la tonalità e l'intensità finale.
Su richiesta del cliente la verniciatura è stata trattata con un processo di “aging” meticoloso, al fine di sposarsi al meglio con l’usura naturale presente sul manico originale.
Il body una volta completata la verniciatura e l’aging.
I pickup - Liutaio Luigi Valenti
I pickup originali erano invece stati riavvolti con filo polysol e i cavi di linea e massa sostituiti con cavi in plastica. Un lavoro di certo non prettamente “professionale”, presumibilmente fatto negli anni ’80.
I pickup così come sono arrivati
Non capita tutti i giorni di avere per le mani un set di pickup per Stratocaster tra i primi concepiti da casa Fender, infatti i primissimi magneti utilizzati da Leo per la Strat erano in Alnico III e avevano un diametro maggiore rispetto a quelli adottati in seguito. Anche lo “stagger” di questi pickup era diverso da quello adottato successivamente, infatti il magnete della corda di Re era più alto rispetto a quello della corda di Sol.
Insomma, il nostro Maestro Liutaio Luigi Valenti si è trovato di fronte uno dei primissimi set di pickup per Stratocaster di sempre. Peccato che fossero in condizioni veramente “migliorabili”, per usare un eufemismo.
Luigi ha dapprima smontato i pickup, rimuovendo sia l’avvolgimento non originale sia i fili in plastica per linea e massa, e ha poi ripulito ogni magnete dall’ossido e corrosione del tempo, per trattarli al fine di evitare che il problema si possa ripresentare in futuro.
Una volta ripristinato lo “scheletro” dei pickup li ha riavvolti utilizzando del filo AWG 42 formvar d’epoca, per poi installare i cavi telati di linea e massa e in ultimo cerare i pickup.
I pickups una volta restaurati
Il setup finale e il ritorno a casa
Una volta ultimati i lavori di restauro la chitarra è stata quindi rimontata, ripristinando il cablaggio originale. Aldilà delle parti plastiche, battipenna e tremolo cover, così come i knob e le cover dei pickup (le originali del ’54 erano estremamente fragili, moltissime si rompevano fin dalla prima installazione, tanto che Fender dovette ridisegnare i pomelli e le cover), lo strumento conserva tutte le altre parti originali.
Una nota interessante riguarda il setup. Come avevamo raccontato poco sopra, le prime Stratocaster del 1954 avevano un “neck pocket” meno profondo rispetto a quelle costruite in seguito, e questo comporta che il piano delle corde si ritrovi a essere molto più “alto” rispetto al top del body. Non è quindi per nulla facile regolare la chitarra in modo che risulti comoda da suonare, infatti le sellette si trovano quasi a fine corsa, aumentando così anche di molto la tensione nominale delle singole corde. Abbiamo posto rimedio a questo “difetto” di progettazione - che fu da Fender corretto nell’agosto del 1954 - aumentando la profondità del neck pocket, con uno spessore posto al di sotto del manico, in modo da poter creare un angolo corretto e regolare di conseguenza le sellette in maniera adeguata.
Il risultato finale è una chitarra assolutamente splendida da vedere e da suonare, e con i suoi 3,2 Kg è anche parecchio leggera, nota niente affatto comune negli strumenti Fender di questo periodo.
Lo strumento a restauro completato |